20 dicembre 2017
APPUNTI SU GHIZZONI-ETRURIA PER GAZZETTA
ILSOLE24ORE.COM –
Il 12 dicembre 2014 l’allora ad di Unicredit Federico Ghizzoni incontrò la ministra Maria Elena Boschi che gli chiese «se era pensabile per Unicredit valutare un’acquisizione o un intervento su Etruria». Lo ha detto Federico Ghizzoni, ex amministratore delegato di Unicredit, nel corso dell’audizione davanti alla commissione d’inchiesta sulle banche. «Risposi che per acquisizioni non ero grado di dare risposta positiva o negativa - ha continuato Ghizzoni - ma che avevamo già avuto contatto con la banca e che avremmo dato risposta. Cosa su cui il ministro convenne. Fu un colloquio cordiale e non avvertii pressioni da parte del ministro, ci lasciammo su queste basi».
«Non mi fu seccamente chiesto di acquistare Banca Etruria, l’avrei ritenuto inaccettabile, ma di valutare un intervento in Banca Etruria nell’indipendenza di giudizi», ha precisato poi Ghizzoni rispondendo a una sollecitazione di Carlo Sibilia (M5S) sull’incontro con Boschi. E ha aggiunto che quella di Boschi «era una richiesta che considerai abbastanza normale»,«soprattutto un Ceo di una banca come Unicredit deve mettere in chiaro che è la banca che prende la decisione e questo messaggio fu assolutamente condiviso dal ministro Boschi».
Boschi: confermo Ghizzoni, impeccabile e corretto
«Sulla vicenda Banca Etruria, confermo ciò che ha detto oggi Ghizzoni. Che è stato impeccabile nel raccontare i fatti. I fatti sono quelli. Io mi sono informata e interessata come avrebbe fatto chiunque altro all’economia del proprio territorio» ha scritto su Facebook la sottosegretaria alla presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi. «Ghizzoni ha espressamente smentito eventuali pressioni definendo normale il mio comportamento. Ma soprattutto ha dimostrato che a chiedere di valutare l’acquisizione di Banca Etruria non fui io, come surrettiziamente fatto credere da una calibrata campagna di stampa per mesi, ma dall’advisor di Banca Etruria, prima. E dal management della banca, poi. Io non ho chiesto di acquisire una banca, ho chiesto se Unicredit fosse interessata o meno. C’è una bella differenza. E la risposta che mi è stata data è stata ineccepibile e corretta». Poi ha aggiunto: «Per me le parole di Ghizzoni sono molto preziose per la causa civile nei confronti del dottor De Bortoli. Che gode della solidarietà professionale di molti colleghi giornalisti ma per lanciare il suo libro ha raccontato il fatto in modo volutamente distorto».
De Bortoli: Ghizzoni conferma richiesta Boschi
«Ringrazio Federico Ghizzoni per aver confermato la richiesta dell’allora ministra Maria Elena Boschi di valutare una possibile acquisizione di Banca Etruria». Così invece Ferruccio De Bortoli, ex direttore del Corriere della Sera, ha commentato su Fb l’audizione dell’ex ad di Unicredit Federico Ghizzoni. De Bortoli ha spiegato di aspettare «che sia il Tribunale a dire l’ultima parola; credo che la penultima l’abbia già detta Ghizzoni». E ha sottolineato che nel suo libro «non si parla mai di pressioni». Poi ha aggiunto: «Attendo l’azione civile di cui ho sentito finora parlare, senza aver ricevuto alcun atto». Nel libro di De Bortoli, «Poteri Forti (o quasi)» si legge: «L’allora ministra delle Riforme, nel 2015, non ebbe problemi a rivolgersi direttamente all’amministratore delegato di Unicredit. Maria Elena Boschi chiese quindi a Federico Ghizzoni di valutare una possibile acquisizione di Banca Etruria. La domanda era inusuale da parte di un membro del governo all’amministratore delegato di una banca quotata. Ghizzoni, comunque, incaricò un suo collaboratore di fare le opportune valutazioni patrimoniali, poi decise di lasciar perdere»
Orfini (Pd): no pressione
«Visco, Vegas e oggi Ghizzoni confermano che non vi fu alcuna pressione - ribadisce il presidente del Pd, Matteo Orfini - Ghizzoni, inoltre, spiega che, a differenza di quanto scritto da De Bortoli, l’opzione acquisto di Etruria era già aperta prima del colloquio con Boschi». «Direi - aggiunge - che possiamo passare oltre e lasciare le strumentalizzazioni a chi non ha idee e progetti da presentare al Paese».
Ghizzoni: Boschi era preoccupata di impatto su territorio
Nella sua ricostruzione degli incontri avuto con il ministro Boschi, Ghizzoni nota un primo incontro del 4 novembre 2014 in occasione delle celebrazioni per i 15 anni di Unicredit e «in questo incontro non ci fu occasione di discorsi bilaterali e poi mi disse di sentirci nelle prossime settimane» e fu fissato incontro per il 12 dicembre. In questa occasione, ha aggiunto Ghizzoni, «per la prima volta affrontammo il tema specifico delle banche in crisi e, in maniera più specifica, il ministro Boschi mi manifestò la preoccupazione non tanto per le banche toscane ma su che cosa questo avrebbe comportato in termini di impatto sul territorio toscano in termini di erogazione del credito con riduzione dell’offerta del credito per famiglie e imprese. Feci presente - ha aggiunto Ghizzoni - che condividevo questa idea ma che banche sane avrebbero preso le posizioni delle banche in difficoltà».
