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 2017  dicembre 20 Mercoledì calendario

Lo slalom di Thöni all’idea di Vienna. «Macché austriaco sono solo italiano»

Roma Appollaiato sullo Stelvio natìo, al calduccio nel suo albergo che si chiama Bella Vista e abbraccia due valli e tre Paesi, Italia, Svizzera e Austria, Gustav Thöni è fermo nel tempo e nello spazio, ancorato ad una vasta idea di lontananza dalla sua parlata oscura e inconfondibile. Anche la sua storia sportiva sotto il tricolore italiano è lontana come una cima, affondata nei gloriosi anni Settanta della Valanga Azzurra, a immagini a colori sfumate. Il parallelo vinto contro Stenmark sulla pista dei Ronc, a Ortisei nel 1975, raggiunse 20 milioni di spettatori e svelò dalle Alpi alla Sicilia la potenza dello sci e il mistero di radici particolarissime. Allora l’espressione Südtirol si confondeva e si perdeva dentro la dizione italiana Alto Adige, un’astrazione linguistica e un’invenzione geografica necessarie per marcarne l’italianità ad onta dell’origine, della lingua, dei costumi, delle tradizioni di una provincia, quella di Bolzano, ulteriormente suddivisa al suo interno in decine di valli unite da passi non sempre percorribili. L’autonomia arrivò, quasi dovuta, come un risarcimento, a decretarne la sua unicità. Eppure Thöni austro- tedesco non si è sentito mai: «Tedesco io? Siamo seri, non scherziamo». Sulla proposta di Werner Neubauer, entrata nel programma del nuovo governo austriaco, quella sulla doppia cittadinanza concessa agli italiani residenti nei territori già appartenuti all’impero asburgico e la conseguente apertura all’arruolamento di atleti altoatesini sotto la bandiera biancorossa con l’aquila imperiale ( anche se ieri il premier Kurz ha un po’ smussato i toni: «Cittadinanza ai sudtirolesi solo se Roma è d’accordo»), Thöni non si scompone: «In tempi in cui dovremmo parlare di Europa, di superamento di confini e di apertura al mondo, questa proposta ci porta indietro di almeno un secolo. Non ha senso, semplicemente. Non lo ha perché chi è nato dentro i confini italiani stabiliti da trattati post- bellici e conquistati col sangue di migliaia di soldati è italiano, nessun dubbio, e io mi sono sempre sentito profondamente italiano». Nonostante le apparenze, le radici, la lingua e le tradizioni: «Certo, è naturale provenendo da un paese e da una valle di confine avere ascendenze germanofone, ma questo non mi rende meno italiano rispetto a un romano, a un milanese o a un siciliano. Ora, e quando ero un atleta. Ho sempre rispettato il tricolore, l’inno di Mameli e l’azzurro: sono la mia casa e i miei colori».
Cinquantadue medaglie ai Giochi invernali hanno la stessa provenienza di Thöni e nomi difficili da pronunciare. Dalla prima, quella di Walter Aussendorfer nello slittino a Innsbruck 1964, fino alle ultime, vinte a Sochi 2014 da Innerhofer, Carolina Kostner, Zöggeler e dai biathleti Wierer, Oberhofer, Windisch e Hofer. E quattro di questi podi hanno il cognome Thöni e i nomi di Gustav e del fratello Roland: «Se me l’avessero chiesto anche allora, come adesso, non avrei avuto difficoltà a rispondere Italia. C’è poi un motivo, se vogliamo, squisitamente tecnico». E qui Thöni diventa semiserio: «Competere contro gli austriaci e riuscire ad entrare nella loro squadra era molto, molto più difficile che diventare azzurro, da loro c’era molta concorrenza. Diciamo che è stato meglio così».
Oggi Gustav Thöni fa gli onori di casa al Bella Vista, serve colazioni, assegna le camere agli ospiti. Guarda il cielo e il barometro, conta i centimetri di neve caduta, «qui sullo Stelvio si annuncia una stagione fantastica, abbiamo tutta le neve che serve, e negli ultimi giorni c’è stato un sole fantastico e si vedevano cime per centinaia di chilometri. L’ultima estate però è stata terribile». Il ghiacciaio si sta ritirando, la natura sta chiedendo il conto anche lassù, per alcuni giorni non si è potuto sciare. Ma adesso è tutto diverso e l’inverno sta vincendo: «Abbiamo aperto da poco e resteremo fino a Pasqua. Poi chiudiamo. Si ritorna in giugno. Questa è la mia vita di ora e mi piace da morire».