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 2017  dicembre 19 Martedì calendario

Cantina Mannoni: meglio giocare a Candy Crush

Questo giornale ha più volte sbertucciato Maurizio Mannoni. Ciò dimostra una volta di più la natura empia del Fatto Quotidiano, che dovrebbe invece trarre ispirazioni da pubblicazioni ben più autorevoli come Il Foglio, Democratica e il Gazzettino di Tregozzano. Mannoni è uno dei più grandi giornalisti nella storia dell’umanità. Sessant’anni, è stato scoperto da Sandro Curzi. Nato a La Spezia, si è fatto le ossa a Video Uno, emittente del Pci. Colonna portante di Rai3: Ultimo minuto, Primo piano, Un giorno per sempre, Tg3, Gt Ragazzi. È poi asceso al soglio pontificio di Linea Notte, striscia semi-clandestina dove si parla di tutto e di niente. Linea Notte è la variante Rai di Casa Vianello, solo che qua siamo a Cantina Mannoni. Raimondo Vianello lo fa Maurizio, che deborda e sciaborda alla conduzione, vantandosi di un uso iper-personalistico del mezzo televisivo (pubblico). Di fatto noi paghiamo il canone anche per permettere a Mannoni di fare quel che vuole sulla Rai: son soddisfazioni. Sandra Mondaini non c’è, ma c’è: è Bianca Berlinguer, che Linea Notte lo conduceva e che adesso è sommamente colpevole di sforare ogni martedì col suo #cartabianca. Mannoni la prende sempre molto bene, reagendo a quei due o tre minuti di ritardo come se la Raggi gli avesse appena bombardato il tinello. La conduzione di Mannoni è straordinaria. Per una serie di motivi.
Carisma. Mannoni trasuda carisma. L’uomo ha il fascino di un bradipo mitragliato da Nardella e il cipiglio di una Fiat Duna che prova a scalare in folle il Pordoi. Grazie a quel suo essere smaccatamente rutilante, Maurizio trasforma le nostre notti in continue Woodstock.
Pentola di fagioli. Mannoni non parla: borbotta. Al posto della cassa toracica ha una pentola che sobbolle con livore. Dalla sua bocca non escono parole, ma reflussi esofagei renziani. C’è, in lui, una così ostentata incapacità di condurre che viene voglia di dargli il Pulitzer per una così marchiana assenza di basi minime. Idolo.
Ospiti immaginari. Nel salotto di Mannoni, quasi sempre, ci sono ospiti che nessuno conosce. Sarà l’orario non proprio invitante o lo share non proprio esaltante, ma chi va da Mannoni è spesso la riserva della riserva. Se un giorno ospitasse i campioni dell’82, l’unico ad accettare l’invito sarebbe Selvaggi. Che poi, un minuto prima della diretta, gli darebbe pure buca.
Nomi lisergici. Linea Notte è una sorta di nowhere inesistente: non va in onda da Saxa Rubra, ma dal multiverso. Da qualche parte deve esistere un mondo parallelo in cui si sciroppano giornalisti come Mannoni, e chissà perché Rai3 ne capta ogni sera le frequenze. Ciò è dimostrato anche dai nomi di alcuni collaboratori. A curare la rassegna stampa capita di imbattersi in tal Tindara Caccetta. Senz’altro professionista valente, anche se dal nome un po’ curioso parrebbe quasi qualcosa di inesistente. Di immaginifico. Magari un personaggio letterario. Inventato da Mannoni.
Menefreghismo. A Cantina Mannoni i primi ad annoiarsi sono gli ospiti. Giorni fa, mentre il padrone di casa borbottava fonemi incomprensibili sul biotestamento, Loquenzi (uno degli ospiti) smanettava in ciabatte sullo smartphone come se fosse a casa sua. Probabilmente giocava a Candy Crush. Con Gozi.
Non avrai altro Mannoni all’infuori di lui. A Cantina Mannoni non c’è democrazia: è Lui che decide cosa è giusto e cosa sbagliato. È Lui a decretare la bontà di questo o quel giornale. È lui a dispensare la Vita e la Morte. Da ciò si evince che Egli, da giornalista, trascende a Entità Divina che tutto può. Sia dunque lode.