Mail Carrai nel 2015, chiedeva di Etruria
Nel corso dell’incontro Ghizzoni precisò che «doveva essere la banca ad avere l’ultima parola». Tanto è vero, aggiunge Ghizzoni, che «al rientro a Milano, in banca, incontrando un paio di colleghi - tra cui quello dell’M&A - dissi che avevo avuto questo colloquio e che c’era stata questa richiesta e dissi di continuare a lavorare in totale indipendenza, anche dal sottoscritto». Nella sua ricostruzione Ghizzoni segnala che «il 13 gennaio mi arrivò mail di Carrai (Marco, imprenditore toscano e amico personale di Matteo Renzi, ndr) in cui mi si sollecitava una risposta. Esclusi che fosse stata la banca ma decisi di non richiedere un chiarimento». «Conoscevo Carrai. C’è un rapporto non molto approfondito» ha proseguito Ghizzoni, che - interpellato ancora sulle presunte pressioni scaturite dall’ email sull’acquisizione di Etruria - ha aggiunto: «Se ci fosse stata l’intenzione di effettuare una forte pressione sarebbe stato più facile fare una telefonata. Una email ti lascia anche la possibilità di prendere una decisione autonoma da parte della banca. Resta il sollecito ma non è stato fatto in modo pesante».
A Carrai dissi che avremmo dato nostra risposta a banca
Alla email di Carrai «ho risposto che stavamo facendo nostre valutazioni e che avremmo dato nostra risposta esclusivamente a Banca Etruria», ha detto Ghizzoni. «Per me - ha aggiunto l’ex ad - Carrai era un privato che mi chiedeva una cosa che non era di sua competenza. In passato non ho mai avuto contatti con Carrai che si poneva tra me ed esponenti del Governo».
Carrai: email a Ghizzoni per mio cliente, legittimo interesse
«Nel caso dell’email del 13 gennaio 2015, il presunto mistero è presto rivelato: si trattava di questione tecnica, niente di più. Ero interessato, “nel rispetto dei ruoli” come ho scritto non a caso nell’email, a capire gli intendimenti di Unicredit riguardo Banca Etruria perché un mio cliente stava verificando il dossier di Banca Federico Del Vecchio, storico istituto fiorentino di proprietà
di Etruria». Questa la replica in una nota di Marco Carrai ( «Tutto assolutamente trasparente, tutto assolutamente legittimo») che ha aggiunto: «Confermo di aver avuto, in svariate occasioni, il piacere di incontrare e dialogare, a livello
professionale, con il dr. Federico Ghizzoni, a cui mi lega profonda stima e nella mia veste di consulente, come dichiarato da Ghizzoni stesso. Sono molteplici, infatti, le iniziative di natura professionale che abbiamo promosso o verificato insieme»
Prima discussione su intervento a settembre 2014
Ghizzoni ha ricordato come la prima discussione su un possibile intervento in Etruria avvenne il 1 settembre 2014 quando «fummo contattati da Etruria (che aveva appena bocciato la fusione con Vicenza, ndr) per analizzare un dossier per una eventuale acquisizione o ingresso nel capitale» e «rispondemmo già il giorno successivo che non c’era interesse da parte nostra, perché eravamo concentrati sulla crescita organica e orientati verso l’estero». «Il 3 dicembre poi - ha ricostruito Ghizzoni - ci fu un incontro con i vertici di Etruria e mi fu illustrata la situazione della banca. Mi dissero che la banca doveva trovare un investitore in tempi rapidi perche’ c’era un rischio di commissarimento. Mi fu illustrato il processo ristrutturazione in corso e l’idea di separare la good bank dalla bad bank e di ridurre personale e filiali. Alla luce di questo sforzo mi si chiese se c’era l’interesse di Unicredit ad intervenire. Risposi - ha aggiunto Ghizzoni - che la vedevo molto difficile perchè c’erano tempi stretti e non mi era chiaro se tutte le azioni sarebbero state fatte nei tempi previsti e dissi che c’era un fattore esterno dirimente: stavamo tutti aspettando la definizione dei nuovi capital ratios per le banche dalla Bce e tutti aspettavano di avere queste informazioni per fare operazioni». «Dissi - ha detto l’ex ad di UniCredit - comunque che era difficile e che le avremmo analizzate con le strutture interne della banca e decidemmo di fare una analisi».
A gennaio 2015 comunicammo non interesse
Ghizzoni riferisce che Unicredit comunicò definitivamente il 29 gennaio ai vertici di Banca Etruria che non era interessata ad acquisirla. «Comunicammo che non eravamo disponibili ad andare avanti e da quel momento in poi anche con Banca Etruria non ci furono più contatti» ha spiegato Ghizzoni, precisando che poi l’11 febbraio Etruria fu commissariata. A quel punto «poi ci furono un paio di contatti con il capo della vigilanza di Bankitalia Barbagallo assolutamente ovvi e dovuti. Il 24 febbraio in una call mi veniva chiesto se alla luce del commissariamento eravamo disposti a riaprire il caso e risposi che non eravamo disponibili. E confermai anche a Barbagallo che non ci interessava l’investimento in Etruria, poi se ne riparlò a fine anno con il processo di salvataggio delle 4 banche in crisi». Interpellato poi su un possibile cambiamento di atteggiamento dell’esecutivo nei confronti di UniCredit dopo la risposta negativa su un intervento, Ghizzoni ha escluso questa eventualità: «Non ho avvertito cambiamenti di nessun genere nella relazione con il Governo».
Etruria troppo onerosa e rischio Npl
«Non facemmo una due diligence ma valutammo un assorbimento di capitale di 27 punti base, superiore a 1 miliardo e ci siamo fermati lì» dice Ghizzoni motivando il "no" di Unicredit all’acquisizione di Etruria. «I vertici di Etruria ci prospettarono una separazione fra Good e bad bank nell’incontro di inizio dicembre ma su questo non avevamo indicazioni della vigilanza e non sapevamo chi avrebbe coperto lo shortfall fra Good e bad bank. Non vedevamo un ritorno sul capitale e i ratios di capitale stavano per essere inaspriti con l’arrivo della vigilanza Bce». Infine, ha aggiunto Ghizzoni, «avevamo l’impressione che il portafoglio di Banca Etruria non fosse adeguato al profilo di rischio di Unicredit mentre il processo trasformazione in spa e soprattutto la separazione fra Good Bank e bad bank era troppo complessa prima di un possibile commissariamento il cui rischio ci era stato prospettato dagli stessi vertici di Etruria».
