il Fatto Quotidiano, 20 dicembre 2017
Raggi e il suo anno senza Marra: rifiuti, stadio, polizze e Spelacchio
La sindaca che è molto croce e talvolta delizia dei 5Stelle è fedele alla linea: “Non mi ricandiderò, sono al mio secondo mandato e questa è la regola del M5S”. Per lei, e per assessori e consiglieri che dovranno seguirla in massa. Poi sorride di sincerità: “Arrivare viva alla fine di questo mandato sarà già un grandissimo successo”. E ha ragione Virginia Raggi, visto il suo ultimo anno in Campidoglio. Trascorso senza Raffaele Marra, l’ex capo del personale del Comune di Roma, ma soprattutto l’ex principale collaboratore della sindaca, il Rasputin che tutto vedeva, ma che il 16 dicembre di un anno fa è stato arrestato per corruzione (e poi scarcerato). Una bufera che rischiò di portarsi via anche la sindaca e la sua giunta. Ma dopo un giorno e una notte drammatici, con i parlamentari ortodossi che chiedevano a Beppe Grillo la sua testa e lei asserragliata con i suoi (con tanto di conta interna), Raggi ne uscì. Accettando la decapitazione del suo “raggio magico”: ossia la cacciata del capo della sua segreteria, Salvatore Romeo e il declassamento di Daniele Frongia da vicesindaco ad assessore allo Sport. Il suo posto come vice l’ha preso l’assessore alla Cultura Luca Bergamo. E come “commissari” del M5S in Campidoglio sono arrivati i deputati Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro. È ripartita da lì, la sindaca.
Giunta La giunta ha le porte girevoli, e forse è la principale colpa di Raggi. Dall’insediamento nel giugno 2016, sono già sei gli assessori saltati. E a gennaio saluterà anche Adriano Meloni, l’assessore allo Sviluppo economico indicato da Davide Casaleggio. Questo il prezzo del suo colloquio con Il Messaggero di venti giorni fa, in cui Meloni ha attaccato il presidente della commissione Commercio, Andrea Coia, per i suoi presunti legami con la famiglia di bancarellari Tredicine, tanto da ribattezzarlo “Coidicine”. Prima di lui in agosto era saltato Andrea Mazzillo, l’ex assessore al Bilancio, rimosso per il suo no al concordato preventivo per la municipalizzata dei trasporti Atac, ma pure per aver protestato ad alta voce contro “gli incarichi ai pendolari da Milano” (i nomi calati dalla Casaleggio associati). Per arrivare a un uomo vicinissimo ai capi, Massimo Colomban, che a settembre ha lasciato l’incarico “a tempo”. E che però poi ha seminato dardi: “Tra i grillini c’è chi tifa perché tutto vada male, il M5S deve evolvere”. In mezzo, un brutto via vai di manager nelle partecipate: come Bruno Rota, chiamato come direttore generale di Atac ma dimessosi in estate, stufo di un’azienda “schiacciata dai debiti”. Duro, verso il 5Stelle Enrico Stefàno: “Lui, e non solo lui, mi ha solo indicato giovani da promuovere”.
Stadio È stata una battaglia con finte, rilanci e facce feroci. Ma alla fine, sfruttando anche i timori del Pd di passare per il partito ostile ai tifosi (a un soffio da Regionali e Politiche, poi) la giunta ha incassato il via libera della Conferenza dei servizi allo stadio della Roma a Tor di Valle. Ora mancano altri due passaggi in Campidoglio e in Regione Lazio, poi i lavori potrebbero partire nel 2018. Anche se il sistema di viabilità, fragile ed eccessivamente dipendente da opere statali esterne al progetto, resta una bella incognita. Ma non c’è solo lo stadio. E allora la prima sfida urbanistica del 2018 sarà mettere mano al Piano regolatore per limitare le compensazioni urbanistiche, ossia la possibilità per i costruttori di spargere altro cemento. “Ma sarà graduale, annullarle porterebbe a nuovi debiti fuori bilancio” precisa la sindaca.
Sindacati Esponente di un Movimento che vuole abbatterli, Raggi sa e vuole trattare con i sindacati. Ha ottimi rapporti con il segretario della Cgil Susanna Camusso. E a maggio ha firmato l’accordo sul salario accessorio, chiudendo una vertenza di tre anni sulla parte variabile dello stipendio dei 23 mila dipendenti comunali. Ottimo, anche per coprirsi le spalle.
Immondizia L’ultima crisi sui rifiuti è stata scongiurata a inizio mese, quando uno dei quattro impianti di smaltimento si è guastato e non si sapeva dove trattare 500 delle 4.500 tonnellate giornaliere di immondizia. Per ora 20 mila tonnellate verranno spedite in Toscana, mentre altre frazioni finiscono in Emilia Romagna, Friuli e Austria, a dimostrazione che il ciclo dei rifiuti non è autosufficiente. Manca ancora una vera alternativa alla mega discarica di Malagrotta, chiusa a fine 2013. E non appena uno dei quattro impianti di smaltimento ha un problema – due sono del Colari di Manlio Cerroni, sottoposto ad interdittiva antimafia – i cassonetti traboccano. I 5Stelle vogliono ridurre la quantità di rifiuti mentre l’Ama intende costruire due impianti pubblici per il trattamento dell’umido e uno per il riuso dei materiali, così da rendere il ciclo autosufficiente. Ma servono due anni e milioni di euro. E l’immondizia resta il primo nemico.
Spelacchio D’accordo, era solo un albero di Natale. Ma il passaggio a miglior vita dell’abete messo in piazza Venezia, oggettivamente bruttino (da qui il soprannome) ricorda che per la buona immagine della città la giunta deve fare di più. Anzi, molto di più.