la Repubblica, 21 dicembre 2017
Pasta ai poveri e blitz anti- profughi. I due volti dell’ultradestra di Roma
ROMA Nella nuova Roma nera c’è un passato che non passa e un presente che avanza, raddoppia, infrange i divieti di accesso. Il crogiolo multietnico dell’Esquilino, il Tuscolano forzanovista, la polveriera Tiburtino III – benzina sul fuoco del disagio che genera l’“utile” conflitto. Trullo, Magliana, e poi l’ultimo miglio, a sud della foce del Tevere, nelle terre di Ostia criminale e da lì risali alla casella di partenza: quel covo missino di Colle Oppio scavato a mani nude dagli esuli istriani e chiuso un mese fa da Virginia Raggi perché la sezione di FdI non pagava l’affitto. «Settant’anni di storia li puoi cancellare co’ du pizzardoni»? (i vigili urbani in romanesco, ndr), ringhia un vecchio fascio ringalluzzito dal venticello che spira. Mai nella capitale il laboratorio delle nuove generazioni fasciste era stato così in fermento. Tra loro si chiamano “fratelli”, non più camerati. Neri e sociali. «Ogni primo e ultimo week end del mese ci mettiamo fuori dai supermercati di zona. Alla gente che viene a fare la spesa chiediamo beni di prima necessità: pasta, olio, cibi in scatola. Lo scriviamo in chiaro sui volantini che distribuiamo, che queste cose vanno alle famiglie italiane povere. Ne assistiamo 50». Marco Continisio, 27 anni, è l’animatore di “Tiburtino Terzo Millennio”: 150 iscritti al Tiburtino III, ex borgata nel quadrante est di Roma. Centri di accoglienza, campi rom, le difficoltà della periferia. Ufficialmente il comitato è «un’associazione apartitica di promozione sociale e tutela del territorio». In realtà è la costola locale di CasaPound.
«Sfrattano una famiglia italiana?
Ci sono loro a difenderli. C’è da aggiustare un’altalena in un parco giochi? Arrivano. Sono come un sindacato», dice Marco. A parte il fatto che un sindacato CasaPound ce l’ha davvero – Blu, Blocco lavoratori unitario –, le dinamiche “sindacali” sono quelle a doppio volto tipiche degli alleati greci di Alba Dorata. Pacchi alimentari, ronde anti-immigrati, servizi d’ordine nei quartieri. È l’esca lanciata nello stagno di Roma est, un tempo granaio di voti di sinistra, e ora, dopo la delusione M5S, in cerca di nuovi punti di riferimento. Potrebbe essere questa “la nuova Ostia” di CasaPound. Con i suoi comitati all’attacco dei centri di accoglienza: Tor Sapienza, Torre Angela, Settecamini, Ponte di Nona e, altrove, Infernetto e Casale San Nicola lungo la Cassia.
Qui, due anni e mezzo fa, un manipolo di casapoundini guidò gli scontri dei residenti contro la polizia che scortava un pullman di richiedenti asilo destinati a un’ex scuola. Per i disordini sono piovute condanne a quasi 4 anni per nove “tartarughe”: tra loro anche Davide Di Stefano, fratello del segretario di Cpi, Simone, e responsabile romano del partito.
«Un processo politico contro un’azione a tutela degli italiani», è la difesa imbarazzante del leader Gianluca Iannone. Quattro condannati in più da aggiungere al conto “giudiziario” di Cpi: 336 denunciati e 19 arrestati tra 2011 e 2015. Sommati a quelli di Forza Nuova fanno 576 destinatari di provvedimenti da parte di forze dell’ordine e tribunali: 115 l’anno, quasi 10 al mese. Eccolo, il doppio volto neofascista. Roma est.
Campi rom e una scia di “roghi tossici”, e dunque presìdi, fiaccolate. Il pacchetto divisivo spremiconsensi. «Noi» e «loro». I penultimi contro gli ultimi. Qui i volti della politica socio-sovranista che ammicca all’“ambientalismo” si chiamano Mauro Antonini e Fabrizio Montanini. Il primo, già assistente di Mario Borghezio all’europarlamento, è il candidato di Cpi alla Regione Lazio. L’altro ha federato le varie anime civiche confluite nel Coordinamento azione IV municipio. «Volete la guerra? Siamo pronti», recitava la scritta sul lenzuolo affisso un mese fa davanti al campo nomadi di via di Salone. Il sogno è l’effetto Ostia. «Triplicheremo i voti», è sicuro Marco Continisio.
Fino a quattro mesi fa tra Cpi e Forza Nuova non c’era partita. Poi, il partito di Fiore per recuperare terreno ha alzato i toni, moltiplicato le azioni mediatiche.
Prima la “marcia dei patrioti” del 4 novembre. Poi il blitz sotto alla redazione di Repubblica. In mezzo, una scia di “tarantelle”. In cabina di regia l’attivissimo capetto e ultrà romanista Giuliano Castellino (“Roma ai romani”) che fa la voce grossa a Magliana. È lui che guida la squadraccia che a settembre, al Trullo, impedisce lo sfratto di una famiglia italiana da una casa popolare che doveva essere assegnata a immigrati in lista d’attesa. Finito in manette, Castellino è ora sorvegliato speciale. Non è il primo inciampo: due anni fa lo fermano in scooter con un etto di coca, ma viene assolto perché la droga «era per uso personale». Il cattivo maestro di Castellino? Maurizio Boccacci, storico capo naziskin del Movimento politico (sciolto nel ‘93 con la legge Mancino), poi fondatore dell’antisemita Militia e amico del “vecchio fascista” Massimo Carminati. Castellino e Boccacci camminano insieme nelle tante “passeggiate per la sicurezza” organizzate dall’estrema destra romana. Con loro, un altro vecchio arnese, quel Luigi Aronica, ex Nar, detto er Pantera, che rivendica il carcere fatto per terrorismo. Roma è così. I neri di ieri li ritrovi dietro le quinte a dettare la linea ai millennials identitari. Gabriele Adinolfi, fondatore di Terza Posizione, è l’ideologo di Cpi. Nei giorni in cui nasce il gruppo nazista Rivolta nazionale rispunta l’aura inquietante dell’ottantenne Stefano Delle Chiaie, padre di Avanguardia nazionale. C’era lui, sostiene Fiore in un’intercettazione allegata all’inchiesta del Ros sui “banglatour” di Fn di tre anni fa, dietro l’asse CasaPound-Lega del 2014-2015. Poi ci sono le scuole: Blocco studentesco, emanazione di Cpi, ha rivendicato «la conquista» del Caetani e del Bernini e l’85% preso al Faraday di Ostia. Crescita esponenziale anche a Viterbo, dove il Blocco è entrato nella Consulta provinciale con oltre il 50%. Un gettone strategico, quello posato sulla città dell’alto Lazio. Qui Cpi ha un’enclave violenta. A Vignanello, venti chilometri dal capoluogo, il 2 ottobre il presidente locale delle “tartarughe”, Jacopo Polidori, è stato condannato insieme a un altro militante a due anni e 8 mesi per aver aggredito a pugni e cinghiate un giovane del posto, colpevole di avere condiviso su Facebook un post ironico su CasaPound. «Non ci devi prendere in giro», gli hanno detto quando lo hanno accerchiato in 15. L’11 gennaio inizierà il processo contro altri 5 militanti accusati di aver ferito a coltellate tre ragazzi di sinistra. «In Parlamento faremo volare sedie e schiaffoni», annunciava a giugno il segretario di Cpi Simone Di Stefano. Intanto gli schiaffoni, e non solo quelli, stanno volando per strada.