Nessuna influenza da Bankitalia su nostra decisione
«Non ho ricevuto sollecitazioni da Bankitalia - ha precisato poi Ghizzoni - ma ho dato per scontato che un consulente che si muove in direzione di rafforzare il capitale di una banca in difficoltà tenga informata Bankitalia che, comunque, non ha esercitato alcun tipo di influenza sulla nostra decisione in merito a Banca Etruria» L’ex ad Unicredit ha precisato che Via Nazionale era «informata» delle attività portate da Banca Etruria per uscire dalla situazione critica in cui si trovava prima del commissariamento.
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AGI.IT –
Dopo il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, e il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, davanti alla Commissione d’inchiesta sulle banche si tiene l’audizione più attesa, quello di Federico Ghizzoni, ex ad di Unicredit, chiamato a smentire o confermare quanto scritto da Ferruccio de Bortoli nel suo libro di memorie. Ovvero che l’allora ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, chiese a Ghizzoni di valutare un’acquisizione di Banca Etruria, l’istituto di cui era vicepresidente suo padre Pier Luigi. Una ricostruzione che il banchiere, pur non parlando di "pressioni", avvalora. Non solo, Ghizzoni tira in ballo anche Marco Carrai, un imprenditore vicino a Renzi dal quale dopo il colloquio con la Boschi, arrivò un "sollecito" perché decidesse sulla questione. Una rivelazione che ha scatenato le opposizioni, le quali - oltre alle dimissioni del sottosegretario alla presidenza del Consiglio - chiedono che anche Carrai parli di fronte alla Commissione. Dalla diretta interessata e dal Pd arriva invece una lettura diversa: avendo escluso "pressioni", Ghizzoni avrebbe dato in sostanza ragione alla loro versione.
"Boschi mi chiese di valutare l’acquisto di Etruria"
In un incontro avvenuto il 12 dicembre 2014, chiesto un mese prima dall’allora ministro, Maria Elena Boschi "mi chiese di valutare l’acquisizione di Banca Etruria" sottolineando "la sua preoccupazione sugli effetti della crisi in Toscana", racconta Ghizzoni, "fu un colloquio cordiale, non avvertii pressioni da parte del ministro Boschi e ci lasciammo su queste basi. Da quel momento in poi non ci sono stati ulteriori contatti, le strutture continuavano a lavorare su un’ipotesi di acquisizione". Ipotesi poi caduta perché inutilmente onerosa: "L’investimento era "eccessivo, oltre un miliardo di capitale e non vedevamo un ritorno".
Ghizzoni sottolinea poi che Boschi "mi manifestò la sua preoccupazione non tanto per le banche in crisi (Etruria e Mps) quanto su cosa questo avrebbe comportato in termini negativi di impatto sul territorio toscano in termini di erogazione del credito, preoccupazione per la riduzione di offerta e impatti negativi su imprese e famiglie. Era una preoccupazione legata agli impatti sul territorio piuttosto che su singole specifiche banche".
Da un punto di vista istituzionale, però, non è questo il passaggio più esplosivo dell’audizione di Ghizzoni. La Boschi. su Facebook, ha potuto replicare che, da politica, aveva semplicemente espresso preoccupazione per l’economia del suo territorio:
Sulla vicenda Banca Etruria, confermo ciò che ha detto oggi Ghizzoni. Che è stato impeccabile nel raccontare i fatti. I fatti sono quelli. Io mi sono informata e interessata come avrebbe fatto chiunque altro all’economia del proprio territorio.
Ghizzoni ha espressamente smentito eventuali pressioni definendo normale il mio comportamento. Ma soprattutto ha dimostrato che a chiedere di valutare l’acquisizione di Banca Etruria non fui io, come surrettiziamente fatto credere da una calibrata campagna di stampa per mesi, ma dall’advisor di Banca Etruria, prima. E dal management della banca, poi. Io non ho chiesto di acquisire una banca, ho chiesto se Unicredit fosse interessata o meno. C’è una bella differenza. E la risposta che mi è stata data è stata ineccepibile e corretta.
Per me le parole di Ghizzoni sono molto preziose per la causa civile nei confronti del dottor De Bortoli. Che gode della solidarietà professionale di molti colleghi giornalisti ma per lanciare il suo libro ha raccontato il fatto in modo volutamente distorto.
Ricapitolando: dopo le audizioni di Vegas, Visco e Ghizzoni, tutti confermano che non c’è stata nessuna pressione. E viene integralmente confermato il mio discorso in Parlamento del dicembre 2015.
So che a larga parte delle opposizioni non interessa fare chiarezza sulle banche ma solo attaccarmi. Mi spiace per loro: potevano affrontare i veri scandali bancari, hanno passato questi mesi a parlare solo di me e dei miei incontri.
Ma la verità è più forte di qualsiasi gioco mediatico e speculazione politica. Per me conta solo la verità. E non vedo l’ora che venga sancita da un Tribunale della Repubblica. Adesso mi rimetto al lavoro, buona giornata a tutti.
