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 2017  dicembre 19 Martedì calendario

Il risiko delle valute per il dominio monetario nel ventunesimo secolo

L’economia mondiale necessita un’unità universale di valore per agevolare commercio e investimenti. Da tre millenni, oro e argento svolgono questo ruolo, coniati nella moneta della potenza dominante: daric persiano (la prima moneta aurea, nel 500 a.C.), yuan della Cina imperiale, denarius romano, dinaro ottomano, dollaro spagnolo e sterlina inglese. Alla fine della Seconda guerra mondiale, l’accordo di Bretton Woods (1944) crea l’odierno sistema monetario, il «dollar standard», basato sul dollaro convertibile in oro. All’epoca la moneta degli Stati Uniti è privilegiata perché espressione di un Paese con legittimità democratica, superiorità economica e muscolo militare. Per decenni i benefici sono generali. L’accumulo di dollari all’estero assicura mezzi di pagamento (liquidità) per la ricostruzione. Negli Usa equivale a un enorme prestito internazionale che finanzia benessere e avventure militari.
Questo nel secolo scorso. Da allora, prima il collasso finanziario (2008), poi il declino strategico, e ora la disistima verso la Casa Bianca causano preoccupazione sulla tenuta del sistema basato sul dollaro, che tuttavia rimane potente. Nel mondo, due persone su tre usano valute a esso legate. Le riserve valutarie in dollari sono due terzi del totale globale. Investitori e banche estere detengono BoT statunitensi per oltre 6 mila miliardi. In generale, il dollaro è usato nel mondo 3-4 volte più dell’euro, 10 volte il renminbi (yuan) cinese. Il contrasto tra debolezza degli Usa e forza del dollaro non è un enigma. Storicamente una moneta dominante rimane tale per anni, dopo che il paese esaurisce il ruolo guida. È successo al Regno Unito tra le guerre; succede ora agli Usa. Ma non può durare. Quindi, chiediamoci: quale valuta si prospetta al centro del sistema post-dollar standard? Vediamo i candidati, tra essi un’anti-valuta.
L’euro
La dimensione economica dell’Ue è analoga agli Usa: un sesto del Pil mondiale, pari a 15 mila miliardi di euro. Siamo il secondo mercato di capitali al mondo. Un quarto delle transazioni internazionali è in euro. Risultati impressionanti per una moneta nemmeno maggiorenne. Superata la crisi del debito sovrano (2011), le riforme ora necessarie riguardano il rafforzamento del governo dell’eurozona, l’integrazione dei mercati di capitali e il completamento dell’unione bancaria. Sviluppi che daranno all’euro preminenza globale? Improbabile. Nel suo Dna non c’è tale aspirazione: non è priorità statutaria della Bce, né obbiettivo dei Paesi membri. Soprattutto, all’Ue manca visione politica e capacità strategica. Impossibile immaginare il dollar standard senza Casa Bianca, Pentagono e Dipartimento di Stato. L’euro, privo di istituzioni simili, è condannato a rimanere la giovane moneta della vecchia Europa.
Lo yuan
La Cina è il maggiore esportatore al mondo di merci e investimenti. In termini di potere d’acquisto, il reddito nazionale è analogo a quello Usa. Le riserve valutarie (3 mila miliardi) sono le maggiori al mondo. Anche dal punto di vista strategico la Cina eccelle, con una visione a lungo termine che inquieta il resto del mondo, ma attrae gli investitori. Eppure, il ruolo internazionale della moneta, il yuan, è marginale: 10% delle transazioni commerciali mondiali, 5% delle riserve valutarie. Il mercato azionario è metà di quello Usa. Quale il problema?
L’aspirazione a moneta globale richiede libertà finanziaria, che il regime comunista rifiuta per ragioni ideologiche (incompatibilità con la dottrina) e pratiche (evitare i disastri della finanza occidentale). Occorre soprattutto cambiare modello di sviluppo. Il Paese della moneta dominante consuma, investe e importa più di quanto produce. È successo a tutti gli imperi: Spagna, Regno Unito e, da decenni, gli Usa, il cui prolungato disavanzo commerciale ha assicurato liquidità al mondo. Da un quarto di secolo la Cina fa il contrario.
La quadratura del cerchio potrebbe avvenire in modo diverso, avvincente: ancorare il yuan all’oro. Questo inatteso ritorno al gold standard del secolo passato è realistico. Le riserve auree della Cina, ignote, sono gestite dalla Polizia dell’Oro che segretamente estrae, importa e trasporta lingotti per conto della Banca del Popolo. Ne ha già accumulato, secondo gli esperti, il doppio degli Usa: 16 mila tonnellate, sufficienti a sostenere un yuan aureo.
Bitcoin
Da tre millenni la preminenza di una moneta riflette valore intrinseco, egemonia territoriale e rispetto dell’emittente – un tempo il sovrano, ora la banca centrale. Dopo la crisi finanziaria del 2008 (a causa di essa?) emerge il concetto opposto: una valuta senza valore intrinseco, senza Paese, senza banca centrale. Apolide, virtuale e criptata. Un quantum senza registri o ricevute, concepito dall’ancora misterioso Satoshi Nakamoto. Cos’è più democratico di bitcoin, l’anti-valuta basata sulla anonimità degli operatori, l’apoliticità della gestione, e l’efficienza del processo (blockchain: la catena di blocchi di utenti) che lo genera?

Il recente vertiginoso aumento del valore di bitcoin ha aperto il dibattito: si tratta di una valuta capace di competere con dollaro, euro e yuan? Tradizionalmente la moneta svolge tre funzioni: unità di misura, mezzo di scambio, e riserva di valore. Bitcoin svolge bene le prime due funzioni, ma è inaffidabile come strumento per preservare il capitale. Le oscillazioni del suo valore, enormi, hanno cause diverse: speculazione, esiguità del mercato, operazioni illecite, e altro. Il risultante ciclo di ascesa e discesa per ora preclude ogni ipotesi di virtual standard, un sistema globale basato su una moneta virtuale. Eppure il recente aumento della quotazione, l’entusiasmo degli investitori, e l’inizio delle transazioni sui mercati ufficiali (Chicago) mostrano che bitcoin, neppure adolescente, va preso seriamente. Tale da diventare valuta di riferimento? Non da escludere, secondo lo scenario che possiamo anticipare.
Storicamente, la dinamica dell’economia globale è marcata da nascita e morte dei grandi imperi e relative monete. In tempi lunghi, il declino della pax americana e l’ascesa dell’impero celeste fanno pensare a un avvicendamento tra le loro monete, come unità di riferimento globale. Nel frattempo (una generazione o due) possiamo attenderci coesistenza dollaro-yuan, con un possibile ruolo per l’euro – se l’Europa pone a frutto la maggiore crescita e il minor ridotto di bancarotta sovrana. Questa multipolarità valutaria presenta vantaggi (un migliore allineamento tra politica, economia e finanza rende il sistema più rappresentativo) e svantaggi (tassi di cambio meno stabili rendono il sistema vulnerabile). Presenta soprattutto un’incognita: bitcoin, l’anti-valuta che tanti acquistano, pochi capiscono e nessuno usa. Negli anni potrebbe diventare supernova monetaria, ostacolando l’aspirazione di supremazia monetaria della Cina. Non a caso, mentre il mondo si entusiasma al successo di bitcoin, Pechino lo ha interdetto.