La Stampa, 21 dicembre 2017
Il caso Bellomo e i concorsi senza pari opportunità
Cinque interrogativi al Consiglio di Stato per uscire tutti al meglio dalla gravissima vicenda Bellomo. Il caso ha sconvolto un po’ tutti, un consigliere di Stato che dirige una scuola di formazione privata per aspiranti magistrate/i e come si evidenzia dalla denuncia e dalle testimonianze richiede minigonne standardizzate, tipologie di calze specifiche, tacchi a spillo, fidanzati con un quoziente di intelligenza superiore a una certa soglia, pena l’estromissione dalla borsa di studio e dal corso. Episodi di una gravità inaudita.
Primo interrogativo che ci ha attanagliato in questi giorni: come è possibile che anche nell’«Olimpo dei diritti», possano accadere cose simili? Purtroppo lo è. Non possiamo pensare che basti il codice etico. I magistrati ordinari, amministrativi, contabili, non sono perfetti. E può bastare uno, come in questo caso, a fare un danno enorme al Paese, incrinando il rapporto tra i cittadini e la giustizia. Che fiducia possono avere le donne e non solo loro nei confronti della magistratura se accadono queste cose? Dobbiamo interrogarci e il Consiglio di Stato in primis deve interrogarsi su quali misure deve mettere in atto perché tutto ciò non si ripeta.
Secondo interrogativo. Perché il Consiglio di Stato non si è accorto prima della vicenda? Ha dovuto aspettare la denuncia del padre di una aspirante magistrata. Eppure i carteggi con le aspiranti magistrate erano pubblicati sulla rivista, con il fine di mettere loro in cattiva luce pubblicamente. Perché non è stato esercitato nessun controllo sulle attività extra-istituzionali autorizzate? C’è da chiedersi quali limiti sono posti ad autorizzazioni di questo tipo e perché non si adottano regole più stringenti.
Terzo interrogativo. Perché l’azione disciplinare è così lunga? Un anno intero dalla denuncia del padre di una aspirante magistrata è tantissimo. Per i magistrati ordinari è molto di meno. È ora di modificare il procedimento rendendolo più celere ed efficace. E per di più il 27 ottobre 2017 la misura sanzionatoria di destituzione è passata 7 a 6, non tutti erano d’accordo con la destituzione. E per di più non è stata applicata nessuna misura cautelare. Il che vuol dire che Bellomo può continuare a svolgere le sue funzioni di consigliere presso il Consiglio di Stato come se niente fosse e Nailin coinvolto anche lui, è stato già sospeso dalle funzioni e dallo stipendio dal Csm perché giudicato nell’ambito della magistratura ordinaria. Il 7 a 6 preoccupa non poco, perché c’è da chiedersi che succederà nell’adunanza generale dei 100 consiglieri di Stato a gennaio. Il segnale deve essere forte e netto, solo con una forte sanzione, si dà forza e credibilità alla magistratura tutta e ai diritti di uomini e donne.
Quarto interrogativo. I magistrati ordinari hanno espresso divieto a svolgere incarichi extra giudiziari e, in particolare, attività di docenza nelle scuole di formazione privata. Perché non estenderlo anche alla magistratura amministrativa? Dovremmo avere regole comuni di agire, saremmo più tutelati da conflitti di interesse.
Quinto interrogativo e non solo per il Consiglio di Stato. Non è venuto il momento con urgenza di trovare una soluzione alla formazione degli aspiranti magistrati in vista del concorso? È qui che si è evidenziato il vulnus, è qui che si dovrebbe intervenire. Basta con le soluzioni private fuori controllo. Facciamo entrare in campo un ente terzo, pubblico, come la Scuola Superiore della Magistratura estendendo le sue funzioni attualmente dedicate all’aggiornamento dei magistrati ordinari, oppure troviamo un’altra soluzione pubblica.
In altri Paesi come la Francia le soluzioni sono state trovate. Corsi alla portata di tutti e tutte, indipendentemente dalle disponibilità economiche e che eliminino il rischio di gravi e inaccettabili condizionamenti ai danni di chi desidera soltanto prepararsi al difficile concorso per la magistratura. Garantiamo una volta per tutte pari opportunità di accesso alle cariche pubbliche da parte di uomini e donne di tutte le classi sociali, trasformiamo questa orribile vicenda in una occasione di profonda riforma del sistema.