Secondo De Bortoli (al quale la Boschi ha fatto causa in sede civile per il contenuto del suo libro), il banchiere ha dato invece ragione a lui:
Ringrazio Federico Ghizzoni per aver confermato la richiesta dell’allora ministra Maria Elena Boschi di valutare una possibile acquisizione di Banca Etruria. Prima dell’uscita del mio libro, nel quale non si parla mai di pressioni, non si sapeva che Unicredit avesse trattato l’acquisizione di Etruria, né che sull’argomento fosse intervenuta Maria Elena Boschi, nei modi e nei tempi che Federico Ghizzoni ha precisato. Era giusto che l’opinione pubblica lo sapesse e che lo sapessero in particolare azionisti, obbligazionisti e risparmiatori delle altre banche in crisi. Attendo l’azione civile di cui ho sentito finora parlare, senza aver ricevuto alcun atto. Aspettando che sia il Tribunale a dire l’ultima parola credo che la penultima l’abbia già detta Ghizzoni.
p.s. Chiedo scusa per l’errore di data del mio libro, il colloquio è di fine 2014 non del 2015.
Del tutto irrituale è invece la mail giunta il 13 gennaio 2015 da Marco Carrai (ovvero una figura esterna, senza incarichi di governo) che, rivela Ghizzoni, "mi sollecitava una risposta". "Risposi che stavamo esaminando la situazione", prosegue l’ex ad di Unicredit, "mi sono chiesto chi avesse sollecitato la richiesta e ho ritenuto per Unicredit molto meglio non approfondire perché volevo dare il messaggio che la valutazione era in corso e la risposta era da dare alla banca. Ho scelto coscientemente di non chiedere".
"Non ho chiesto volutamente a Marco Carrai chi era che gli aveva chiesto di sollecitarmi", ha aggiunto il banchiere, "era una scelta razionale perché per me la risposta andava data esclusivamente a Banca Etruria e ai suoi vertici. Risposi in questo modo a Marco Carrai nella mail, e poi non lo sentii più". Pressioni, invece, queste? "Se ci fosse stata l’intenzione di esercitare una forte pressione sarebbe stato più facile fare una telefonata", conclude Ghizzoni, "una mail lascia spazio alla banca per decidere. Rimane il sollecito, ma non è stato fatto in maniera pesante". Ma chi chiese a Carrai di scrivere a Ghizzoni? Potrebbe venirlo a riferire l’imprenditore stesso in Commissione: la Lega ha già inoltrato una richiesta in questo senso.
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CLAUDIO BOZZA, CORRIERE.IT –
«La ministra Maria Elena Boschi, nel dicembre 2014, mi chiese se Unicredit era in grado di acquisire Banca Etruria, che era in forte difficoltà». E poi: «Risposi che per acquisizioni non ero grado di dare risposta positiva o negativa ma che avevamo già avuto contatto con la banca e che avremmo dato risposta. Cosa su cui il ministro convenne. Fu un colloquio cordiale e non avvertii pressioni da parte del ministro». Sono le parole di Federico Ghizzoni, ex amministratore delegato di Unicredit e oggi presidente di Rothschild Italia. La sua audizione davanti alla commissione parlamentare sulle banche è politicamente fondamentale. Nel maggio scorso, l’ex direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli nel suo libro Poteri forti (o quasi)aveva rivelato che l’allora ministra delle Riforme, Maria Elena Boschi, si sarebbe rivolta all’allora numero uno di Unicredit, chiedendogli la possibilità di acquisire Banca Etruria.
La reazione di Boschi
«Confermo la relazione iniziale di Ghizzoni. Non ho fatto alcuna pressione. E non ho chiesto io di acquisire Banca, ma Mediobanca e BPEL. Io ho solo chiesto info. Adesso la parola al Tribunale», replica Boschi. E poco dopo, su Facebook. «Per me le parole di Ghizzoni sono molto preziose per la causa civile nei confronti del dottor de Bortoli. Che gode della solidarietà professionale di molti colleghi giornalisti ma per lanciare il suo libro ha raccontato il fatto in modo volutamente distorto».
Ghizzoni tira in ballo anche il migliore amico di Matteo Renzi: «Mi arrivò il 13 gennaio 2015 una mail da Marco Carrai in cui mi diceva “mi è stato chiesto su Etruria di sollecitarti per dare una risposta”. Mi venne da pensare a chi potesse aver chiesto questo sollecito, esclusi la banca perché avevamo un rapporto aperto. Decisi di non chiedere alcun chiarimento, per non aprire canali di comunicazione. Risposi “ok, stiamo lavorando, quando avremo finito la nostra analisi contatteremo la banca e daremo la nostra risposta”. La risposta alla banca l’abbiamo data il 29 gennaio 2015». Ghizzoni aggiunge poi: «Non ho chiesto volutamente a Carrai chi era che gli aveva chiesto di sollecitarmi» su Etruria. «Era una scelta razionale — aggiunge l’ex ad di Unicredit — perché per me la risposta andava data esclusivamente a Banca Etruria e ai suoi vertici. Risposi in questo modo a Marco Carrai nella mail, e poi non lo sentii più». La mail di Carrai è stata poi acquisita dalla commissione, come annunciato il presidente della Commissione, Pier Ferdinando Casini.
Sulla questione della mail lo stesso Carrai ha voluto precisare che si «trattava di questione tecnica, niente di più. Ero interessato - spiega l’amico di Matteo Renzi - nel rispetto dei ruoli come ho scritto non a caso nella mail, a capire gli intendimenti di Unicredit riguardo Banca Etruria perché un mio cliente stava verificando il dossier di Banca Federico Del Vecchio, storico istituto fiorentino di proprietà di Etruria. Tutto assolutamente trasparente, tutto assolutamente legittimo». Poi Carrai conclude: «Da imprenditore rispetto la polemica politica, ma diffido dall’utilizzare il mio nome e quello delle aziende con cui collaboro che da anni lavorano con innegabile professionalità e a tutela delle quali sono pronto ad agire in ogni sede».
Il banchiere, sempre davanti alla commissione, ha poi precisato i contenuti del confronto con Boschi su Etruria, di cui il padre di quest’ultima è stato vicepresidente: «Non mi fu seccamente chiesto di acquistare Banca Etruria, l’avrei ritenuto inaccettabile. Ma di valutare un intervento in Banca Etruria nell’indipendenza di giudizi», replica Ghizzoni sollecitato da Carlo Sibilia (M5S). «Questo dal punto di vista semantico — aggiunge —fa la differenza. La richiesta c’è stata ma non ha leso la capacità di decidere in maniera indipendente».
