Corriere della Sera, 21 dicembre 2017
Catalogna al voto, il rebus del governo
Barcellona Oggi la Catalogna vota e spera. Il «sufflé» indipendentista potrebbe sgonfiarsi o diventare ancora più acido. Molto dipende dai 5,5 milioni di elettori, ma non tutto. Se i tre partiti «costituzionalisti» che hanno appoggiato il commissariamento del governo regionale e la prigione per gli indipendentisti dovessero avere una maggioranza assoluta potrebbero accordarsi facilmente. Ma sembra difficile raggiungano i numeri necessari. Sono il Partido Popular del premier Mariano Rajoy dato al 5%, i socialisti dati sotto il 15% e i liberali di Ciudadanos sopra al 20%. Non basterebbe. Avrebbero come minimo bisogno del voto della sinistra di Podemos (in Catalogna la sigla è CeC: Catalunya en Comù-Podem) poco incline ad appoggiare la destra. Sul fronte opposto sperano nella maggioranza assoluta i tre partiti indipendentisti. JxCat dell’ex presidente Carles Puigdemont in «esilio» in Belgio è accreditato dagli ultimi sondaggi del 20%. Poco di più Erc dell’ex vice presidente Oriol Junqueras ancora in carcere. In discesa al 7% gli anti capitalisti della Cup. Il problema è che se anche superassero tutti assieme quota 50% farebbero fatica a governare. Spingere ancora per una Repubblica indipendente? Ormai si è capito che al primo atto di disobbedienza scatterebbero le manette. Limitarsi a barattare la libertà dei leader per una condotta «costituzionale»? Impossibile farlo digerire agli elettori. Un vicolo cieco.
Per uscirne ci vorrebbe una maggioranza «ibrida»: socialisti, sinistra di Podemos e uno a scelta tra i partiti indipendentisti. Così il corso della politica catalana potrebbe cambiare senza che nessuno ci rimetta la faccia in modo troppo clamoroso.
Resterebbe il problema dei politici sotto accusa o, peggio, quello di un presidente eletto che è in carcere o in esilio. I catalani però sono famosi per la creatività: è il momento di mostrarla.