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 2017  dicembre 21 Giovedì calendario

E il Cane a sei zampe avvia in Egitto il maxi-giacimento

PORT SAID (Egitto) Onori e oneri, nel secondo caso di tipo giudiziario. Per l’Eni e il suo chief executive officer Claudio Descalzi quella di ieri è stata la classica giornata dolceamara. Da una parte il risvolto «industriale», con l’annuncio dell’entrata in produzione del maxi giacimento egiziano di Zohr, il più grande mai scoperto nel Mediterraneo. Poi quello relativo al rinvio a giudizio per la presunta corruzione da 1,3 miliardi di dollari nel caso nigeriano Opl 245. Dall’Egitto, dove si trovava, Descalzi si è detto tranquillo e ha ricordato di essersi già spontaneamente sottoposto a un lungo interrogatorio in fase di indagine: «La giustizia sta facendo il suo corso – ha aggiunto – e nel processo potremo far valere la nostra versione di fatti, che auspico e credo porterà a una conclusione positiva per me e per l’Eni». In un comunicato il consiglio di amministrazione del Cane a sei zampe aveva confermato «la massima fiducia nell’amministratore delegato sulla sua totale estraneità alle ipotesi di reato contestate e, in generale, sul ruolo di capo azienda». Secondo le regole stabilite dall’assemblea dei soci, Descalzi non ha peraltro alcun obbligo di dimissioni fino a un’eventuale condanna definitiva. 
La decisione del tribunale milanese era attesa e almeno all’apparenza non ha guastato la soddisfazione dei vertici Eni per il «primo gas» proveniente dal campo Zohr («Mezzogiorno»), scoperto ad agosto del 2015 ed entrato in produzione dopo «soli» due anni e mezzo di lavori. Un record, visto che di solito serve almeno il doppio. Un risultato frutto di una «trance agonistica», ha detto Descalzi, ma anche delle pressioni del governo egiziano, che con il combustibile di Zohr conta di recuperare l’autosufficienza energetica, soddisfare i crescenti consumi interni e spingere l’economia di un Paese che conta più di 95 milioni di abitanti. Un obiettivo raggiunto malgrado le relazioni Italia-Egitto siano state a lungo tese dopo l’assassinio di Giulio Regeni, questione ancora insoluta di cui il ministro degli interni Marco Minniti, in visita nei giorni scorsi al Cairo, ha discusso di nuovo con il presidente Al-Sisi. Zohr è un giacimento cosiddetto «supergiant», un animale energetico da 850 miliardi di metri cubi di gas naturale con un volume pari a una montagna come il massiccio dolomitico del Sella e che, in teoria, sarebbe in grado di coprire da solo 12-13 anni di consumi di un Paese come l’Italia. Ma arriverà anche in Europa il gas di Zohr, o almeno quello dell’area del Levante, che comprende anche Israele (i giacimenti Leviathan e Tamar) e Cipro (Aphrodite)? L’Egitto, ha ribadito il ministro del Petrolio, Tarek El Molla, vuole in primo luogo coprire le sue esigenze e i suoi impegni. Ma poi, dal 2019 in avanti – cioè da quando Zohr salirà da 3,5 miliardi di metri cubi l’anno a 28-30 miliardi e magari altri ritrovamenti verranno alla luce – il gas «levantino» potrebbe arrivare in Italia. Un’opportunità che il ministro egiziano non esclude, quando parla di «una finestra di export» che potrebbe aprirsi in futuro. Le discussioni, quanto meno informali, sarebbero già in corso. L’Egitto potrebbe finalmente utilizzare a pieno le sue strutture per liquefare il gas e inviarlo via nave a ovest. E con più gas a disposizione potrebbe esserci addirittura spazio per un gasdotto da Cipro verso Grecia e Italia.