il Fatto Quotidiano, 19 dicembre 2017
Bellomo indagato: lesioni, minacce ed estorsione
Tra Carpaneto Piacentino e la strada che corre verso il castello medievale di Gropparello. Inizia qui lo scandalo a luci rosse che ha travolto un magistrato del Consiglio di Stato e un pm di Rovigo, oggi, secondo quanto risulta al Fatto, indagati a Piacenza per minacce e lesioni. È qui, dunque, tra cascine e capannoni industriali, che l’inchiesta su Francesco Bellomo e Davide Nalin prende corpo e sostanza. Qui una delle allieve del corso di formazione per magistrati torna dopo aver subito per mesi le pressioni indebite di Bellomo. Lei che con lui ha intrattenuto una relazione sentimentale poi finita e che, grazie a una borsa di studio, aveva avuto la possibilità di frequentare la scuola dello stesso Bellomo. Il resto è noto. Quel contratto folle fatto firmare alle allieve e del quale mai fu consegnata copia. Le richieste di abbigliamenti particolari e persino limiti a fidanzamenti e matrimoni. E le minacce di una penale da 100 mila euro e di ostacoli alla carriera se non si fosse allineata. Infine le violenze psicologiche.
L’aspirante giudice così racconta tutto al padre, il quale mette insieme due esposti, uno per la Procura di Piacenza e uno per il Consiglio di Stato a Roma. A Piacenza il fascicolo, un anno fa, viene aperto senza ipotesi di reato. A giugno cambia. Le persone iscritte con accuse molto gravi sono lo stesso Bellomo e Davide Nalin che avrebbe fatto da tramite o paciere tra il consigliere e le ragazze.
L’accelerazione, come detto, si è avuta quando la ragazza è riuscita a testimoniare. Fino ad allora, raccontano fonti vicine alla famiglia, il disagio fisico e psicologico erano stati enormi, fino a pensare al suicidio. Qui nel Piacentino pochissimi conoscono i particolari, solo qualche parente. E del resto la lunga mano di Bellomo è arrivata fino a qua. Pressioni sono state fatte addirittura sui carabinieri di Carpeneto. Ufficialmente l’abboccamento è legato a presunte insolvenze sul contratto fatto con la scuola da parte della ragazza. La richiesta di Bellomo di una conciliazione. Il magistrato, addirittura, chiede per la ragazza l’accompagnamento coattivo. Tutto, per fortuna, si blocca quando la notizia arriva alla Procura. Non è finita. Dalla cerchia stretta dei parenti della presunta vittima emerge anche il tentativo di Bellomo di carpire notizie in Procura, inviando, in un caso, una giovane che si è fatta passare per una sua assistente. Tentativo fallito. La Procura di Piacenza, guidata dal dottor Salvatore Cappelleri, prosegue nell’inchiesta. Agli atti c’è una corposa documentazione estrapolata, soprattutto, dall’analisi sui computer. Due consulenze saranno depositate a breve. La situazione resta, però, delicata, perché Bellomo ha reagito denunciando lo stesso padre della ragazza per diversi reati tra cui “l’accesso abusivo a un sistema informatico”.
Intanto la Procura di Bari, nell’inchiesta condotta dal procuratore aggiunto Roberto Rossi, ha iscritto Bellomo nel registro degli indagati con l’accusa di estorsione per i contratti destinati alle borsiste che oltre al dress code prevedevano che vicende personali finissero nella rivista della scuola. Proseguono anche gli accertamenti fiscali, con la Guardia di Finanza che sta analizzando i documenti acquisiti nella sede della società Diritto e Scienza. Ieri è stata ascoltata in Procura come persona informata sui fatti l’ex borsista, oggi avvocato 28enne, Rosa Calvi.
Ha raccontato, come aveva già fatto al Corriere, della richiesta di Bellomo di “perdere peso”, della proposta di “ricorrere a delle punturine” per togliere “le borse sotto gli occhi”, del tentativo di baciarla che lei rifiutò, “lui mi disse che era soltanto un bacio d’affetto”, e dell’addio alla scuola. Non ha fatto il concorso in magistratura, “ero turbata”, ricorda, ma ci riproverà. Perché ha parlato solo adesso? “Nell’immediatezza – ha detto l’avvocato Calvi – ho avuto paura di ripercussioni nella mia carriera. Adesso che la vicenda è nota, ho ritenuto mio dovere morale raccontare quel che conoscevo. Anche per incentivare chi non aveva il coraggio. E infatti sono stata contattata da altre quattro ragazze, che mi hanno ringraziato, perché sanno di non essere sole. Sono stata ascoltata come persona informata sui fatti, non ho depositato alcuna denuncia. Il mio interesse non è denunciare Bellomo, ma far conoscere a tutti la verità”.