il Fatto Quotidiano, 19 dicembre 2017
Bellomo già fermato nel 2000: «Scarso equilibrio»
Francesco Bellomo bocciato ben due volte come giudice per problemi caratteriali. Probabilmente è proprio per questa stroncatura che l’attuale consigliere di Stato, indagato e con una radiazione in sospeso, lasciò la magistratura ordinaria per intraprendere la carriera di magistrato amministrativo, fino a poche settimane fa segnata da successi professionali e ingenti introiti grazie alla sua scuola “Diritto e Scienza”, che poteva essere frequentata da studentesse aspiranti magistrato e borsiste sole se giuravano fedeltà “all’agente superiore”.
Le bocciature di Bellomo, le uniche, risalgono al 2000-2001. Erano gli anni da pm a Nicosia (Enna) e poi da sostituto procuratore generale a Caltanissetta. L’attuale consigliere di Stato, però, vuole cambiare passo. Vuole diventare giudice. Fa la richiesta e accade quello che proprio non si aspettava: lo stronca il Consiglio giudiziario (il Csm “locale”) di Caltanissetta, con un parere negativo che sembra sorprendentemente coerente con i fatti che stanno emergendo adesso, a distanza di ben 17 anni. E pensare che all’inizio della sua carriera, Bellomo era stato valutato come un “magistrato di grandissimo valore”. Poi nel 2000 arriva lo stop: non può fare il giudice per la sua “arroganza” e perché non è equilibrato. Il parere di Caltanissetta, che Il Fatto ha potuto visionare, sembra un prologo per spiegare come Bellomo arrivi a concepire quel contratto della sua scuola che lede “la dignità delle persone”.
È l’11 maggio del 2000 quando il Consiglio nisseno scrive: “Nel carattere del dottor Bellomo ci sono tratti di arroganza intellettuale e una certa insofferenza alle regole e ai rapporti pseudogerarchici”. Dunque, i componenti di quel Consiglio ritengono Bellomo un magistrato che si sente in qualche modo superiore. Ed effettivamente anni dopo si auto assegna come quoziente intellettivo “181”, praticamente si dà del genio.
Lo stesso Consiglio scrisse: questa arroganza e questa insofferenza alle regole “sono segnali allarmanti che possono denotare scarso equilibrio”. Cioè riteneva pericoloso che Bellomo potesse giudicare altre persone, determinandone la sorte.
L’anno dopo, nel 2001, Bellomo si vede respingere nuovamente la richiesta di diventare giudice anche se il parere negativo riconosceva che aveva cominciato a recepire le osservazioni precedenti. Bellomo, però, lascia la toga di magistrato ordinario per indossare quella di amministrativo. Da consigliere di Stato concepisce un contratto con le aspiranti magistrato che sembra avere le modalità di una setta: clausole su chi frequentare, ordine di silenzio, pena denuncia, dress code. Anni di vessazioni – secondo le ipotesi accusatorie disciplinari e penali – senza che gli organismi di controllo della giustizia amministrativa si siano insospettite. Si sono mossi dopo la disperata denuncia del padre di una studentessa nel dicembre del 2016. Il 10 gennaio l’Adunanza generale (il plenum) deve ratificare, o meno, il massimo della pena, la destituzione, avanzata dal Consiglio di presidenza guidato da Pajno.