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 2017  dicembre 19 Martedì calendario

Ecco la guida semiseria all’interismo di un cronista sulle tracce del «Pres»

Los Angeles, esterno giorno. Un giornalista italiano dall’aria naïf è al seguito dell’Inter di Mourinho nella tournée americana e sta bevendo un caffè. Occhi chiari spalancati come la camicia di lino, aspetta di fare un’intervista. Il campione arriva, l’inviato si alza e gli stringe calorosamente la mano: «Ciao Sebastian!». Il giocatore alza gli occhi al cielo e mormora: «Cominciamo bene». L’intervistato è Cambiasso, che di nome fa Esteban. Il romanzesco intervistatore è Claudio De Carli, firma dello sport del Giornale e autore-protagonista di Aspettando Moratti (editore Indiscreto, 425 pp., 18,90 euro), uno dei più curiosi libri calcistici finiti sugli scaffali.
Il tifo è una fede con dogmi, santi e misteri, sia gaudiosi sia dolorosi. L’interismo, in particolare, ha fatto nascere nei suoi adepti centinaia di interrogativi: perché in vent’anni mai un terzino sinistro decente? Mourinho è umano o discende direttamente da Amon Ra? Perché ogni scazzo ad Appiano finisce sui giornali? Cose così. Ecco, il libro di De Carli è una guida semiseria alle curiosità nerazzurre, scritta da chi per vent’anni, come giornalista, ha bazzicato il grande circo dell’FC Internazionale sotto la guida di Massimo Moratti, il Mangiafuoco meno Mangiafuoco e più fata turchina del calcio italiano.
Prima avvertenza: è un libro proprio interista, non solo sull’Inter. Il Deca, come lo conosciamo noi al Giornale, lo è sempre stato e non finge di non esserlo. Si dimentica qualche derby perso, a volte dà la colpa all’arbitro anche se gli arriva a casa una multa, ma il punto non è questo. Il fatto è che racconta aneddoti esilaranti e retroscena succulenti sulle montagne russe interiste dal 1995 a oggi. E tra appostamenti e scoop, alla fine le pagine te le bevi anche se i colori nerazzurri in fondo non li hai digeriti mai.
Il primo colpaccio è Massimo Paganin che rivela l’imminente esonero di Osvaldo Bianchi. Retroscena? Il Deca si era scordato che non c’era allenamento e la Pinetina era deserta. A parte un loquacissimo Paganin appunto. Fortuna audaces adiuvat. E che dire della notte passata chiuso dentro il castello dove lo Schalke 04 era in ritiro prima della finale Uefa del ’97? E ancora l’intervista a Lucescu nel traffico di San Babila, Ronaldo che sbrana panini al prosciutto, Mou che gli rivela l’addio di Ibra. Leggere diventa come avere una Go-Pro dietro le quinte del calcio, pronta a mostrarti di nascosto l’effetto che fa vivere e raccontare l’Inter dal vivo.
Mentre aspettava Moratti, quello che «sbaglia, paga, si corregge e vince», il Deca ha visto cose che noi tifosi non possiamo immaginare, da Taribo West in tunica e ciabatte a Gilberto preso per fare da chaffeur al Fenomeno. E si è fatto delle idee. Per esempio sull’addio di Ronaldo, «un bimbo che il presidente porta al parco con la palla colorata, lui ci gioca, incanta tutti, ma dopo un po’ si stufa e si mette a leggere Topolino»; oppure su Calciopoli, dove con buona pace degli juventini «la verità non sta nel mezzo». Giudizi da posizione privilegiata, a volte ironici («Pandev sembrava facesse il sudoku a centrocampo»), a volte affettuosi («Mourinho si atteggiava a padrone del vapore, ma è stata la persona più importante che ho intervistato, insieme a Silvio Berlusconi»), ma comunque sempre leggeri. Perché non c’è Zhang che tenga, non contano i miliardi spesi e la prostitussione inteletuale: il calcio è un gioco, l’Inter è pazza e sentirla raccontare così la rende (un pochino) più simpatica pure a chi sta in un’altra parrocchia.