«Ringrazio Federico Ghizzoni per aver confermato la richiesta dell’allora ministra Maria Elena Boschi di valutare una possibile acquisizione di Banca Etruria — commenta su Facebook l’ex direttore del Corriere della Sera — Prima dell’uscita del mio libro, nel quale non si parla mai di pressioni, non si sapeva che Unicredit avesse trattato l’acquisizione di Etruria, né che sull’argomento fosse intervenuta Maria Elena Boschi, nei modi e nei tempi che Ghizzoni ha precisato». E poi, riferendosi alla richiesta danni annunciata in sede civile da Boschi, de Bortoli aggiunge: «Era giusto che l’opinione pubblica lo sapesse e che lo sapessero in particolare azionisti, obbligazionisti e risparmiatori delle altre banche in crisi. Attendo l’azione civile di cui ho sentito finora parlare, senza aver ricevuto alcun atto. Aspettando che sia il Tribunale a dire l’ultima parola credo che la penultima l’abbia già detta Ghizzoni.
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LASTAMPA.IT –
Il 12 dicembre 2014 l’allora ad di Unicredit Federico Ghizzoni incontrò la ministra Maria Elena Boschi che gli chiese se «avremmo valutato l’acquisizione di Banca Etruria». Lo ha detto lo stesso Ghizzoni in audizione alla commissione di inchiesta sulle banche. E precisa l’incontro fu un «colloquio cordiale, non avvertii pressioni da parte del ministro, ci lasciammo su queste basi».
«Non mi fu seccamente chiesto di acquistare Banca Etruria - ha aggiunto Ghizzoni - l’avrei ritenuto inaccettabile. Ma di valutare un intervento in Banca Etruria nell’indipendenza di giudizi. Questo dal punto di vista semantico» spiega Ghizzoni «fa la differenza». La richiesta c’è stata, ha spiegato, ma non ha leso la capacità di decidere in maniera indipendente. La risposta? «Dissi non sono in grado e non voglio dare una risposta oggi», ha spiegato Ghizzoni che già precedentemente aveva sottolineato di aver detto al ministro che «l’ultima parola spettava a Unicredit».
La replica
La replica dell’ex ministra arriva via Twitter: «Confermo relazione iniziale di #Ghizzoni. Non ho fatto alcuna pressione. E non ho chiesto IO di acquisire Banca, ma Mediobanca e BPEL. Io ho solo chiesto info. Adesso la parola al Tribunale».
La mail di Carrai
Ghizzoni ha poi svelato un altro dettaglio rimasto fino a oggi sconosciuto. «Il 13 gennaio 2015 mi arrivò una mail da Marco Carrai (imprenditore vicino a Matteo Renzi, ndr.) che mi sollecitava una risposta» su una eventuale acquisizione di Banca Etruria. «Risposi che stavamo esaminando la situazione».
Le reazioni
Le reazioni politiche alle dichiarazioni di Ghizzoni non si sono fatte attendere. Per il presidente del Pd Matteo Orfini «Visco, Vegas e oggi Ghizzoni confermano che non vi fu alcuna pressione. Direi che possiamo passare oltre e lasciare le strumentalizzazioni a chi non ha idee e progetti da presentare al Paese». Di tutt’altro avviso Roberto Speranza, coordinatore di Mdp: «Le audizioni in commissione banche confermano un conflitto di interessi chiaro ed evidente. Questo non può essere più nascosto. È ormai chiaro a tutti che le ricostruzioni di De Bertoli erano vere. Non resta che trarne le conseguenze politiche». Per la presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni la vicenda tratteggia «un quadro opaco che mette una pietra tombale sulla credibilità politica di Renzi e della Boschi». E il leader della Lega Matteo Salvini taglia corto: «Tutti a casa».
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REPUBBLICA.IT –
L’ex ad di Unicredit Federico Ghizzoni conferma i contatti con la sottosegretaria Boschi a proposito di una possibile acquisizione di Banca Etruria da parte di Unicredit, con una richiesta diretta avvenuta il 12 dicembre del 2014, escludendo però pressioni. "Boschi mi chiese se era pensabile per Unicredit un intervento su banca popolare dell’Etruria", ha detto l’ex ad in audizione in commissione banche. "Fu un colloquio cordiale, non avvertii pressioni da parte del ministro Boschi e ci lasciammo su queste basi. Da quel momento in poi non ci sono stati ulteriori contatti, le strutture continuavano a lavorare su un’ipotesi di acquisizione" di Etruria, ha detto Ghizzoni.
"Da parte sua - ha proseguito Ghizzoni - non c’era tanto la preoccupazione sulle situazione delle banche toscane, ma cosa questo avrebbe comportato in termini negativi di impatto sul territorio. Era preoccupta dell’impatto negativo su famiglie e piccole imprese".
L’ex numero uno di Unicredit, rispondendo ai commissari, ha spiegato per quale motivo l’azione dell’allora ministro Boschi non può essere classficata come pressione. "Pressione sarebbe stata se mi avessero detto: ’Acquisite Banca Etruria’". Richiesta che, in questi termini, non è avvenuta. "Le pressioni uno lo può sentire o non sentire. Certamente la risposta che diedi per me è una risposta al fatto che l’incontro non ha leso la nostra capacità di decidere in maniera indipendente", ha spiegato.
"Non mi fu seccamente chiesto di acquistare Banca Etruria, l’avrei ritenuto inaccettabile. Ma di valutare un intervento in Banca Etruria nell’indipendenza di giudizi".
