la Repubblica, 20 dicembre 2017
Il piccolo gelataio che ha piegato la multinazionale
SANTARCANGELO DI ROMAGNA «Siamo uno sputo, ma hanno paura di noi». Uno sputo al limone, fragola, menta o anche all’anice nell’occhio di una multinazionale da 53 miliardi di fatturato, contro i 700mila euro della gelateria artigianale “La Bomba”, produttrice dell’omonimo ghiacciolo cremoso dal 1960.
Una minuscola scheggia nel tallone del gigante Algida, condannato dall’Antitrust su segnalazione dell’aziendina romagnola a pagare 60 milioni – cioè una ventina di milioni di cuori di panna – per le sue politiche di mercato tendenti al monopolio («strategia escludente»), a danno della libertà del consumatore. Calippi, cremini e liuk vari si chiamano, in gergo industriale, «monodose da impulso», e in effetti rende l’idea: quando hai quell’impulso lì prendi subito quel che trovi. Quel che non trovi, no.
L’Unilever – il colosso anglo-olandese che tra i propri 400 marchi va da Knorr a Lipton, da Coccolino a Clear – farà ricorso, ma intanto si festeggia nel laboratorio con quattordici dipendenti dello stesso paese di Tonino Guerra, Daniele Luttazzi e Fabio De Luigi. A Santarcangelo un certo gusto per le favole beffarde è nel dna. «È ancora lunga, ma è già tanto che si sia mosso qualcosa», dice Walter Carletti, ex ristoratore, socio insieme a Yuri Invelenato, ex rappresentante Sammontana. È una storia emblematica. Un granello nell’ingranaggio, il carretto contro il jumbo, una piccola momentanea vendetta a nome delle migliaia di artigiani soffocati e schiacciati dai titani della distribuzione nella quotidiana trincea del bancone. I due soci hanno rilevato La Bomba, e la sua fortunata ricetta, nel 2008.
«Era un prodottino molto richiesto e apprezzato che però non si trovava quasi da nessuna parte». E hanno capito presto perché. In quasi dieci anni sono riusciti ad aumentare le vendite di sette volte, distribuendo il proprio sorbetto da stecco in circa quattrocento punti da Fano a Milano Marittima. Ma le porte rimaste chiuse sono la maggioranza: i baristi, riferiscono, rifiutavano la Bomba avendo concesso una sorta di esclusiva all’Algida, pena la perdita di determinate agevolazioni (sconti o incentivi a fondo perduto). «L’Algida non vuole, ci ripetevano sempre – racconta ancora Carletti – e non ne potevamo più, rischiavamo di restare a spasso. Se non sono bravo e il mio gelato fa schifo è un problema mio, ma se neanche riesco a metterlo nei frigo dei bar allora non vale».