Corriere della Sera, 19 dicembre 2017
Schianto a Capalbio Matteolimorto sulla strada contro cui si batteva
ROMA Gli è stato fatale un tratto di strada statale che, nei suoi piani di ministro dell’Ambiente e soprattutto dei Trasporti, doveva essere «superato» da un’autostrada. L’ha ucciso quella stessa strada su cui anni fa aveva rischiato la vita al punto che – ricorda oggi Maurizio Bianconi, parlamentare e suo corregionale che l’ha incrociato per una vita intera, dal Msi al Pdl passando per An – «quella volta chiesero a tutti i suoi colleghi e amici il gruppo sanguigno, perché Altero stava talmente vicino alla morte che aveva bisogno di trasfusioni rapidissime... E la morte, proprio là, anni dopo, è arrivata».
Un incidente stradale nei pressi di Capalbio s’è portato via ieri pomeriggio Altero Matteoli, senatore di Forza Italia, sempre ministro nei governi di Berlusconi, parlamentare per tutte le legislature da quella iniziata il 12 luglio 1983 a quella che si sta concludendo oggi. Prima con il Movimento sociale, poi con An, quindi con il Pdl, oggi con Forza Italia.
Quel pezzo di Aurelia dove ieri pomeriggio ha perso la vita, dopo lo scontro frontale tra la sua Bmw e una Nissan, era per lui un cruccio. Di quei crucci che, a conti fatti, sanno trasformarsi in una maledizione. «Quella strada non va bene», diceva sempre agli amici dopo essere sopravvissuto al primo incidente. «Ci sono dei pericolosissimi incroci a raso», spiegava invece da ministro le volte che, in nome della costruzione dell’autostrada Tirrenica Livorno-Civitavecchia che doveva passare da Capalbio, incrociava le lame della dialettica contro il corposo gruppo di intellettuali e ambientalisti che hanno sempre osteggiato quell’infrastruttura. Che non ha mai visto la luce. Come non hanno mai visto la luce altri provvedimenti auspicati dal Matteoliministro, come l’elevazione dei limiti di velocità in autostrada da 130 a 150 chilometri orari.
All’arte del duello, lui ch’era un giovane missino in terra rossa – era originario di Cecina – l’aveva iniziato Beppe Niccolai. E all’ala più dura del Movimento sociale Matteoli rimane fedele per più di trent’anni, compresa la volta che nel 1990 sostiene Rauti nel congresso che decreta la sconfitta di Fini. Poi, con Fini alla guida di An, inizia un sodalizio lunghissimo, che non sarà scalfito nemmeno quando due cronisti del Tempo lo sorprendono in un bar a commentare polemicamente le strategie di «Gianfranco» con La Russa e Gasparri. «Ragioniere» (come da diploma e come da soprannome attribuitogli dagli amici per le sue doti di grande organizzatore) e poi «ingegnere» (per una contestata laurea honoris causa dell’università di Perugia), Matteoli ha attraversato tutte le epoche del berlusconismo. Prima da finiano, poi da berlusconiano doc. Nel 2014 è nella lista dei cento indagati per l’inchiesta sul Mose, condannato in primo grado a quattro anni di reclusione per corruzione lo scorso 14 settembre.
Ma la passione più grande, politica a parte, era la Juventus. Una volta che gli rubarono in casa, passò la notte al telefono con la moglie per sincerarsi che i ladri non si fossero portati via il servizio di posate ufficiale dei bianconeri. Lei lo tranquillizzò. «Stai tranquillo, Altero. C’è ancora. Neanche i ladri l’hanno voluto».