In ogni caso - ha aggiunto il manager - Unicredit comunicò definitivamente il 29 gennaio ai vertici di Banca Etruria che non era interessata ad acquisirla. "Comunicammo che non eravamo disponibili ad andare avanti e da quel momento in poi anche con Banca Etruria non ci furono più contatti" ha spiegato Ghizzoni, precisando che poi l’11 febbraio Etruria fu commissariata. A quel punto "poi ci furono un paio di contatti con il capo della vigilanza di Bankitalia Barbagallo assolutamente ovvi e dovuti. Il 24 febbraio in una call mi veniva chiesto se alla luce del commissariamento eravamo disposti a riaprire il caso e risposi che non eravamo disponibili e confermai anche a Barbagallo che non ci interessava l’investimento in Etruria, poi se ne riparlò a fine anno con il processo di salvataggio delle 4 banche in crisi".
Ghizzoni ha poi svelato un altro dettaglio sconosciuto. A gennaio anche Marco Carrai, grande amico dell’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi, aveva sollecitato il manager sul dossier. "Mi arrivò il 13 gennaio 2015 una mail da Marco Carrai in cui mi diceva ’mi è stato chiesto su Etruria di sollecitarti per dare una risposta’", ha raccontato Ghizzoni. Il testo è stato poi letto dal presidente della commissione Pier Ferdinando Casini.
"Mi venne da pensare a chi potesse aver chiesto questo sollecito", ha detto Ghizzoni. "Esclusi la banca perché avevamo un rapporto aperto. Decisi di non chiedere alcun chiarimento, per non aprire canali di comunicazione. Risposi ’ok, stiamo lavorando, quando avremo finito la nostra analisi contatteremo la banca e daremo la nostra risposta’. La risposta allla banca l’abbiamo data il 29 gennaio 2015".
Ghizzoni in proposito ha aggiunto di non avere voluto chiedere da chi fosse partita la sollecitazione, cioé chi abbia chiesto a Carrai di sollecitare una risposta. "Mi sono chiesto chi avesse sollecitato la richiesta" contenuta nella mail di Marco Carrai, "ho ritenuto per Unicredit molto meglio non approfondire perchè volevo dare il messaggio che la valutazione era in corso e la risposta era da dare alla banca. Ho scelto coscientemente di non chiedere".
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ECCO CHI È MARCO CARRAI – CORRIERE.IT
Gracile, riservato, misterioso, una moglie e due figli. Marco Carrai, 42 anni, è da sempre il migliore amico di Matteo Renzi, pure suo testimone di nozze. Detto appunto «Marchino» per la corporatura esile, Carrai è un imprenditore che opera su più fronti: dagli investimenti immobiliari alla cybersecurity, settore in cui ha investito molte risorse triangolando anche con Israele, dove ha contatti importanti, compreso il premier Benjamin Netanyahu.
Carrai ha casa a Firenze, ma i fatturati delle sue società, tra successi e qualche scivolone, lievitano tra Milano, Stati Uniti e Medio Oriente. «Marchino» durante il governo Renzi è stato ad un passo dall’essere nominato a capo del team di Palazzo Chigi per la sicurezza digitale del Paese. Nel capoluogo toscano è anche presidente di Toscana aeroporti, società che gestisce gli scali di Pisa e Firenze: il secondo, dopo venti anni di scontri politici, ha appena incassato dal governo il via libera per realizzare una nuova pista, che porterà a quasi 5 milioni di passeggeri l’anno, il doppio di quelli attuali. E per riuscirci ci sono pure in ballo 100 milioni di euro di finanziamenti statali. Più volte finito sotto i riflettori per la sua fitta rete di relazioni ed intrighi, il vero pallino di «Marchino» sono da sempre le banche. È in questo ambiente, pur non avendo titoli istituzionali, che l’imprenditore fedelissimo di Renzi si è costruito una credibilità, a tal punto da vestire, dietro le quinte e in più occasioni, i panni del «lobbista». Così come dimostra la mail inviata a Ghizzoni («Marco è un mio amico», da detto il banchiere in Commissione, per sollecitare una risposta da parte di Unicredit rispetto alla richiesta di acquistare Etruria.
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LE REAZIONI POLITICHE – REPUBBLICA.IT –
Le parole di Federico Ghizzoni, ex numero uno di Unicredit, che in commissione di inchiesta sulle banche ha confermato i contatti con l’allora ministra Maria Elena Boschi su una possibile acquisizione di Banca Etruria da parte di Unicredit scatenano immediatamente le reazioni politiche degli avversari del Pd renziano. A gettare altra benzina sul fuoco sono state anche le parole dell’ex ad che ha chiamato in causa un’email di sollecitazione sul dossier Etruria ricevuta da Marco Carrai, grande amico dell’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi.
A reagire subito è la stessa sottosegretaria Boschi, che su Twitter scrive: "Confermo relazione iniziale di Ghizzoni. Non ho fatto alcuna pressione. E non ho chiesto io di acquisire banca, ma Mediobanca e Bpel. Io ho solo chiesto info. Adesso la parola al tribunale".
"Confermo di aver avuto, in svariate occasioni, il piacere di incontrare e dialogare, a livello professionale, con il dottor Federico Ghizzoni, a cui mi lega profonda stima e nella mia veste di consulente, come dichiarato da Ghizzoni stesso. Sono molteplici, infatti, le iniziative di natura professionale che abbiamo promosso o verificato insieme", ribatte Marco Carrai in una nota.
"Anche nel caso dell’email del 13 gennaio 2015, il presunto mistero è presto rivelato: si trattava di questione tecnica, niente di più. Ero interessato, "nel rispetto dei ruoli" come ho scritto non a caso nell’email, a capire gli intendimenti di Unicredit riguardo Banca Etruria perché un mio cliente stava verificando il dossier di Banca Federico Del Vecchio, storico istituto fiorentino di proprietà di Etruria". "Tutto assolutamente trasparente, tutto assolutamente legittimo", afferma Carrai.
