la Repubblica, 19 dicembre 2017
Una copertina e i fratelli, cosa c’è dietro il gelo fra la Juventus e Dybala
Torino Domani Paulo Dybala sarà titolare con il Genoa in Coppa Italia, partita fredda in una notte gelida: sarà a lui scaldarsi, cercando da qualche parte dentro di sé la scintilla che non scintilla di più. La crisi del calciatore più bravo della serie A non è colpa di di vizi e stravizi, non c’entrano le donne o le notti bianche con le quali viene comodo spiegare perché uno passi da un capolavoro a una cilecca. Il problema è che ha smesso di pensare al gioco del calcio, come gli ha detto Allegri, «per quello che è: un prato rettangolare con una porta di qua e un’altra di là». Per Dybala non è invece una questione più così semplice, ha smesso di esserlo quando da ambizioso lo hanno convinto a essere arrivista, a togliere il poster di Messi dal muro e a diventare un personaggio, oltre che una persona. Perciò Marotta ha citato Pirandello: «Deve trovare la conciliazione tra le due cose».
Tutto è cominciato quando Dybala ha scaricato il suo procuratore storico, Triulzi, affidandosi ai fratelli maggiori Gustavo e Mariano, che su Paulo, rimasto orfano di padre a 15 anni, hanno un forte ascendente. Così forte, temono alla Juve, da condizionarlo pesantemente. I Dybala hanno preso come riferimento la gestione “familiare” di Neymar, giocatore grandissimo attorno al quale ruota un indotto ancora più grande, un mondo di followers e like in cui il calciatore di plastica è famoso e fa soldi più di quello in carne e ossa. Così, alle pose su social e riviste è stata data più importanza della posizione in campo. Sull’ultimo numero di Vanity Fair c’è la sua foto in copertina a petto nudo, addominali scolpiti: ecco, mai juventino era finito con i muscoli in vista su carta patinata. Al terzo piano della sede alla Continassa, hanno sfogliato il giornale e scosso la testa, preoccupati.
Alla Juve vorrebbero che Dybala tornasse a calarsi nella sua realtà, al suo livello, che è alto ma non è quello di Neymar che ha già vinto la Champions e spopola con la nazionale, né di Messi ( non se ne parla neanche), mentre Paulo è ancora fermo all’unica notte veramente mondiale della sua carriera ( la doppietta al Barcellona ad aprile) e nell’Argentina è ai margini. Dalla trasferta intercontinentale di ottobre è tornato depresso, malaticcio e in sovrappeso, malgrado lo strappo che Messi gli ha dato sul suo charter per il viaggio di rientro. Per reazione, in campo è diventato più egoista, meno disponibile al gioco di squadra. E di fronte ai rimproveri si è chiuso in se stesso, infastidito, anche quando l’allenatore gli ha fatto presente che semmai infastiditi dovrebbero essere i compagni. «Deve aiutarsi da solo, deve scattargli qualcosa in testa» dice Allegri, ed è vero. ma lui ha una tendenza al pessimismo.
Molti sperano che con l’anno nuovo la gestione di Gustavo&Mariano (che Paulo difende a spada tratta) ceda il passo a un procuratore più preparato, forse Mendes (scuderia Cristiano Ronaldo, quindi), mentre l’assalto di Raiola sarebbe andato a vuoto. Anche l’anno scorso Dybala passò un Natale difficile: Allegri lo tenne in panchina in Supercoppa e lui reagì stizzito. Alla vigilia della partita rifiutò di esercitarsi ai rigori, «perché tanto domani non gioco», però poi entrò a gara in corso e fallì il rigore decisivo. Ma non sta imparando da quell’esperienza: a 24 anni, ha ancora margini di immaturità troppo ampi per un fuoriclasse. Il quasi coetaneo Neymar gli sta avanti anche in questo, non soltantoo per i gol che segna e i soldi che guadagna.