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 2017  dicembre 20 Mercoledì calendario

«Era pronto a colpire per l’Isis». Un arresto

Secondo l’accusa aveva ricevuto la «chiamata» dallo Stato islamico ed era in attesa di ricevere istruzioni per le azioni da compiere. Per questo motivo ieri è stato arrestato Nabil Benhamir, marocchino di 29 anni di Genova e in carcere da agosto per maltrattamenti sulla compagna. A preoccupare è il contenuto del suo telefonino: video di decapitazioni e istruzioni per fabbricare bombe e cinture esplosive, per l’uso di armi e del telefono cellulare come detonatore, il «bando di arruolamento» per l’Isis. Benhamir faceva parte di gruppi chiusi su WhatsApp e Telegram (quest’ultima applicazione veniva disinstallata ogni sera) in cui condivideva materiale di propaganda per lo Stato islamico: uno di questi gruppi si chiama «I Lupi Solitari». Gli agenti della Digos sono riusciti a recuperare anche foto con schemi elettrici di manipolazione dei circuiti interni ad uso innesco-detonatore per ordigni esplosivi e relative indicazioni d’uso in lingua araba. L’ordinanza di custodia della gip del Tribunale di Genova Nadia Magrini aggiunge altri dettagli. «La circostanza del possesso da parte dell’indagato di un cellulare di vecchia tecnologia (Nokia 3410) fra quelli sequestrati, permette di ipotizzare seriamente che le istruzioni per l’innesco di ordigni, acquisite mediante Telegram, servissero all’indagato per adattare il congegno per il predetto futuro impiego criminale, oppure per condividere il know-how con terzi interessati». Secondo l’accusa tra gli elementi inquietanti c’è anche una conversazione. «Nabil – emerge dalle carte – scrive alla “sorella Farah”: “Ha chiamato il chiamante... Che Dio allunghi la mia età e il mio destino. Prega per me per la Shahada e che accetti il mio lavoro...». Secondo la giudice, la locuzione «ha chiamato il chiamante» riprende una Sura coranica che in ambito radical-fondamentalista si rivolge a quelle persone che «stanno per incontrare Dio» e quindi viene pronunciata all’indirizzo dei jihadisti. Per la gip, poi, «sussiste il pericolo di fuga. L’indagato è soggetto non stabilmente radicato sul territorio e si muoveva con disinvoltura in Europa». L’inchiesta della Digos di Genova e il Servizio contrasto dell’estremismo e del terrorismo esterno è stata coordinata dal pm Federico Manotti e dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo.