Libero, 19 dicembre 2017
State lontani dal Bitcoin. Ormai è soltanto una bolla
Il Bitcoin sta per salire alle cronache del G 20. È stata la Francia a chiedere ieri all’Argentina, il Paese che ospiterà gli incontri di primavera, di inserire all’ordine del giorno il caso della moneta elettronica. In quella sede, si potrà iniziare una discussione sulle regole per tener sotto controllo la moneta virtuale che sta facendo sognare molti potenziali speculatori piccoli e grandi pentiti per aver mancato l’occasione della vita: da inizio anno il valore di un Bitcoin è cresciuto più o meno del 1.600 per cento, creando milionari, anzi pure qualche miliardario. Come i gemelli Winklevoss che hanno investito 11 dei 65 milioni vinti nella causa conto Mark Zuckerberg nella valuta elettronica.
È possibile imitarli? Forse, ma non va dimenticato il monito di uno che di truffe e di bidoni se ne intende: Jordan Belfort, il «lupo di Wall Street», protagonista di furti miliardari negli anni Novanta. Attenzione, manda a dire ai possibili compratori, perché vi farete male. Mica perché il Bitcoin sia solo fumo, ma perché in un mercato brado il rischio di truffe è altissimo. «Non discuto la buona fede della stragrande maggioranza degli operatori ha dichiarato al Financial Times Ma sul mercato basta un 10% di imbroglioni per far esplodere la truffa del secolo, la più pericolosa di sempre, costruita attorno a un castello di algoritmi. Al di là delle apparenze», dichiara Belfort aggiungendo che «la tecnica è la stessa utilizzata da me: eccitare l’immaginazione della gente, aumentare l’autostima grazie ai primi successi, scatenare l’istinto speculativo. Non si deve fare altro, perché a quel punto tutti vogliono partecipare al grande gioco. Non c’è nulla di sbagliato in sé nel coltivare tulipani o nel creare algoritmi. Ma, a un certo punto, il sistema ti prende la mano».
Andrà così? In realtà la credibilità del Bitcoin sta facendo passi da gigante. La settimana scorsa la mometa ha fatto il suo esordio al Cbot di Chicago. Domenica sera è stata la volta del Cme, il listino dei derivati più importante del pianeta.
Per la prima volta la moneta è stata oggetto di cambi tra gli operatori più importanti, protetti da scarti di garanzia nell’ordine del 40%, sufficienti ad evitare che la volatilità estrema della moneta possa provocare fallimenti. E la moneta, subito dopo l’avvio degli scambi, ha frenato la sua corsa: dopo esser salito oltre i 20.600 dollari è scivolata ieri fino a 19.310, a conferma che, in un mercato più robusto, gli eccessi speculativi si frenano da soli. Inoltre, come ha notato il responsabile degli Etf di Morningstar, dopo l’esordio a Chicago, la nascita di un Etf che investa sulle criptovalute è solo questione di tempo. Ci sono altri modi, poi, per puntare sul Bitcoin e sulle blockchain (le catene virtuali su cui si scambiano i soldi elettronici). Al Nasdaq è trattato già da alcune settimane un fondo di investimento che raccoglie le azioni delle società più esposte alla tecnologia del settore. Ma chi vuol cavalcare il fenomeno, destinato a proseguire perché la tecnologia dei blockchain è ormai studiata con attenzione dalle banche centrali, non deve dimenticare che il sistema è in pratica governato da non più di mille investitori che controllano, calcoli di Bloomberg, circa la metà della moneta elettronica in circolazione. Che accadrà (ed è già accaduto) se pochi Big si mettessero d’accordo per pilotare all’ingiù i prezzi incassando enormi plusvalenze? O, al contrario, stimolassero il rialzo facendo venir meno l’offerta dei Bitcoin in circolazione? Attenzione: in assenza di regole, per ora, vige solo la legge del Far West.