la Repubblica, 20 dicembre 2017
Così consumiamo la nostra bellezza
L’Unione Europea si preparava a nascere attorno all’acciaio e al carbone, simboli di modernità oggi messi in discussione per il loro impatto ambientale, e già allora i padri della Costituzione erano riusciti a intravedere un profilo di società che resta un obiettivo: tenere assieme eccellenze nel campo della scienza, dell’arte e della tutela del paesaggio per creare un sistema produttivo dinamico in sintonia con l’ambiente.
Non è andata proprio così.
Nell’arco di sette decenni il pilastro costituito dall’articolo 9 si è riempito di crepe. La cementificazione ha divorato 23mila chilometri quadrati, una superficie pari alla somma di Campania, Molise e Liguria. Ci siamo già giocati il 7,6 per cento del territorio nazionale, a fronte di una media europea che resta ben sotto al 5 per cento, dando un buon contributo all’aumento di frane e alluvioni. E non si tratta solo di uso eccessivo del cemento. Sviluppo della ricerca scientifica?
La percentuale di sostegno alla ricerca è ridicola: gli Stati Uniti e molti Paesi del Nord Europa investono poco meno del 3 per cento del Pil in questo settore, la Cina il 2 per cento, l’Italia è ferma all’1,3 per cento.
Tutela del paesaggio? «Dal 1985 a oggi 302 chilometri di fronte mare sono stati trasformati in case, alberghi, palazzi, porti e industrie, portando la costa cementificata al 51 per cento: abbiamo consumato 48 metri di costa al giorno», calcola Edoardo Zanchini, il vicepresidente di Legambiente che ha appena pubblicato uno studio su questo tema. «Anche perché, in assenza dei piani regionali approvati solo da Toscana, Puglia, Sardegna e Piemonte, la tutela è stata affidata a criteri molto soggettivi. Nelle Marche un impianto eolico a otto chilometri dalla costa è stato bocciato dal sovrintendente. A una norma in linea con l’interpretazione della Costituzione dell’ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi: «La stessa connessione tra i due commi dell’articolo 9 è un tratto peculiare: sviluppo, ricerca, cultura, patrimonio formano un tutto inscindibile. Anche la tutela, dunque, deve essere concepita non in senso di passiva protezione, ma in senso attivo».
Questo significa anche smettere di rubare suolo alla natura e riusare meglio quello già utilizzato. Cioè passare dall’economia lineare, basata sull’accoppiata miniera discarica, all’economia circolare, fondata sul recupero della materia e dell’energia. È quello che chiede l’Europa con un pacchetto di norme che – secondo i calcoli della Commissione – varrà un aumento di 580mila posti di lavoro e del 7 per cento di Pil. Una buona occasione per rendere attuale l’articolo 9 della Costituzione.