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 2017  dicembre 20 Mercoledì calendario

Dalla Shoah alla letteratura. Böll e la rinascita tedesca

In questo anno la letteratura tedesca celebra due anniversari, parimenti importanti: il primo è il centenario della nascita di Heinrich Böll, nato a Colonia il 21 dicembre e morto nel 1985. Ricorrono anche i 70 anni dalla fondazione del «Gruppo 47», quel gruppo di giovani scrittori, quasi tutti come Böll reduci dal fronte e dalla prigionia, che si erano riuniti nel settembre del ’47 in un paesino bavarese, animati dal comune desiderio di rifondare la letteratura tedesca. Non che non ci fossero scrittori e anche importanti come Thomas Mann o Hermann Hesse, che però non volevano tornare in Germania, che consideravano ancora intimamente compromessa col nazismo. E poi c’erano gli scrittori marxisti, come Brecht, Anna Seghers, Johannes Becher, che proponevano una letteratura «socialista» da Berlino Est nella zona sovietica, che nel 1949 divenne la Repubblica democratica tedesca, mentre a Ovest veniva costituita la Repubblica federale, chiamata la «Germania di Bonn» dal nome della capitale «provvisoria».
La politica pesava e divideva mentre quei giovani avevano una ben altra esperienza: quella di anni e anni di guerra, quella di un paese distrutto, di città in macerie, di un popolo il loro – alla fame, alla miseria, senza dignità, disperato e disonorato. Era l’Anno Zero della Germania: non si poteva scrivere più come prima. Occorreva inventarsi una nuova letteratura e del resto finalmente era permesso tradurre i grandi scrittori anglo-americani. E tra i primi in questo immane lavoro di rifondazione si distinse Heinrich Böll, che proveniva da una famiglia povera e molto cattolica e che già prima della guerra aveva cominciato a scrivere. Ma poi vennero i sei anni di guerra e proprio questa drammatica esperienza fu decisiva per la sua scrittura. Improvvisamente questo scrittore sconosciuto cominciò a narrare la grande epopea del popolo tedesco nel conflitto, della gioventù tedesca inviata al macello da un potere folle, senza scrupoli né pietà. Questi primi racconti, questi primi romanzi parlavano di rovine e di immense sciagure, raccontavano di macerie materiali e spirituali ancor più devastanti.
La scrittura scorreva fluida, non ci si poteva fermare: era la grandiosa raffigurazione del fosco destino tedesco, di una generazione massacrata, mutilata, umiliata, cui era stata strappata la speranza di vivere. E in quei racconti affiorava, insieme alla cerchia degli assassini, anche una comunità di dolore che partecipava alle tragedie con silenziosa solidarietà, con una cristiana compassione, che non aveva nulla a spartire con la chiesa ufficiale, quella del Concordato con Hitler. Böll divenne il grande cantore di quel dramma immenso che lui sapeva cogliere con realistica devozione nei dettagli, come nella stupenda rammemorazione Viandante, se giungi a Spa... del 1950, in cui una classe di scuola viene trasformata in un ospedale per feriti gravi, tra cui il protagonista. Alla fascinosa letteratura di guerra, basata su autentiche esperienze vissute dall’autore, successe rapidamente una altra scrittura, quella che raccontava con amarezza, con indignazione, la nuova società tedesco-occidentale, quella del miracolo economico, ma anche quella del riarmo, della cooptazione nei posti di comando dei vecchi (ma non tanto) nazisti. Era la Germania di Adenauer, anche lui cattolico e anche lui di Colonia, il grande statista della ricostruzione, l’attento politico che, pur di salvare la Germania federale e l’Occidente dalla minaccia sovietica approvò il riarmo tedesco. In quegli anni Böll, animato dalla sua profonda e coraggiosa professione di fede cattolica «irregolare» (alla fine si staccò perfino dalla Chiesa ufficiale) scrisse i suoi romanzi più maturi, collegati a questa sua sincera denuncia dell’ingiustizia e dell’ipocrisia della vecchia borghesia, che si era riciclata nella nuova. E pubblica nel 1959 (lo stesso anno di Tamburo di latta di Grass e di Congetture su Jakob di Uwe Johnson, tutti e tre del «Gruppo 47») Biliardo alle nove e mezzo, nel 1963 Opinioni di un clown e nel 1971 Foto di gruppo con signora. Nel 1972 il conferimento del premio Nobel riconobbe la funzione di rappresentanza e di valore universale della sua scrittura. La chiave di lettura è in quell’inquietudine cristiana che non trova pace e che non può non condannare l’ingiustizia. Una ingiustizia, che non è solo quella della società renana a lui ben nota. Böll divenne, infatti, anche un araldo della libertà per tutti gli intellettuali dissidenti dell’Europa orientale. Ospitò a casa sua tra i tanti altri anche Alexander Solzenicyn, esule dall’Urss. Nel 1972 scrisse per Der Spiegel un saggio provocatorio contro lo «zar» dei media tedeschi, Axel Springer, la bestia nera del Movimento studentesco tedesco di quegli anni, mostrando una discussa e discutibile comprensione per Ulrike Meinhof, la «leggendaria» dirigente della Raf, le brigate rosse tedesche. E da allora Böll divenne l’icona dell’estremismo e della Apo, la sinistra extraparlamentare tedesca. Con questa posizione si distaccò da Grass, che divenne sostenitore di Willy Brandt, della Ostpolitik e di una riforma possibile. Prese sempre più le distanze anche dal «Gruppo 47», che comunque aveva svolto il suo compito storico.
Gli ultimi anni furono quelli dell’impegno, come risulta da un romanzo a tesi che gli valse un’immensa popolarità: L’onore perduto di Katharina Blum. Come può nascere e dove può condurre la violenza del 1974, che divenne subito un film di successo per la regia di Volker Schlöndorff e Margarethe von Trotta. Questo testo come i numerosi interventi di battaglia appartengono a un’epoca ormai lontana, polverosa, mentre la sua opera di letteratura di guerra e i suoi romanzi «renani» confermano una autentica e robusta capacità epica. Böll sapeva scrivere, sapeva costruire le sue storie, fondate su una scrittura sempre appassionata e insieme sorvegliata. Adorno affermò che dopo Auschwitz non si poteva più scrivere, Böll testimoniò che si poteva.