"Da cittadino sono sorpreso che l’attenzione della Commissione di inchiesta si concentri su vicende normali e del tutto corrette - aggiunge - Da imprenditore rispetto la polemica politica, ma diffido dall’utilizzare il mio nome e quello delle aziende con cui collaboro che da anni lavorano con innegabile professionalità e a tutela delle quali sono pronto ad agire in ogni sede".
Enrico Rossi, governatore della Toscana di Mdp, attacca: "Un ministro non può permettersi di dire bugie in parlamento. #Raistudio24 #banche #bancaetruria #boschi #ghizzoni".
"Carrai è un professionista, che non ha niente a che fare con il Pd, che opera in quel settore e conosce Ghizzoni. Mi pare normale uno scambio di corrispondenza professionale. Si interfaccia con il mondo delle imprese e del sistema finanziario", ribatte Ettore Rosato, capogruppo Pd alla Camera.
"Maria Elena Boschi non ha bisogno di difese d’ufficio - aggiunge Rosato - ma quello che le fanno ha un sapore molto amaro: la attaccano con una costanza e una caparbietà con cui strumentalizzano qualsiasi notizia. La Boschi fa molto invidia perché è arrivata giovanissima donna ad assumere una responsabilità che mai nessuna donna della sua età ha avuto. E’ una campagna di fango ma non credo riusciranno a farla disamorare la Boschi". Per il capogruppo Pd "la attaccano anche per attaccare Renzi".
Critiche anche da Giorgia Meloni, presidente di Fdi: "Dichiarazioni gravissime da parte di Ghizzoni, che conferma un maldestro interessamento del ’giglio magico" per le sorti di Banca Etruria. Un quadro opaco che mette una pietra tombale sulla credibilità politica di Renzi e della Boschi".
Parlare della vicenda di Banca Etruria, "sarebbe come sparare sulla Croce Rossa: meglio lasciar parlare il Pd che si fa male da solo. Ho sentito la cyber-security vicina a Renzi, mandava mail per conto di altri, si commentano da soli", ha detto il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini. "Vengano restituiti i soldi ai risparmiatori - ha concluso - solo così si dimenticheranno i pasticci di Boschi e Renzi".
L’audizione dell’ex ad di Unicredit, Federico Ghizzoni, davanti alla commissione d’inchiesta sulle banche è stata decisa in seguito alle parole riportate da Ferruccio De Bortoli nel libro Poteri forti o quasi. Memorie di oltre quarant’anni di giornalismo: "L’allora ministra delle Riforme, nel 2015 - si legge a pagina 209 del libro - non ebbe problemi a rivolgersi direttamente all’amministratore delegato di Unicredit. Maria Elena Boschi chiese quindi a Federico Ghizzoni di valutare una possibile acquisizione di Banca Etruria. La domanda era inusuale da parte di un membro del governo all’amministratore delegato di una banca quotata. Ghizzoni, comunque, incaricò un suo collaboratore di fare le opportune valutazioni patrimoniali, poi decise di lasciar perdere".
L’ex direttore del Corriere non usa la parola "pressioni". Nei giorni scorsi, Maria Elena Boschi ha dato mandato ai suoi legali di avviare l’azione civile di risarcimento danni nei confronti dello stesso De Bortoli.
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WALTER GALBIATI, REPUBBLICA.IT –
Un semiologo, un linguista, un esegeta o un insegnante di italiano di qualunque grado o scuola. E’ la figura di cui ha necessariamente bisogno la Commissione banche per potere trarre le conclusioni finali delle sue audizioni. Serve spiegare a tutti - membri, interrogati e spettatori - il significato della parola “pressione”. Non la semplice azione di premere con un dito o quella atmosferica, ma quando la parola viene usata per indicare una “azione o serie di azioni, per lo più svolte con l’intervento di chi ha autorità o forza o influenza, con le quali si cerca d’influire sulla volontà altrui per ottenere qualche cosa (a cui si abbia o no diritto).”
Tutti l’hanno usata per dire che quel tipo di “pressione”, che ci spiega così bene il vocabolario della Treccani, non è mai stata esercitata. Lo ha detto l’ex amministratore delegato di Unicredit, Federico Ghizzoni: “Il ministro Boschi mi chiese se era pensabile per Unicredit un intervento su Banca Etruria. Risposi che per acquisizioni non ero in grado di dare risposta positiva o negativa, ma che avevamo già avuto contatto con la banca e che avremmo dato risposta. Cosa su cui il ministro convenne. Fu un colloquio cordiale e non avvertii pressioni da parte del ministro”.
E lo ha ribadito il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, quando ha spiegato che Maria Elena Boschi ha incontrato due volte il vice direttore di Banca d’Italia, Fabio Panetta, per parlare sempre di Banca Etruria: “Avevamo già detto che non avremmo parlato di questioni di vigilanza riservate. Panetta mi riferì che non ci fu nessuna domanda di interventi particolari della Banca d’Italia, ma dispiacere e preoccupazione per le conseguenze per il territorio”.
Pressioni? “Pressioni no, siamo persone mature che sanno che di certe cose non si parla e non ne abbiamo parlato”, ha concluso Visco.
E da ultimo il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, anche lui protagonista di “due o tre incontri” con la Boschi: l’allora ministra avrebbe espresso “preoccupazione per una possibile acquisizione di Banca Etruria da parte della Popolare di Vicenza” in quanto l’operazione poteva essere negativa per il settore orafo di Arezzo. “Non c’è stata nessuna pressione, ma l’esposizione del fatto”, si è precipitato a chiarire Vegas.
