la Repubblica, 21 dicembre 2017
Il fine vita e l’obiezione di Lorenzin
Chi si è strappato le vesti per la legge sul biotestamento ha trovato ieri una sponda femminile e autorevole. La ministra della Sanità Beatrice Lorenzin fa sapere che lei veglierà «con grande attenzione», assumendo anche, al caso, «immediate iniziative», per garantire l’obiezione di coscienza rispetto alle nuova normativa. Obiezione di coscienza che, a voler essere pignoli, questa legge non prevede in modo specifico. Però Lorenzin, che ci informa di voler incontrare i medici delle strutture private cattoliche perché ha a cuore «la tutela delle intime posizioni di coscienza», non ha intenzione di lasciar soli quei medici e quel personale sanitario avversi al provvedimento. Come ministra, ha il dovere di garantire l’applicazione di una legge dello Stato ma, per carità, può anche dire la sua, se crede.
Il fatto è che la Lorenzin sarebbe un’alleata del Pd, a tal punto gratificata dalla sua esperienza di governo da tagliare con Alfano per approdare nella compagine più illuminata del sempreverde Casini. Come esponente politica, passata definitivamente (ma mai dire mai) al centrosinistra, esordire con un atteggiamento di fatto antipatizzante nei confronti di una legge appena orgogliosamente varata dai compagni di squadra non è proprio un viatico incoraggiante.
Che studi per diventare la Binetti del 2020? Certo è che il Pd, già attraversato da troppi spifferi, avrebbe bisogno di compagni di strada più culturalmente omogenei.Nel giorno dello Ius soli, calendarizzato in coda, e dunque condannato a morte, l’uscita della ministra certifica quanto sia difficile far cantare in armonia il coro.