La Stampa, 19 dicembre 2017
L’arte della scrittura a mano
Forme, regole, ritmo, armonia, invenzione grafica: tutto questo è calligrafia, l’arte delle lettere e della scrittura a mano. Antica almeno quanto il mondo greco e romano e sviluppatasi poi a partire dal periodo romanico, oggi la calligrafia sta vivendo un nuovo boom, proprio quando pensavamo che la scrittura a mano sarebbe stata definitivamente archiviata, schiacciata dal frenetico ticchettare delle dita sulla tastiera di un computer. A sorpresa invece il digitale sta dando una grande mano alla diffusione di questa pratica, contribuendo alla sua visibilità, complice la bellezza del gesto di scrivere, che si presta bene a essere fotografato e condiviso sui social: il tag #calligraphy su Instagram raccoglie così oltre sette milioni di post. Si moltiplicano i corsi e i workshop per chi vuole approcciarsi a questa disciplina, così come i manuali che vanno dal Corso di calligrafia (di Barbara Calzolari e Alessandro Salice, Giunti, 2016) a Scriptorium. Calma la tua mente con l’arte della calligrafia (di Màlleus, Mondadori, 2017), tutti consigliati nei cataloghi delle librerie tra i regali di Natale. Ma com’è successo che un’arte applicata considerata da tutti un po’ polverosa, sia improvvisamente diventata cool?
Rivincita manuale
«Credo abbia a che vedere con il bisogno di riacquisire una manualità che nei nostri tempi ipertecnologici sembrava dimenticata – racconta James Clough, esperto di calligrafia e lettering, tra i fondatori dell’Associazione Calligrafica Italiana, ente che da oltre 25 anni si occupa di diffondere e autore di L’Italia insegna. Viaggio tra scritte targhe e iscrizioni dello stivale (Lazy Dog, 2015 e nuova edizione 2017) – L’ho osservato durante la mia attività di insegnante sia in persone che lavorano nell’ambito del lettering, come i grafici, ma anche tra chi ha tutt’altra occupazione, magari impiegati che passano la gran parte della loro giornata al computer. Uno degli aspetti che più attraggono di questa pratica è la possibilità di poter monitorare facilmente il proprio progresso, e la soddisfazione che se ne può trarre. Qualcosa che può spesso andare al di là del semplice divertimento: per molte persone la calligrafia può essere anche terapeutica». Una sorta di meditazione, che attraverso il gesto della mano aiuta a focalizzarsi anche sul respiro, a calmare la mente e fermare i pensieri che la affollano.
Gli impieghi della calligrafia nel mondo contemporaneo sono sotto i nostri occhi tutti i giorni ma spesso ci sfuggono: pensiamo ai loghi di alcune famosissime bevande, alle etichette del vino, a molte pubblicità, senza contare gli ambiti più strettamente artistici. «La calligrafia può essere impiegata sia come diletto per l’amatore che come forma di espressività da utilizzare in ambito commerciale» continua Clough. Altro aspetto che spinge i neofiti ad approcciarsi alla materia è che con la calligrafia si crea sempre qualcosa di unico, a differenza dell’uso dei caratteri tipografici (e anche lì sta tornando piuttosto di moda l’utilizzo del torchio e dalla stampa a caratteri mobili proprio per ottenere creazioni grafiche originali e personalizzate).
L’esempio dei writers
«Oggi tanti giovani artisti stanno riscoprendo le forme classiche trasformandole sulla base dei tempi moderni. In Italia ci sono ad esempio Luca Barcellona, Anna Ronchi, Giovanni De Faccio, ma non solo. Uno degli aspetti interessanti è stata la commistione tra il mondo del graffitismo, dei writers e delle loro tag». Così dalla bomboletta al pennino il passo è più breve di quello che sembra.
«Mi fa molto piacere vedere questo rinnovato interesse per la calligrafia proprio in Italia, la sua patria, il Paese che più di tutti ha contribuito al nostro alfabeto latino, soprattutto in determinati periodi storici, come il Rinascimento. Pensiamo ad esempio alla scrittura italica o a quella umanistica: senza l’Italia questi stili non sarebbero mai nati». Si è accorto di particolari differenze nell’approccio alla calligrafia e al lettering tra Italia e altri paesi? «Storicamente ce ne sono moltissime. L’Italia, se mi permette, è il paese dell’anarchia, dove ognuno fa a modo suo. Questo ha dei vantaggi e degli svantaggi. Nell’arte calligrafica e nella tipografia questo ha rappresentato una grandissima varietà, perché ognuno creava i propri caratteri. Ma forse questo è meno vero oggi. Nell’era di internet e dei social la contaminazione tra i diversi stili internazionali è più immediata. E anche il rischio di omologazione è più alto».