Il Sole 24 Ore, 19 dicembre 2017
Chiude lo sportello. Il bancario-consulente è sempre più digitale
C’erano una volta 343mila bancari. Era il 2008. Ci sono oggi – i dati si riferiscono a fine 2016 – 308.500 bancari. L’altro lato della medaglia del “presidio di filiale”, sempre più razionale e attento alla marginalità, che viaggia a un ritmo di quasi mille chiusure di sportelli all’anno, è il lento ma costante calo dei bancari. Avvenuto attraverso accordi sindacali e con l’uso dell’ammortizzatore di settore, il Fondo di solidarietà, che ha consentito uscite volontarie e incentivate per i lavoratori.
Anche quest’anno il rapporto sul mercato del lavoro dell’Associazione bancaria italiana (ieri a Milano è stata presentata la venticinquesima edizione) evidenzia una contrazione dello 0,7% dell’occupazione nel 2016 rispetto al 2015. In numeri questo vuol dire che a fine 2016 i bancari erano 308.500, per effetto di 8.500 uscite di senior e 6.800 assunzioni di giovani. Il calo, seppure costante, è piuttosto contenuto ed è anche l’effetto della staffetta generazionale innescata dagli accordi sui piani industriali che, negli anni passati, hanno sì portato a migliaia di uscite attraverso il fondo di solidarietà, ma anche a migliaia di assunzioni tra i giovani, come testimoniano i dati del Fondo per l’occupazione. A questo proposito il presidente del Comitato affari sindacali e del lavoro, Eliano Omar Lodesani, sottolinea che «il patto generazionale sarà fondamentale per le banche». Il manager riconosce che per i giovani «le banche non sono più attrattive come una volta», ma «hanno bisogno di giovani talenti e di attirarli». Una delle vie, condivise anche con il sindacato, è stata quella di portare tra i millennials l’educazione finanziaria, per fare conoscere loro un mondo che forse, oggi, sentono piuttosto distante.
Il rapporto, va sottolineato, nei calcoli si ferma alla fine del 2016 e quindi non tiene conto delle uscite concordate con gli ultimi piani industriali dei grandi gruppi che, secondo una stima sindacale, accompagneranno fuori dalle banche circa 30mila bancari tra il 2017 e il 2021. Per quanto meno attrattivo che in passato, il credito è però uno dei settori meno precarizzati del paese e con una presenza forte di titoli di studio alti. «Il 99% dei contratti è infatti a tempo indeterminato, mentre i laureati sono il 38,8% del personale bancario», spiega il direttore centrale di Abi, Stefano Bottino. In questo contesto le donne si stanno prendendo anno dopo anno la loro parte: oltre ad essere in costante aumento, con il loro 45,2% ci fanno dire che ormai un bancario su due è donna.
Tra i bancari ci sono quindi sempre più laureati, più donne ma anche più digitalizzati. Il vicedirettore generale di Abi, Gianfranco Torriero, nell’illustrare l’evoluzione dello sportello bancario, ha spiegato che bisogna partire dalla considerazone che «oggi due operazioni su tre sono digitali e che tra il 2012 e il 2016 c’è stata una profonda evoluzione della banca in questa direzione». Una direzione determinata anche dalle abitudini del cliente che in banca ci va sempre di meno ed è sempre più attaccato al suo smartphone: «Se nel 2012 le visite mensili allo sportello erano in media 1,5 oggi sono 1,05», spiega Torriero, mentre «il mobile banking in quattro anni è quadruplicato, passando dal 6% al 24%». Di fronte alla rivoluzione digitale, le banche hanno ridotto gli sportelli fisici tradizionali, stanno riorganizzando la rete a favore dei canali telematici e nell’organizzazione del lavoro stanno andando verso il superamento delle nozioni di spazio e di tempo della prestazione, come mostra anche la diffusione del lavoro agile che, secondo una stima sindacale, oggi interessa strutturalmente circa 15mila lavoratori. Nell’organizzazione del lavoro questo fa sì che i bancari impiegati in mansioni operative allo sportello sono in costante calo, mentre cresce il numero di chi è impiegato in attività a più alto valore aggiunto: il commerciale, la consulenza specializzata, il customer service anche fuori sede. Attività che portano a lavorare sempre più fuori dalla banca con una modalità di relazione diversa con il cliente per cui è sempre più il bancario che va dal cliente, sia fisicamente sia utilizzando strumenti di comunicazione a distanza, grazie alle nuove tecnologie.
In questo mondo in forte evoluzione, le molte migliaia di uscite hanno cambiato le proporzioni delle fasce generazionali – con gli under 35 che sono passati dal 25,8% del periodo pre crisi al 13,7%, la fascia 36-55 dal 66,1% al 65,6% e gli over 55 dall’8% al 20,7% – non stanno cambiando significativamente gli equilibri tra gli inquadramenti in banca dove ancora oggi dirigenti e quadri direttivi rappresentano quasi la metà del personale. Nel dettaglio lo 0,03% dei lavoratori appartengono alla prima area professionale, lo 0,8% alla seconda area, il 55,7% alla terza, il 41,3% sono quadri direttivi, mentre il 2,1% sono dirigenti. Con tutte le conseguenze sul costo del lavoro che, se inserito in un confronto internazionale, mostra le banche italiane nella condizione di chi deve continuamente rincorrere i competitor sul tema dei costi, senza peraltro riuscire a fare grandi avanzamenti per colmare il gap a sfavore sui principali indicatori che vengono utilizzati nella valutazione dell’efficienza della gestione della struttura di costo, e del costo per il personale, oltre che sulla redditività. Se prendiamo le banche domestiche, il costo del lavoro per dipendente in Italia è oggi pari, in media, a 81mila euro, in crescita rispetto ai 75mila del 2016, quando in media in Europa il costo unitario del lavoro è rimasto sostanzialmente pari a un anno fa, a 59.600 euro.