la Repubblica, 20 dicembre 2017
La task force di cani pastori che ferma gli assalti dei lupi
Venezia Dopo l’orso, il lupo. Il ritorno dei grandi carnivori sulle Alpi divide la gente di montagna e oppone le Regioni allo Stato e all’Europa. Problema: da mesi, tra Valle d’Aosta e Friuli Venezia Giulia, si moltiplicano le stragi di pecore, mucche e asini. Con l’arrivo dell’inverno, gli attacchi scendono ora dai pascoli alle campagne, fino alle porte di città e paesi. Centinaia gli animali sbranati. A Belluno un branco di lupi si è spinto a ridosso del centro. A Canazei, in Val di Fassa, una coppia ha sventrato un muflone a due passi dalla scuola elementare. Pastori e allevatori, esasperati, minacciano di abbandonare le malghe o di farsi giustizia da soli, a costo di sparare ad animali a rischio estinzione che in Europa godono del livello massimo di tutela. Il tentativo estremo di scongiurare una nuova guerra tra pastori e lupi, eredità secolare tra categorie oggi ignorate, è così affidato all’animale che da sempre media tra gli eterni nemici: il cane. In Veneto vengono consegnate in queste ore le prime quattro coppie di maremmani- abruzzesi. Tredici gli esemplari da guardiania forniti dall’assessorato all’Agricoltura agli ovili più esposti tra Alpago e Cansiglio.
L’obbiettivo degli scienziati è escludere l’uomo, a partire dai politici in campagna elettorale, dalla competizione per la vita che regola le specie animali. Saranno così i cani, proprio grazie ai fondi del Progetto europeo Life WolfAlps, a dover combattere contro i lupi per proteggere ovini e bovini che permettono agli umani di restare in montagna e di tutelarne la natura. «Quando un predatore riappare in un territorio antropizzato – dice Francesca Marucco, coordinatrice scientifica del piano- lupo Ue – crea problemi. La convivenza è difficile, ma possibile: a patto che tutti, dagli allevatori alla classe dirigente, si impegnino realmente per l’armonia del pianeta». Tradotto: la gente di montagna deve cambiare i propri comportamenti, istituzioni e politici devono renderlo economicamente e socialmente sostenibile. «Fare le barricate – dice Piero Genovesi, capo della sezione fauna dell’Ispra – non serve. Il lupo non è l’orso, vive e caccia in branco. Ucciderne uno è inutile, una strage sulle Alpi italiane rappresenterebbe una macchia internazionale. Se tutti collaborano invece possiamo godere del ritorno del lupo e assieme della sicurezza di animali domestici e persone». Decine, entro la primavera, i cani pastori addestrati donati da Stato e Regioni a stalle e ovili in pericolo. A questi si aggiungono chilometri di recinzioni elettriche, fondi per la sicurezza dei ricoveri, rimborsi per la presenza costante di guardiani sugli alpeggi.
Sulle Alpi vivono ormai 31 branchi di lupi, 8 coppie e 5 esemplari solitari, per un totale di oltre 200 animali. Circa 1.500 in lupi in Italia, concentrati sugli Appennini e in Piemonte. Entro il 2018 dovrebbero essere circa 600 i cani, addestrati per proteggere pecore, capre e mucche, inviati in montagna dal ministero dell’Ambiente. La posta in palio è salvare il lupo sulle Alpi. Il Veneto ha già annunciato l’addio al progetto WolfAlps. Trentino e Alto Adige si sono uniti al pressing su Bruxelles per abbassare i livelli di tutela. Valle d’Aosta e Toscana, nella Conferenza Stato- Regioni, si sono aggiunti nel bocciare il piano- lupo del Governo. Unanime la richiesta di deroghe sugli abbattimenti con il via libera alle doppiette. «Ogni branco – dice Francesca Marucco – ha in media cinque lupi. Possono spostarsi anche 1.500 chilometri, un territorio di caccia è di 250 chilometri quadrati. La competizione interna è spietata. Per la catena alimentare il lupo è cruciale: adattarsi e convivere, affrontando un’evoluzione culturale, è l’unica strada». A guidarci, come sempre, il cane.