Gazzetta dello Sport, 21 dicembre 2017
Sul caso Etruria dove sta la verità e per il Pd sarà un boomerang?
Dopo il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e il governatore di Bankitalia Ignazio Visco, davanti alla Commissione d’inchiesta sulle banche si è tenuta ieri l’audizione più attesa, quella di Federico Ghizzoni, ex amministratore delegato di Unicredit, chiamato a confermare o smentire quanto scritto da Ferruccio de Bortoli nel suo libro Poteri forti (o quasi). Ovvero che l’allora ministra delle Riforme, Maria Elena Boschi chiese a Ghizzoni di valutare un’acquisizione di Banca Etruria, l’istituto di cui era vicepresidente suo padre Pier Luigi.
• Ebbene, cosa ha detto Ghizzoni?
Ha raccontato che il 12 dicembre 2014 incontrò la ministra Boschi, la quale gli chiese «se era pensabile per Unicredit valutare un’acquisizione o un intervento su Etruria. Risposi che per acquisizioni non ero in grado di dare risposta positiva o negativa ma che avevamo già avuto contatto con la banca e che avremmo dato risposta. Cosa su cui il ministro convenne. Fu un colloquio cordiale e non avvertii pressioni da parte del ministro, ci lasciammo su queste basi». Rispondendo poi a una sollecitazione del grillino Carlo Sibilia, Ghizzoni ha precisato: «Non mi fu seccamente chiesto di acquistare Banca Etruria, l’avrei ritenuto inaccettabile, ma di valutare un intervento in Banca Etruria nell’indipendenza di giudizi». E ha aggiunto che quella di Boschi «era una richiesta che considerai abbastanza normale»,«soprattutto un Ceo di una banca come Unicredit deve mettere in chiaro che è la banca che prende la decisione e questo messaggio fu assolutamente condiviso dal ministro Boschi».
• Quindi chi ha ragione tra la Boschi e de Bortoli?
A guardare le reazioni, tutti e due. La sottosegretaria ha sottolineato: «Ghizzoni ha espressamente smentito eventuali pressioni definendo normale il mio comportamento». Da parte sua De Bortoli ringrazia Ghizzoni «per aver confermato la richiesta dell’allora ministra Boschi di valutare una possibile acquisizione di Banca Etruria. […] Aspettando che sia il Tribunale a dire l’ultima parola credo che la penultima l’abbia già detta Ghizzoni». In effetti a questo punto escluderei che l’ex direttore del Corriere della Sera possa essere condannato da un giudice. Ma al di là di questo duello, è un altro il passaggio cruciale nella deposizione di ieri, quello in cui Ghizzoni tira in ballo Marco Carrai.
• E ora chi è questo Carrai?
Fiorentino, 42 anni, detto «Marchino» per la corporatura esile, Carrai è un imprenditore che opera su più fronti: dagli investimenti immobiliari alla cybersecurity. È anche presidente di Toscana aeroporti, società che gestisce gli scali di Pisa e Firenze. Allo stesso tempo è uno dei migliori amici di Renzi, di cui è stato anche testimone di nozze. L’avrà sentito nominare perché durante il governo Renzi è stato vicino all’essere nominato capo del team di Palazzo Chigi per la sicurezza digitale del Paese. Infine, Marchino ha da sempre il pallino delle banche, un mondo in cui si muove con abilità da lobbista, senza incarichi istituzionali. E qui arriviamo alle parole di Ghizzoni. Nella sua ricostruzione l’ex ad di Unicredit ha ricordato: «Mi arrivò il 13 gennaio 2015 una mail da Carrai in cui mi diceva “mi è stato chiesto su Etruria di sollecitarti se possibile e nel rispetto dei ruoli per dare una risposta”. Mi venne da pensare a chi potesse aver chiesto questo sollecito, esclusi la banca perché avevamo un rapporto aperto. Risposi “ok, stiamo lavorando, quando avremo finito la nostra analisi contatteremo la banca e daremo la nostra risposta”. La risposta alla banca l’abbiamo data il 29 gennaio 2015». Ghizzoni ha aggiunto infine: «Non ho chiesto volutamente a Carrai chi era che gli aveva chiesto di sollecitarmi».
• E chi può aver chiesto a Carrai di intervenire?
Le riporto la spiegazione data ieri dallo stesso Carrai: «Si trattava di una questione tecnica, niente di più. Ero interessato, “nel rispetto dei ruoli”, a capire gli intendimenti di Unicredit riguardo Banca Etruria perché un mio cliente stava verificando il dossier di Banca Federico Del Vecchio, storico istituto fiorentino di proprietà di Etruria». Naturalmente le opposizioni non credono nemmeno un po’ a questa spiegazione, l’intervento di Carrai sarebbe anzi l’ennesima dimostrazione di come il “giglio magico” renziano si sia adoperato in ogni modo per salvare la banca tanto cara alla famiglia Boschi. «Carrai è un professionista, che non ha niente a che fare con il Pd, che opera in quel settore (le banche, ndr) e conosce Ghizzoni», s’è affrettato invece a spiegare il capogruppo dem alla Camera Ettore Rosato.
• Ma Renzi non si sarà pentito di aver voluto questa commissione?
Il segretario del Pd era convinto di lanciare la volata per la campagna elettorale attaccando e dimostrando che il suo governo non aveva colpe nel dissesto del sistema bancario, anzi è stata tutta colpa della Banca d’Italia che non ha vigilato. Invece si è trovato a doversi difendere senza tregua per settimane, con la Boschi diventata l’imputata principale. Il paradosso è che prima il presidente della Consob Vegas, poi il governatore di Bankitalia Visco e infine Ghizzoni hanno precisato che la sottosegretaria non ha mai «esercitato pressioni» per salvare Banca Etruria. Eppure il dato che rimane, il messaggio che passa con più forza, è che l’allora ministra delle Riforme si è interessata direttamente del destino dell’istituto di cui suo padre era vicepresidente. Renzi non lo ammetterà mai, ma questa commissione è stato un boomerang che lo ha colpito in pieno.