Corriere della Sera, 21 dicembre 2017
Un parvenu di nome Trimalcione. Vita, carriera e denaro nell’antichità
Il Mediterraneo che dipingono i grandi storici antichi – Erodoto, Tucidide, Tacito – è la storia delle grandi battaglie e delle lotte politiche della classe dirigente di Grecia e Roma. C’era però un altro mondo antico, in cui persone comuni nascevano, si sposavano, divorziavano, vendevano terre, amministravano le città, pagavano le tasse e andavano in tribunale. Questo mondo, multiculturale e plurilingue, non trova spazio nella storiografia, che non considera la vita quotidiana degna di memoria. Lo si ricostruisce – come nei libri della nuova collana del «Corriere della Sera» – dalla cultura materiale, dalla letteratura popolare, e dai documenti (papiri, tavolette e cocci) a cui furono affidati testi spesso non destinati a durare nel tempo: liste della spesa, lettere private, esercizi di scuola, contratti, maledizioni, amuleti. Una lente d’ingrandimento sulla vita reale degli antichi.
Nel libro Gli affari del signor Jucundus (1974), Jean Andreau studiava pionieristicamente le 154 tavolette trovate in un forziere nella casa di Lucio Cecilio Giocondo, banchiere a Pompei nel I secolo d.C. Più di recente, Giuseppe Camodeca ha pubblicato l’archivio dei Sulpici, 127 tavolette cerate in latino trovate nel 1959 in un sobborgo di Pompei ma pertinente a Pozzuoli, che offre uno spaccato sul funzionamento di una banca romana di notevoli dimensioni. Dalle sabbie egiziane sono emerse migliaia di lettere private, microstorie a volte un po’ diverse dall’idea che ci eravamo fatti dalla letteratura «alta». Un marito lontano scrive alla moglie incinta, una certa Aline: se è un maschio, crescilo, se è una femmina, esponila (cioè abbandonala). Una signora dell’epoca di Traiano si rivolge al dio Ermes: «Non ti pregherò più né farò sacrifici finché non farai tornare mio figlio sano e salvo dalla guerra». Alcuni papiri da Ossirinco narrano l’epopea giudiziaria, in stile Kramer contro Kramer, del tessitore Trifone contro l’ex moglie, che aveva aggredito e malmenato la di lui compagna incinta, facendola abortire.
I contratti di baliatico rivelano che era del tutto normale, nel mondo greco-romano, abbandonare i neonati nelle discariche pubbliche; solo Egiziani, Germani ed Ebrei allevavano tutti i figli che nascevano. Dall’immondizia potevano essere raccolti e affidati per qualche tempo ad una nutrice, prima di farne degli schiavi – i nomi umilianti, a volte anche sinonimi di «sterco», li marchiavano a vita. Numerose sono le lettere di raccomandazione, scritte da personaggi affermati in favore di giovani in cerca di lavoro o incarichi; inutile dire che il genere è ampiamente documentato nel mondo romano.
Nel 1961 lo storico francese Paul Veyne rilanciava il romanzo antico come fonte storica, analizzando la vita di Trimalcione, famoso personaggio del Satyricon di Petronio, come emblematica del suo tempo (si veda anche il libro di Veyne La vita privata nell’impero romano, Laterza 2006). Nato in Asia e venduto da piccolo come schiavo, Trimalcione, dopo essere stato l’amante del padrone e della padrona, era riuscito a diventare il loro tesoriere, finché, sul letto di morte, il padrone lo aveva affrancato lasciandogli in eredità i beni. Diventato cittadino romano, Trimalcione aveva assunto pose da pseudo-aristocratico: lui, che si era arricchito con l’usura e il commercio, millantava di non sporcarsi le mani col denaro e di vivere delle rendite di terreni che non aveva mai visto. Sognava di fare della Sicilia la sua piccola proprietà, e anche al circo aveva cambiato squadra: ora tifava per i blu e non più per i verdi, beniamini dei ceti bassi.
Un altro romanzo, l’ Asino d’Oro di Apuleio, ambientato nel II secolo d. C., dipinge una vicenda fantasiosa su uno sfondo verosimile. Quando il protagonista Lucio, trasformato in asino, e il suo padrone, un ortolano della Tessaglia, sono fermati per strada da un soldato romano, che ordina in latino di consegnare l’asino, l’uomo non capisce, e prende una bastonata. Poi il soldato ripete l’ordine in greco: l’animale serve per il trasporto dei bagagli del governatore, in visita nel paese vicino. Come sottolineò Fergus Millar, il romanzo mostra l’ingerenza di Roma nella vita quotidiana delle popolazioni locali. Un testo di poco precedente, i Discorsi di Epitteto, consigliava di consegnare i beni requisiti senza fare domande, per evitare pestaggi.
Come oggi, anche allora la vita privata dei potenti era pubblica. Chi aveva accesso alla quotidianità dell’imperatore (e spesso erano le donne, i liberti, i maestri), poteva influenzarlo in modo subdolo. Secondo Filone di Alessandria, l’egiziano Elicone, cameriere di Caligola, contribuì a peggiorare l’indole già instabile del sovrano, grazie alle lunghe ore trascorse a studiare e a giocare a palla con lui.
Il cupo e morigerato Tiberio consultava di continuo l’astrologo Trasillo, che gli aveva insegnato a calcolare ogni giorno l’oroscopo, instillandogli il terrore che si prevedesse l’ora della sua morte. Il cibo, poi, ebbe grande importanza nel mondo romano; un piatto di funghi fu in molti casi un’arma più efficace e micidiale di qualsiasi opposizione politica o congiuntura astrale.