la Repubblica, 21 dicembre 2017
Roma, la gogna su YouTube. «Hai offeso i vigili urbani? Pubblica un video di scuse»
Roma Settecento anni di storia buttati nel secchio. Almeno a Roma. Perché la notizia è che il Campidoglio ha rimesso all’onore del mondo la gogna. Un tempo, lo spettacolo si consumava ai piedi del Palazzo Senatorio. Nel luogo detto “del leone”, dove, nei giorni di mercato, mercanti disonesti e debitori insolventi erano costretti in ceppi al pubblico ludibrio, definito per questo, negli Statuti romani «dare il culo al lione».
Oggi, per disposizione del Corpo di Polizia Roma Capitale, «il culo», ma meglio sarebbe dire la faccia, va dato in Rete. On- line. E ai pizzardoni, come si chiamano i vigili urbani da queste parti. Perché questa è la pena stabilita per coloro che si rendano responsabili di averli oltraggiati, magari mandandoli al diavolo a qualche incrocio di strada. Per giunta, nella città dove la media oraria di spostamento oscilla tra gli 8 e i 15 chilometri orari. Più o meno quella di una bicicletta.
È la storia di Adriana, insegnante di 32 anni, che, il 27 aprile scorso, fermata e multata per un’infrazione da una coppia di vigili, un uomo e una donna, si lascia andare a un grande classico del vernacolo da traffico. «Fate un lavoro di merda!», dice ai due in divisa. Che non gradiscono e la denunciano per oltraggio. È una rogna. Fastidiosa perché macchia la fedina penale. Ma, in qualunque Comune d’Italia, in fondo agevole da risolvere. Un risarcimento agli oltraggiati – normalmente tra i 200 e i 250 euro – e una lettera di scuse al Corpo estinguono il reato e buonanotte ai suonatori. Adriana si rivolge quindi allo studio legale di Alessandro Gamberini, principe del Foro, sacerdote della migliore cultura garantista, professore di diritto penale all’Università di Bologna, perché la assista nella trafila. Risarcimento, lettera di scuse ed estinzione del procedimento. Non immagina, né lei, né Gamberini, di dover leggere la lettera della Polizia di Roma Capitale che, il 31 ottobre scorso, le viene recapitata con raccomandata. Due cartelle e mezzo firmate dal vicecomandante del Corpo Massimo Ancillotti, già comandante dei vigili di Firenze quando ne era sindaco Matteo Renzi, per spiegare che a Roma funziona diversamente.
La prosa ha la legnosità causidica del burocrate. Il contenuto è chiarissimo. Quelle che Adriana dovrà formulare al Corpo di Polizia Roma Capitale non sono scuse qualsiasi. «Per quanto riguarda il danno provocato con l’oltraggio alla Polizia locale di Roma Capitale, ai fini della riparazione è necessario che l’indagata pubblichi un video di scuse, attenendosi al rispetto delle indicazioni sotto riportate. Il video dovrà essere realizzato e diffuso con mezzi propri dall’indagato e resta inteso che il Corpo di Polizia locale, come tutti gli utenti del web, ha la possibilità di accedere al video di scuse ed eventualmente pubblicarlo sui profili social network ad esso riferibili.
Il video di scuse consisterà nella lettura di un testo analogo a quello che segue: “Io Sottoscritto/ a… con riferimento al procedimento penale a mio carico per oltraggio a pubblico ufficiale n… esprimo profondo rincrescimento per il comportamento tenuto nelle vicende per le quali sono indagato. Per tale motivo, formulo al Corpo di Polizia locale di Roma Capitale le mie più sentite scuse per le frasi proferite nell’occasione. Voglio inoltre rivolgere a tutti gli appartenenti al Corpo di Polizia locale di Roma Capitale apprezzamento per il lavoro quotidianamente svolto a favore della cittadinanza”».
Non basta. Dell’autodafé è imposto non solo il contenuto ma anche il format. La regia. Che evoca l’umiliazione di altri video girati in altre epoche o, più di recente, ad altre latitudini. «Le scuse – prosegue la lettera – saranno lette dall’indagato e le immagini video riprenderanno il suo volto mentre procede alla lettura. In caso di impossibilità dell’indagato di leggere, per analfabetismo o per altre cause obiettive, il testo del messaggio verrà letto fuori campo da altra persona mentre le immagini riprese saranno quelle dell’indagato. La lettura delle scuse dovrà avere durata non inferiore a trenta secondi e dovrà essere pubblicata su una piattaforma di condivisione video, senza restrizioni per l’accesso e di ampia diffusione come, ad esempio: Youtube, Megavideo, My Space, Google Video».
Il burocrate non sa o non si è accorto che My Space è una comunità virtuale nel frattempo naufragata. Ma la sa comunque lunga. E dunque diffida dal pensare di cavarsela «pubblicando il video di scuse solo nell’ambito di un numero ristretto di soggetti collegati tra loro. Come, ad esempio, Facebook, Twitter, Google+, perché incompatibili con la natura pubblica delle scuse». Quindi intima: «L’inizio della pubblicazione del video dovrà essere comunicata al Corpo mediante Pec e il video dovrà essere lasciato in visione sulla piattaforma concordata per un tempo non inferiore a due settimane».
Va da sé che Adriana e l’avvocato Gamberini non ci abbiano neppure pensato a «dare il culo al lione». Ed è anche accaduto che la lettera del vicecomandante del Corpo, Ancillotti, sia finita alla procura della Repubblica affinché – spiega Gamberini – «valuti se esistano profili penali di estorsione da parte del Corpo». E tuttavia, ravanando su Youtube, si scopre che qualcuno, alla gogna, si è già piegato. Uno di loro, Emiliano Bono, è consigliere municipale del centrodestra nel III municipio. Ascoltate lui e i suoi compagni di sventura sul nostro sito. E pensateci su quando parlate a un pizzardone.