la Repubblica, 19 dicembre 2017
L’amaca
Ragionando in astratto sarei volentieri monarchico, è bella l’idea di una signora o di un signore che incarni lo Stato a prescindere. Hanno forma monarchica parecchie tra le democrazie più avanzate del mondo, Danimarca, Svezia, Norvegia, mettiamoci pure la Gran Bretagna e pazienza per Brexit; e viceversa la dittatura può tranquillamente allignare anche in territori repubblicani. Solo che in Italia non è più possibile esserlo, monarchici, dopo che i Savoia ressero la coda alla tragicommedia del fascismo e alle abominevoli leggi razziali, che scempiarono la vita di molti italiani innocenti. Un re dovrebbe proteggere i suoi sudditi, non consegnarli alle Esse Esse, e tanto basta (e avanza) per finirla di cianciare a sproposito di tumulazioni al Pantheon e consimili.
Volendo, per dare all’idea monarchica una residua ragione d’essere, sarebbe urgente individuare, in vece dei Savoia, una nuova famiglia regnante. Non importa se operai o marchesi, se contadini o professionisti, purché in regola con il fisco e le leggi e in grado di sedersi a tavola senza disgustare i commensali: questo per dirottare altrove quei mesti capannelli di ex dignitari disoccupati e anziane dame con la rendita al lumicino che non a Versailles o a Vienna o a Pietroburgo, ma a Cuneo, si accalcano attorno alle reliquie sabaude in attesa del rinfresco. Per dire quanto inutile sia il loro zelo, basti dire che tra gli assenti c’erano anche diversi Savoia. Un ramo minoritario: quello che, avendo un lavoro, non poteva assentarsi.