la Repubblica, 20 dicembre 2017
Quel passaporto dei surfisti d’Alto Adige
L’Alto Adige funziona come un orologio a molla, di quelli da taschino. Rotelline che girano vorticose, incastrate perfettamente ad altre che a loro volta muovono ruote più grandi e lente. Se osservi quelle più piccole ( e sono davvero minuscole) sembra quasi che siano troppo rapide da poterci stare dietro. Là dove sorgeva un maso, ecco comparire un impianto da sci. Lì dove la povertà mieteva vittime, ecco una delle province più ricche d’Italia, là dove venivano piazzate le bombe, ecco un bel giardino fiorito. Se, invece, guardi le ultime, quelle più lente e grandi, quelle che scandiscono l’incedere delle lancette, dopo un po’ avrai l’impressione che siano immobili e che l’orologio sia rotto: italiani contro tedeschi, tedeschi contro italiani. Tic. Tac. Ma non è così.
Non si dice più italiano, ad esempio. Si dice “madrelingua italiano”. È certificato al tribunale. Al compimento del diciottesimo anno d’età l’altoatesino compie una triplice scelta su carta intestata. Apporre la crocetta: madrelingua tedesca, italiana, ladina. La divisione, quindi, è fra gruppi linguistici. Ed è una divisione permeabile. Tecnicamente se il sottoscritto volesse, potrebbe andare in tribunale e cambiare la propria certificazione di appartenenza linguistica. Da italiano a tedesco con un tratto di penna. Certo, non è semplice e non è facile (le rotelline girano e girano), ma è così che funziona.
Se ci sei nato è naturale. Ed è anche un vanto. C’è una minoranza e le minoranze vanno tutelate. Fine della discussione. La chiamano civiltà. E lo è nella sua più alta espressione.
Tutto questo movimento, dal più infinitesimale al più macroscopico, crea un meccanismo chiamato “autonomia”. Un’autonomia che non ha eguali nel mondo. Costata fatica e, non posso dimenticarlo, molto sangue. Sia da parte del gruppo linguistico tedesco che italiano. A meno di non voler cedere alla propaganda di certi gruppuscoli di estrema destra (quanto estrema? Non lo so, credo abbastanza, visto che oltre al termine “walscher” che è come dire “nigger” in Usa, venne usato anche il termine “untermenschen”, che non ha bisogno di traduzione, solo raccapriccio e un ripasso ai libri di Storia). Autonomia, per certa propaganda, altrettanto deleteria e miope, significa privilegio. Davvero?
Ho sempre pensato invece che significasse “responsabilità”. Ogni cittadino ( madrelingua italiano, tedesco o ladino) altoatesino ha la responsabilità di mostrare al mondo che la convivenza pacifica e collaborativa non solo è possibile, ma è anche lucrosa. Ricordate? Là dove c’erano povertà e fame, oggi ci sono alberghi a cinque stelle, là dove veniva rifiutato un piatto di minestra a un “madrelingua italiano” oggi ci sono chef stellati ben felici di preparare ogni ben di Dio a chiunque. Immaginiamo la stessa autonomia applicata alla Palestina. Quante vite potrebbero essere salvate? Quanti quattrini si potrebbero ricavare dalla terra delle tre religioni monoteistiche?
Certo, a fare un passo indietro e a osservare questo strano orologio incastrato fra le Alpi da una certa distanza, si potrebbero osservare delle imperfezioni che ne turbano il paesaggio. La divisione delle scuole, ad esempio, scuole per madrelingua italiana e scuole per madrelingua tedesca. Si potrebbe scrutare, con un certo sgomento, la recente polemica sulla “schedatura linguistica” dei bambini per smistarli negli appositi asili. Divisi per lingua, ovviamente.
Ma l’orologio è talmente bello che si può pensare che l’esercizio della responsabilità è la vera arte del compromesso, non la politica. La politica è l’arte del cercare di divinare il movimento delle masse e cavalcarlo. I politici, in qualsiasi parte del mondo, nonostante giacca e cravatta, sono surfisti da far invidia ai protagonisti di Point Break. Preferisco questa metafora a quella dei cani da tartufo, per ovvi motivi di linguaggio. Il linguaggio, la scelta delle nostre parole, è fondamentale. Rispecchia il nostro stato d’animo, i nostri studi, le compagnie che frequentiamo. Saltuariamente i nostri pensieri più reconditi.
Ed ecco allora che, nel giorno in cui il Re Sciaboletta, quello delle leggi razziali, di Caporetto e della stretta di mano al Duce, fa discutere l’Italia anche da morto, il nuovo governo austriaco, con l’appoggio del partito di maggioranza altoatesino, l’Svp ( gruppo di raccolta del gruppo linguistico tedesco, al governo… beh, da sempre) rilancia una vecchia proposta, quella del doppio passaporto per i cittadini altoatesini. Una boutade inventata dagli indipendentisti quando ancora portavo il pannolino che improvvisamente diventa programma di governo. D’altronde, la ruota gira e prima o poi si passa per lo stesso punto toccato in precedenza. Con una differenza che mette i brividi. Il doppio passaporto verrà offerto ai cittadini altoatesini del gruppo etnico tedesco.
Etnico.
Prima di apporre l’apposita crocetta il candidato rilegga l’articolo e cambi la parola “linguistico” con “etnico” e tragga conclusioni non su dove questa mia minuscola terra ( così piccola che non esiste nemmeno lo scemo del villaggio, lo facciamo a turno – sì, oggi taccava al sottoscritto) sta andando, ma dove l’onda, globale, sta traghettando il surfista. O, se preferite, quale olezzo ha avvertito il cane da tartufo.