Ora, stando alla definizione della parola, si può incredibilemente affermare che, nonostante la presa di distanza degli interlocutori o la loro poca dimestichezza con i significati, la pressione, dal punto di vista linguistico, ci sia stata. Boschi ha compiuto una “serie di azioni” e, in quanto ministro e figura del governo molto vicina al premier Renzi, aveva “autorità, forza o influenza”. Sia su un banchiere privato, come Ghizzoni, il cui istituto opera in un contesto normativo prevalentemente italiano, sia sul presidente della Consob e sul governatore di Banca d’Italia, le cui nomine e sorti passano attraverso il consiglio dei ministri. L’intervento richiesto, poi, in modo neanche troppo velato e per il quale non ne aveva il diritto, era volto a ottenere il salvataggio di Banca Etruria ed evitare quanto meno il fallimento con i conseguenti strascichi giudiziari che si sarebbero riverberati sui consiglieri di amministrazione. La lingua italiana dice questo, la politica invece usa un altro linguaggio. Gli italiani, però, l’italiano lo capiscono bene.
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REPUBBLICA.IT –
Marco Carrai è l’uomo che sussurra a Renzi, schivo e riservato, ma sempre chiamato in causa quando si parla di affari e interessi. Lui, cattolico e fiorentino, ha dimestichezza coi soldi. Ha collezionato partecipazioni azionarie e presidenze di municipalizzate, società e consigli di amministrazione: e da quando nel 2009 l’amico Matteo è diventato sindaco non si è più fermato. Con Renzi a Palazzo Chigi è stato ad un passo dall’essere nominato a capo del team per la sicurezza digitale del Paese. Ed è finito in un polverone mediatico perché Renzi usava la casa affittata da Carrai a Firenze a titolo gratuito. “Quella era la casa che io avevo affittato per me, a volte ospitavo Matteo. Rispettando il codice civile, lì ha preso la residenza. È stato detto che in cambio mi ha nominato Ad di Firenze Parcheggi. Peccato che lo fossi già tempo, indicato dai privati per sanare l’azienda”, ha spiegato Carrai.
La sua storia parte dal cuore del Chianti, a Greve, dove la famiglia è riuscita a rivalutare la memoria del nonno di Marco, il Carrai su cui pesava l’accusa infamante di aver fatto parte della banda Carità, il gruppo fascista che opera in Toscana tra il ’43 e il ’45 a caccia di partigiani, tra esecuzioni sommarie e torture.
Il capostipite viene messo all’indice, poi lentamente risale negli affari: un’azienda di rivendita del ferro, un’altra di materiale per l’edilizia, infine investimenti immobiliari riusciti, il benessere.
Papà ex giocatore di calcio nelle giovanili della Fiorentina, mamma figura forte della famiglia e cattolicissima, nella Toscana rossa i Carrai sono conosciuti per essere moderati, democristiani, fieramente anti-comunisti. Nessuno a Greve si stupisce quando nella campagna elettorale del 1994, tracollato lo Scudocrociato, il 19enne Marco al primo voto politico si impegna nei club della nascente Forza Italia di Silvio Berlusconi. Dura poco, pochissimo, perché ad attendere Carrai c’è il Ppi che si è separato dalla fazione di Rocco Buttiglione, punta sul centrosinistra e sull’Ulivo di Romano Prodi e ha trovato a Firenze un segretario provinciale ragazzino che nel ’94 aveva frequentato le tv berlusconiane da concorrente della “Ruota della fortuna” di Mike Bongiorno: Matteo Renzi. Con Berlusconi, Luigi, però, è socio d’affari in una società di analisi dei dati del web.
Nel Ppi e poi nella Margherita Renzi è il segretario, Carrai è il braccio organizzativo. Quando Matteo, nel 2004, viene eletto presidente della Provincia di Firenze, Marco è il suo capo segreteria. Nel frattempo è entrato a Palazzo Vecchio come consigliere comunale della Margherita, eletto con le preferenze assicurate da Comunione e liberazione e dalla Compagnia delle Opere che in Toscana è presieduta da Paolo Carrai e da Leonardo Carrai, alla guida del Banco alimentare, altra opera ciellina: i cugini di Marco. Nel capoluogo della Toscana rossa si costruisce un profilo cattolico e teo-con che promette bene. Ma nel giugno 2009, quando l’amico Renzi schianta l’apparato Ds alle primarie di Firenze e poi viene eletto sindaco, Carrai si ritira dalle polemiche, dalla politica, dai riflettori. E comincia, a soli 34 anni, la sua second life di uomo d’affari. Pubblico e privato.
Consigliere del sindaco (a titolo gratuito), poi amministratore delegato di Firenze Parcheggi, partecipata del Comune, in quota Monte Paschi di Siena, membro dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze che è azionista di Banca Intesa, regista della nomina alla presidenza di Jacopo Mazzei. Siede nel cda del Gabinetto Vieusseux, tra le più importanti istituzioni culturali cittadine, infine è presidente di Aeroporti Firenze. Intanto coltiva i suoi interessi: il fratello Stefano Carrai è in società con l’ex presidente della Fiat Paolo Fresco nella società Chiantishire che tenta di mettere su un gigantesco piano di appartamenti, resort, beauty farm nella valle di Cintoia, a Greve, bloccato dal Comune.
Fresco è tra i finanziatori della campagna per le primarie del 2012 di Renzi, con 25 mila euro, insieme al finanziere di Algebris Davide Serra. A raccogliere i fondi a nome della fondazione Big Bang c’è sempre Carrai. Amico degli amici del sindaco: nel cda della scuola Holden di Alessandro Baricco, immancabile oratore alla Leopolda, e vicino a Oscar Farinetti di Eataly. L’uomo del governo israeliano, per alcuni («Ho da fare a Tel Aviv», ripete spesso), di certo vicino agli americani di ogni colore. Frequenta con assiduità Michael Ledeen, l’animatore dei circoli ultra-conservatori del partito repubblicano, antica presenza nei misteri italiani, dal caso Moro alla P2. È in ottimi rapporti con il nuovo ambasciatore Usa in Italia John Phillips, amante del Belpaese e della Toscana, proprietario di Borgo Finocchietto sulle colline senesi.