La Stampa, 19 dicembre 2017
I Savoia al pranzo di famiglia. Il ministro Franceschini: «Per me vicenda chiusa, resta a Vicoforte»
Nel giorno del grande pranzo di famiglia dei Savoia a Vicoforte, prima dell’omaggio alle spoglie del re Vittorio Emanuele III e della regina Elena di Savoia riportate in Italia, una sedia foderata in raso rosso è rimasta vuota. Era riservata a Maria Gabriella di Savoia, artefice dell’operazione rimpatrio. I commensali al primo piano del ristorante «La tavola del chiostro», in una sala tutta stucchi e affreschi vietata persino ai camerieri, l’hanno aspettata invano. La sorella di Vittorio Emanuele ha chiamato pochi minuti prima che gli agnolotti fossero in tavola: si dovrà fare un altro pranzo, stavolta a Ginevra, per parlare del destino dei nonni, per i quali Vicoforte sarebbe solo la prima tappa. Il Pantheon di Roma, quella definitiva.
Nonostante quest’assenza eccellente, i Savoia hanno seguito l’appello urlato a squarciagola dai monarchici che li hanno attesi per ore, intirizziti, di fronte alla basilica a fianco delle guardie d’onore alle Reali Tombe del Pantheon: «Viva il re! Avanti Savoia». Invito pronunciato sventolando vessilli monarchici e antiche stampe seppiate della coppia regale. C’era anche l’eurodeputato leghista Mario Borghezio, che per stringere la mano di Emanuele Filiberto rischierà di perdere l’aereo per Bruxelles.
Le salme regali riposano da due giorni nel santuario, mentre oltre il suo il cancello, infuria la polemica. Emanuele Filiberto, quello che ha più familiarità con le telecamere, reagisce con a flemma: «Questa è una giornata felice – dice dopo aver deposto con il cugino Serge di Jugoslavia, due cuscini di rose rosse con la croce di boccioli bianchi al centro davanti alle lapidi – intanto perché i miei bisnonni hanno potuto rivedere le loro Alpi marittime, e poi perché li riporteremo al Pantheon». Parole pronunciate con il sorriso, mentre la folla sgomita per stringergli la mano. «É un momento commovente, le polemiche sarebbero fuori posto – aggiunge – ma sono certo che il mio bisnonno farà lo stesso cammino di quando era in vita e da Torino arrivò a Roma». E se necessario «parlerò addirittura con papa Francesco “se vorrà riceverci”». Conferma il progetto con un filo di voce, nella cappella di San Bernardo, suo padre Vittorio Emanuele, costretto a camminare con un bastone e a chiedere una seggiola durante la preghiera davanti alle tombe dei nonni: «Questo è già un passo importante – dice mentre saluta affettuosamente il rettore della basilica don Meo Bessonema – faremo di tutto per portarli nella Capitale». Accanto a lui, cappotto nero e occhiali scuri, la moglie Marina Doria annuisce: «Il loro posto è il Pantheon».
Sorrisi e determinazione. Questa la linea decisa dalla famiglia durante il pranzo consumato prima della cerimonia al ristorante del Regina Montis Regalis, ex monastero trasformato in hotel dove hanno soggiornato. A tavola, tra un flan di raschera d’alpeggio con pere caramellate e una fassona piemontese al forno con patate, si chiacchiera del buon Nebbiolo piemontese e si ricorda che i tagliolini al ragù di coniglio piacevano già ai bisnonni reali.
Diciotto invitati e una grande assente. Come in una serie di Netflix, è attorno a quel desco ornato di tovaglie bianche e rosse con l’agrifoglio in tinta che si consuma il colpo di scena: l’artefice dello spostamento delle salme a Vicoforte, benché attesa, non arriverà. «Dovevamo esserci tutti», commenta Vittorio Emanuele seduto a capotavola fissando la moglie Marina sul lato opposto. Ai commensali riuniti nella sala affrescata confida che la sorella «ha fatto un mezzo colpo di Stato e che la questione verrà affrontata in un altro pranzo fissato a Ginevra». E qualcuno fra gli aristocratici dell’Ordine Supremo della Santissima annunziata, quando il moscato accompagna la dolcezza del «Monte bianco rivisitato», si lascia scappare che la famiglia «è ormai spaccata in due».
Il pranzo a Ginevra si terrà dopo Natale, ma qualsiasi decisione dovrà tenere conto che da Roma non giungono buone notizie. Il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini, interpellato sulla possibile traslazione delle salme nel Pantheon che dal ministero è gestito, spiega che per quanto lo riguarda «la richiesta è inaccettabile». Dopo aver premesso che della questione si deve interessare la Repubblica nel suo complesso. Ma la volontà dei Savoia è quella di non fermarsi a Vicoforte. Emanuele Filiberto non mostra cedimenti neppure quando i cronisti gli chiedono della dura presa di posizione della comunità ebraica. «La mia famiglia ha sempre condannato le leggi razziali – spiega al volante della sua Range Rover blu targata principato di Monaco – mio nonno ha regnato 47 anni, bisogna pensare alla storia nel bene e nel male per non ripetere gli errori del passato».