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 2017  dicembre 21 Giovedì calendario

«Riunirò la destra francese Dobbiamo tornare alle radici cristiane». Intervista a Laurent Wauquiez

PARIGI «Emmanuel Macron compra le persone offrendo poltrone». Il parere di Laurent Wauquiez non è spassionato. Se c’è un partito che ha visto transfughi diventati ministri e persino capo di governo, è il suo. Macron ha lanciato un’Opa ostile sulla destra francese. «È solo opportunismo, una politica di centro e ambigua» commenta Wauquiez, quarantadue anni, parlando nell’ufficio di rue de Vaugirard, la sede dei Républicains che presto potrebbe essere messa in vendita, com’è accaduto al partito socialista. La destra che, sotto varie etichette, ha governato la Francia per gran parte della Quinta Repubblica, vive un risveglio amaro.
Wauquiez si ritrova alla testa di quel che resta dei Républicains.
Eletto presidente una decina di giorni fa, deve riconquistare una voce, uno spazio politico.
Definisce il rivale En Marche! come un «buco nero che risucchia tutto e tutti e davanti al quale restano solo gli estremi».
«È mio dovere – continua – offrire ai francesi un’alternativa politica credibile, repubblicana, per il bene della democrazia». Ci mostra alcuni collaboratori.
Volti nuovi, tutti quarantenni. In un colpo solo, sono stati rottamati pesi massimi come Nicolas Sarkozy, Alain Juppé, François Fillon. «Un terremoto che mi dà forza» ribatte Wauquiez, non che lui sia novizio: ministro più volte, giovanissimo portavoce del governo nel 2007, governatore di regione. Ora fa il Cavaliere solitario. «Ho scelto di non tenere a bordo nessuno tra quelli che ci hanno portato al naufragio». Fanatico di sport, maratoneta, judoka, Wauquiez è ottimo comunicatore, scaltro, convinto promotore della “droite décomplexée”, la destra senza complessi che non esita a flirtare con le idee del Front National, pioniere fu Sarkozy.
Come Macron, Wauquiez è passato dall’Ena, la scuola dell’élite. Anche se è nato a Parigi, in uno degli arrondissement più chic, ama descriversi come un “provinciale”, legato alla Francia più profonda. Non perde occasione di vantare le bellezze del suo feudo, l’Alvernia-Rodano-Alpi, al confine tra Svizzera e Italia, e la costante azione per promuovere le tappe locali del cammino di Santiago di Compostela. Da anni, Wauquiez combatte una battaglia con il Tar per esporre la Natività nel palazzo della Regione. «Assurdo, fa parte della nostra identità». Cita un altro caso, il crocifisso fatto rimuovere in cima a una statua di Giovanni Paolo II in Bretagna.
«Volete dirmi che nel nostro Paese il nemico della laicità è quel crocifisso, e non i salafiti?».
La sua elezione segna il protagonismo di un’ala cattolica conservatrice all’interno della destra. Wauquiez, il giovane “neocon”, ha legami forti con l’associazione Sens commun, che considera Papa Francesco un pericoloso moderato e ha organizzato la Manif pour Tous, movimento contro il matrimonio gay che ha portato in piazza milioni di francesi. Wauquiez era in testa ai cortei.
L’ex ministro per gli affari europei, autore di un libro-denuncia contro i burocrati di Bruxelles chiamati “lemuri”, gli spiriti morti secondo gli antichi romani, sventola in aria un biglietto da dieci euro.
«Guardate, non c’è nessuna faccia, qualcuno di riconoscibile. È la moneta di un continente che ignora le sue radici giudeo-cristiane» ribatte Wauquiez, aggiungendo poi anche «l’eredità dei Lumi e della Rivoluzione». Le elezioni europee del 2019 saranno il suo primo, vero test in quanto leader della destra. Contro Macron “il federalista”, Wauquiez vuole opporre un’Europa «pragmatica e di buon senso». Nessun allargamento ai Balcani, no all’ingresso di Romania e Bulgaria dentro Schengen. Nel suo libro del 2014 predicava un ritorno al nocciolo duro dei sei Paesi fondatori, ora parla di dodici. «Sono anche convinto che serva più Europa su alcuni punti, come le grandi opere» racconta facendo l’esempio dell’alta velocità tra Torino e Lione. «Il cantiere dovrebbe essere gestito direttamente dall’Ue, per evitare di essere ostaggi delle posizioni contraddittorie tra Stati membri». Sull’immigrazione parla di «flussi che potrebbero travolgere le nostre società».
Molti immaginano che Wauquiez possa un giorno venire a patti con il Front National. «Mai» risponde. «Non siamo l’Austria». La sua ricetta è un’altra. Parla della teoria dello storico René Rémond sulle “tre destre”: quella orleanista (borghese, liberale), monarchica e bonapartista. Il suo obiettivo è riconciliare queste anime.
«Semplicemente – conclude – la destra deve fare… la destra». Ha studiato il tedesco, ama la Germania. «Una volta lo slogan dei cristiano-democratici era “Niente a destra della Cdu”».
Una critica implicita a Merkel e alla crescita dei neonazi dell’Afd? «No, ho ammirazione per la Cancelliera. Noto però che dopo il suo gesto generoso sui migranti ha cambiato posizione, è diventata più prudente».