la Repubblica, 22 dicembre 2017
Uccideva i malati per 300 euro, il barelliere killer in affari coi clan
Catania «La gente non moriva per mano di Dio». Le parole di un collaboratore di giustizia prima a “Le Iene”, poi ai pm hanno acceso i riflettori sul business di un barelliere in combutta con i clan: un’iniezione di aria ai malati terminali durante l’ultimo viaggio verso casa. Con l’obiettivo di spillare 300 euro ai familiari per la vestizione e indirizzare il funerale a una data agenzia funebre. Davide Garofalo, 42 anni, tra 2012 e 2016 avrebbe ucciso così almeno tre persone. Ma sono oltre 50 i casi esaminati dalla procura, che si è concentrata su dieci dopo l’esame delle cartelle cliniche.
L’uomo è stato arrestato per omicidio volontario aggravato dall’aver favorito la mafia, perché parte dei ricavi finivano ai clan di Adrano e Biancavilla. Sarebbero stati loro, dopo aver sottomesso il proprietario di un’ambulanza, a scegliere il personale di bordo. Altre due persone, tra cui un altro barelliere, sono indagate. L’inchiesta è partita a maggio, dopo lo sfogo del collaboratore di giustizia a “Le Iene”: «Che schifo, spegni una persona per 300 euro», disse, spiegando di esser stato colto dal rimorso dopo aver visto morire così il padre di un amico. I pazienti venivano dimessi legalmente dagli ospedali, ignari di tutto. Garofalo era rapidissimo: durante il tragitto iniettava aria in vena con siringhe sterili, usando i guanti per non lasciare impronte. Lo faceva «per profitto, con sprezzo della vita e della dignità della persona», spiega l’aggiunto Francesco Puleio, che, col procuratore Carmelo Zuccaro e il sostituto Andrea Bonomo, ha coordinato le indagini dei carabinieri di Paternò e del Reparto operativo del comando provinciale di Catania.