Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  dicembre 22 Venerdì calendario

Il più grande truffatore (letterario) di tutti i tempi

Non pensavo di commettere un crimine.
Fu uno scherzo che mi prese la mano». Clifford Irving, l’autore del più celebre falso letterario del ventesimo secolo, è morto martedì a 87 anni portandosi nella tomba il segreto di cosa veramente lo spinse a scrivere, nel 1970, la biografia del misantropo miliardario Howard Hughes (che fu anche regista e costruttore di aeroplani) sostenendo che fosse il frutto di una serie di interviste: ma che invece aveva completamente inventato. La truffa fu scoperta un attimo prima di andare in stampa e Irving finì in galera.
Ma tanta audacia trasformò in mito quell’autore che fino ad allora, oltre a modesti racconti di fantascienza, aveva scritto proprio la storia di un falsario d’arte: Elmyr de Hory. Con la finta biografia di Hughes, Irving era infatti riuscito ad ingannare la casa editrice McGraw-Hill – facendosi anticipare quasi un milione di dollari – e i tanti giornalisti che avevano concluso che la biografia era vera. La sua fama ispirò Orson Welles che gli dedicò il suo F come Falso del 1973. E nel 2006 Lasse Hallström realizzò un altro film: The Hoax, con Richard Gere nei suoi panni.
Irving è morto in un ospedale di Sarasota, in Florida, dopo aver scoperto, una settimana fa, di avere un cancro al pancreas. Ma nel tempo ha raccontato diverse versioni di cosa lo avesse spinto a scrivere la grande truffa letteraria, sempre negando di averlo fatto per denaro: «Fu un’avventura verso l’ignoto, un modo per testare i miei limiti». Tutto cominciò, ricorda il New York Times, nel 1970: Irving lesse un articolo su
Newsweek intitolato “Il caso del miliardario invisibile” che raccontava la complessa personalità di Howard Hughes, il regista figlio di un magnate del petrolio, che viveva recluso su un’isola delle Bahamas perché affetto da disturbi psichici. Una storia da romanzo: autore di film come Scarface(1932) era bello, ricco e capriccioso. Tanto da “rapire” in aereo Katharine Hepburn dal set di un regista rivale. Gli aerei erano la sua passione, come ha raccontato Martin Scorsese in quel The Aviator a lui ispirato con Leonardo DiCaprio protagonista. Fu imitando la calligrafia di una lettera di Hughes pubblicata proprio su Newsweek, che Irving convinse gli editori che il miliardario lo aveva cercato. Ma nel 1971, quando il libro stava per essere pubblicato, a smascherarlo fu proprio Hughes, che uscì dal suo isolamento per smentirlo.
Irving fu condannato a due anni e mezzo di carcere. «Quello che veramente accadde» ha scritto prima di morire «è che nella truffa si fece strada una certa grandeur». E neppure così criminale.