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 2017  dicembre 21 Giovedì calendario

Altolà di Calenda sull’Ilva. «Basta ricorsi o si chiude»

Caso Ilva, arriva l’ultimatum del ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda: la Puglia deve ritirare il ricorso al Tar contro il decreto sul piano ambientale per lo stabilimento di Taranto, altrimenti il «9 gennaio inizia il processo di spegnimento». Dura replica del governatore Emiliano: dal ministro crisi isterica, il ricorso resta. Renzi: salviamola insieme. Posti di lavoro, commesse e investimenti: cosa succede se salta la trattativa? 
1 Cosa determina il ricorso al Tar?
Il ricorso al Tar del Comune di Taranto e della Regione Puglia contro il decreto approvato dal governo il 29 settembre scorso con le misure ambientali dell’Ilva impedisce all’acquirente Am Investco (la cordata composta da ArcelorMittal, Marcegaglia, Intesa SanPaolo e prossimamente Cassa depositi e prestiti) di perfezionare l’affitto prima e l’acquisto poi dei complessi aziendali dell’Ilva, aggiudicati per 1,8 miliardi nello scorso mese di giugno. Solo il passaggio in giudicato della sentenza permetterà il perfezionamento del passaggio.

2C’è il rischio che l’Ilva possa fermarsi? 
Secondo il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda la domanda cautelare proposta con il ricorso determina il rischio di chiusura immediata dell’interruzione dell’attività dell’Ilva. L’accoglimento della richiesta di sospensione del decreto del 29 settembre determinerebbe, infatti, il venir meno delle autorizzazioni ambientali necessarie per l’attività dell’Ilva. Di conseguenza i commissari – l’Ilva è attualmente in amministrazione straordinaria – dovrebbero dare avvio alle procedure di arresto degli impianti produttivi. Per questo il ministro Calenda ha individuato anche la data del possibile spegnimento dell’Ilva: il 9 gennaio 2018, data in cui è fissata l’udienza in Camera di consiglio. 

3Il ritiro della richiesta di misura cautelare, annunciato da Michele Emiliano, non evita questo rischio?
Secondo il presidente della Regione Puglia Emiliano, e anche per il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci, il ritiro della richiesta cautelare all’udienza del 9 gennaio permetterà all’Ilva di continuare la sua attività e al tavolo istituzionale di proseguire il confronto. Di diverso avviso il ministro Calenda: se c’è un ricorso pendente Am Investco chiederà il rilascio di idonee garanzie per avviare gli investimenti da circa 2,4 miliardi (di cui 1,15 ambientali), garanzie che il governo non intende far gravare sullo Stato. 

4Quanti sono gli investimenti a rischio? 
Gli investimenti che gravitano intorno alla vicenda Ilva ammontano complessivamente a circa 5,3 miliardi di euro. Oltre al prezzo di aggiudicazione, pari a 1,8 miliardi, occorre considerare i circa 2,4 miliardi di investimenti del futuro proprietario Am Investco e gli 1,1 miliardi della famiglia Riva, ex propietaria dell’Ilva, da utilizzare secondo un piano approvato dall’Unione europea per la decontaminazione e la bonifica dell’area di Taranto. La copertura dei parchi minerali, uno degli interventi più attesi dai tarantini, dovrebbe partire da gennaio 2018: le attività preliminari sono già iniziate. I lavori dureranno 24 mesi. 

5Quanti lavoratori gravitano intorno all’Ilva?
Allo stato attuale i dipendenti del gruppo Ilva sono 14.200, di cui solo a Taranto 10.900. Considerando l’indotto, intorno all’Ilva gravitano 20mila lavoratori. 
Il piano di ArcelorMittal prevede il mantenimento di almeno 10 mila posti e la trattativa con i sindacati è in corso: il prossimo incontro è previsto domani. La trattativa era iniziata in maniera burrascosa perché il colosso mondiale dell’acciaio aveva annunciato che avrebbe riassunto i lavoratori con le nuove regole del Jobs act, senza continuità rispetto al rapporto di lavoro intrattenuto in passato dai dipendenti, neanche in relazione al trattamento economico e all’anzianità. Tale condizione è stata, anche in seguito a uno sciopero, ritirata e solo allora è stato possibile avviare il confronto. 

