La Stampa, 7 settembre 2019
RIECCO THOMAS, PER LETTORI SADOMAS - PIKETTY SFORNA ALTRE 1223 PAGINE CHE SARANNO MOLTO COMMENTATE E POCO LETTE: ’’CAPITALE E IDEOLOGIA’’ PROPONE UN ’’SOCIALISMO PARTECIPATIVO PER CORREGGERE LE DISUGUAGLIANZE’’. LA RICETTA? PATRIMONIALI A GO-GO SUI RICCHI, COGESTIONE ALLA TEDESCA NELLE AZIENDE, PROPRIETÀ TEMPORANEA. E OPPOSIZIONE ALLE POLITICHE DI MACRON PERCHÉ… -
Destinati fatalmente alle ineguaglianze sociali? Rassegnati all’ ingiustizia? No, basta. Il nuovo (attesissimo) libro di Thomas Piketty, 48 anni, economista francese superstar, è un antidoto alla rassegnazione: parte dall’ analisi dello stato delle cose ma propone pure un «socialismo partecipativo» senza premesse di tipo marxista. «L’ ineguaglianza non è economica o tecnologica - scrive Piketty -, ma ideologica e politica». Insomma, si può correggere. E molto con la leva fiscale.
Il capitale nel XXI secolo, pubblicato dallo studioso nel 2013, tradotto in 40 lingue, ha totalizzato oltre due milioni e mezzo di copie vendute. Ecco il seguito, Capitale e ideologia, la bellezza di 1232 pagine. L’ altro testo era stato criticato per l’ eccessivo centrismo occidentale. In un’ intervista appena rilasciata a Le Nouvel Observateur, Piketty ha fatto il suo mea culpa. «Nel nuovo libro ho allargato lo sguardo.
Ritorno sul passaggio dalle società «ternarie» (fondate su tre classi: nobilità, clero e lavoratori) a quelle di proprietà, ma studio anche le società schiaviste, coloniali, comuniste, postcomuniste, socialdemocratiche, il caso delle caste in India ma pure in Brasile, Cina, Russia».
Ha viaggiato e attinto alle fonti più diverse. Ne viene fuori un excursus molto lungo, dove all’ economia si mescolano riferimenti storici, di scienza politica, perfino letterari (Honoré de Balzac e Jane Austen utilizzati per spiegare le ineguaglianze sociali). Alla fine dell’ introduzione del libro (pubblicato da Seuil in Francia, lo sarà dalla Nave di Teseo in Italia fra qualche mese) invita «ognuno a seguire il suo cammino», dando la libertà a saltare passaggi per arrivare alla parte propositiva.
Ma è in quella precedente che si smontano certi luoghi comuni, come quello del modello sociale svedese che sarebbe connaturato al Paese, radicato nell’ epoca dei Vichinghi. In realtà nel 1910 un sistema basato sul censo riconosceva ai più ricchi un voto alle elezioni che pesava cento volte più di quello di un cittadino «nomale»: se la Svezia è diventata quella che conosciamo oggi, si deve all’ applicazione successiva e volontarista di politiche specifiche.
Niente è impossibile. La patrimoniale è inapplicabile? Porterebbe a una recessione sicura? Fra gli anni 50 e 60 gli Stati Uniti imposero il salario minimo più alto del mondo. E tra il decennio dei Trenta e gli Ottanta applicavano all’ imposta sui redditi aliquote fino al 70-90% per i più benestanti.
Ebbene, a quell’ epoca la crescita economica era nettamente più rapida di quella che sarebbe diventata in seguito. Piketty se la prende con la «sacralizzazione della proprietà», accelerata dal reaganismo (che «considerava i miliardari i salvatori del mondo») e dal fallimento dell’ esperimento sovietico («il postcomunismo ha favorito l’ ipercapitalismo»). Ma allora, oggi che fare? A differenza di un socialismo sovietico gestito da uno Stato potente e onnipresente, bisogna procedere verso un «socialismo partecipativo». Questo si applica innanzitutto grazie a una «proprietà sociale».
Occorre sviluppare la cogestione nelle imprese, già sperimentata in Germania e nei Paesi nordici. Nelle grandi aziende, anche il più grosso azionista non potrà disporre più del 10% dei diritti di voto in assemblea, e il 50% andrà in ogni caso ai dipendenti. La proprietà, poi, diventerà temporanea, grazie a un’ imposizione davvero progressiva, dallo 0,1% sui piccoli patrimoni (fino a 100 mila euro) al 90% oltre i due miliardi.
Dire (come in Francia ha fatto Macron) che i più ricchi debbano essere tassati meno, perché investano e rimettano in circolo la loro ricchezza, è per Piketty un controsenso, come dimostra il fatto che da Reagan in poi gli Usa hanno rallentato la loro corsa. Infine, proprio quell’ imposizione fiscale permetterà di creare una «dotazione universale di capitale», una cifra che ogni cittadino riceverà a 25 anni, il 60% (in Francia 120 mila euro) del patrimonio medio: per comprarsi un primo alloggio, ad esempio.
Da sottolineare: la «rivoluzione» di Piketty agisce sulla base di un’ ideologia che è autonoma rispetto alla situazione economica. Siamo ormai lontani dalla struttura marxiana e da una sovrastruttura ideologica, meccanicamente prodotta.