ROMA Era un braccio di ferro, è diventato uno scontro senza esclusione di colpi. Anche bassi. Da una parte il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, che chiede alla Regione di Puglia di ritirare il ricorso al Tar contro il decreto sul piano ambientale per l’Ilva di Taranto, altrimenti il «9 gennaio inizia il processo di spegnimento». Dall’altra lo stesso governatore della Puglia, Michele Emiliano, che accusa Calenda di fare «allarmismo», lo definisce «ministro pro tempore», lo accusa di avere avuto una «crisi isterica», e aggiunge che «tanto non ha un voto». 
Tutto comincia con un sms che arriva sul cellulare di Calenda, mentre al ministero è in corso una riunione per fare il punto sul futuro dell’acciaieria più grande d’Europa, che sta per essere rilevata dalla multinazionale ArcelorMittal.
Il messaggino arriva proprio da Emiliano, anche lui in sala: «Dobbiamo chiedere formalmente di riaprire nelle sedi opportune il riesame Aia», cioè dell’Autorizzazione integrata ambientale che serve a contenere l’impatto dell’acciaieria. Calenda sbotta: «Emiliano vuole fare melina sulla pelle dei lavoratori», dirà più tardi. E lancia il suo ultimatum, sul rischio spegnimento a partire dal 9 gennaio, giorno in cui sarà discusso il ricorso al Tar. Qual è il punto? ArcelorMittal è pronta a investire nell’impianto oltre 2 miliardi di euro ma, visto che c’è il ricorso pendente e non si sa come andrà a finire, chiede che quei soldi siano garantiti dallo Stato italiano. «Non posso far pagare quel ricorso a tutti gli italiani» dice Calenda che chiede a Emiliano di fare marcia indietro.
Il governatore un mezzo passo lo fa. Dà mandato all’Avvocatura regionale di non discutere la sospensiva sul decreto ambientale fissata al Tar per il 9 gennaio. Quindi quel giorno non dovrebbe succedere nulla e non c’è il rischio che il prossimo anno cominci con lo spegnimento degli impianti. Ma il ricorso rimane in piedi: «Ritirarlo sarebbe una grande imprudenza perché farebbe perdere alla Regione l’unico mezzo che le consente di esercitare le prerogative costituzionalmente garantite». Lo scontro resta, dunque. E la battaglia finale è solo rinviata di qualche settimana, quando il Tar si dovrà pronunciare non sulla richiesta di sospensiva ma sul merito della questione. Tutti i sindacati si schierano di fatto con Calenda, chiedendo a Emiliano il ritiro del ricorso. Anche Maurizio Landini, l’ex leader della Fiom, oggi segretario confederale della Cgil: «Non si può giocare con chi rischia di perdere il posto di lavoro. Ci vuole un atto di responsabilità per ritirare il ricorso». Calenda apprezza: «La pensiamo diversamente su tante cose ma è una persona seria che, a differenza di Emiliano, si confronta sul merito». In una giornata complicata sul fronte della commissione banche, Matteo Renzi interviene due volte. Prima dice che la «chiusura dell’Ilva sarebbe un tragico errore». Poi usa il registro del sarcasmo: «Offro un piatto di orecchiette a te e a Carlo Calenda ma deposita le armi, Michele Emiliano». E ancora: «Basta coi ricorsi, mettiamoci a un tavolo e salviamo insieme il futuro di Taranto. Offro io che notoriamente ho il carattere peggiore (ed è una bella gara tra noi tre)». Frecciata a Emiliano, senza dubbio. Ma anche a Calenda.