Il Messaggero, 3 novembre 2014
Fantozzi diventa una graphic novel. Intervista a Paolo Villaggio
«Chiariamo: non è stata mia l’idea di realizzare una graphic novel su Ugo Fantozzi, ma del vignettista Francesco Schietroma. Circa un anno fa, al termine di un mio spettacolo teatrale, venne a trovarmi in camerino per propormi il progetto. Non gli risposi subito. Poi, dopo aver visto qualche tavola, mi sono convinto». Così Paolo Villaggio, 83 anni il 30 dicembre, presenta Fantozzi forever, il primo libro a fumetti con protagonista il ragioniere più iellato d’Italia, nei negozi da mercoledì 5 novembre per i tipi di Cairo Publishing.
In questa nuova avventura il ragioniere si barcamena tra tasse, crisi economica e social media...
«Sì, la storia è ispirata a Fantozzi, ma è una fotografia della vita di oggi».
Fantozzi incontra Villaggio...
«L’idea di un incontro tra Villaggio e Fantozzi era già contenuta in uno degli ultimi libri su Fantozzi. L’abbiamo ripresa e sviluppata. Ormai in pensione da vent’anni, Fantozzi si racconta a tutto tondo, tra le vessazioni della moglie Pina e della figlia Mariangela, ormai cinquantenne ed emigrata in Australia per cercare lavoro. Nel libro tornano i personaggi storici, ma c’è una novità: un nipote, ventenne e disoccupato, che si prodiga a dargli lezioni di Facebook».
Ha intenzione di portare il fumetto al cinema?
«La verità? Mi piacerebbe perché sono in miseria, ma non credo che interessi ai produttori. Del resto, dopo dieci film, il personaggio è stato fin troppo sfruttato. Colpa della mia avidità di denaro».
Ma il ragionier Fantozzi resta ancora un personaggio attuale?
«Va verificato. Mi spiego: nel vocabolario italiano fantozziano è diventato sinonimo di sfigato, ma forse anche di antico. Il Fantozzi con il basco e la Bianchina è un retaggio del passato, ma l’essenza del personaggio è attuale».
Quando nel ’68 presentò il personaggio di Ugo Fantozzi avrebbe mai immaginato che l’aggettivo fantozziano sarebbe entrato nel vocabolario Zingarelli?
«Assolutamente, no. E non nego che, per me, sia stata una soddisfazione: come lo era stato per Fellini, con cui ho girato il mio penultimo film, avere sdoganato la parola paparazzo».
Chi sono i Fantozzi oggi?
«Quasi tutti gli italiani. Ecco perché Fantozzi ha successo da oltre 40 anni. Gli italiani sono rassicurati dal sentirsi parte di un genere umano povero, brutto e buffo come Fantozzi».
Renzi e il governo. Sono i nuovi megadirettori galattici?
«No, perché ormai i politici non sono stimati dalla gente. Anzi: lo sport nazionale è parlare male della politica. Negli anni ’80 il clima ero diverso: allora c’erano i veri potenti, uno su tutti l’Avvocato Gianni Agnelli, persone stimate e apprezzate per loro qualità diplomatiche o abilità manageriali. Oggi i megadirettori galattici sono piuttosto i presidenti facoltosi dei club di calcio più forti, quasi i soli che suscitano ammirazione, invidia e stima per la loro condizione».
Ha fiducia nella capacità di rinnovamento del nostro Paese?
«No, per nulla. C’è troppo disfattismo. Il 90% degli italiani è deluso dai risultati ottenuti, arrabbiato, senza fede e schiavo del dio denaro. Risultato? È fottuto».
E lei ha fede in Dio?
«No. Del resto, non credo che nemmeno il Papa ce l’abbia. Quando ero giovane si riteneva che Dio, Gesù e la Madonna fossero la verità. Ma allora sapevamo che esisteva solo il sistema solare. Oggi sappiamo che l’universo è fatto di miliardi di galassie. Diventa davvero difficile credere in Dio. Vi racconto un aneddoto. Qualche anno fa, durante una festa, incontrai Margherita Hack. Timidamente, a un certo punto, le chiesi che concetto avesse di Dio. Non lo avessi mai fatto! Ha iniziato a urlare come una belva: Non mi faccia le solite domande del c... Viviamo in un universo di miliardi di miliardi di galassie mille volte più grandi della Via Lattea... E se ne andò arrabbiatissima».
La sua ambizione ancora da realizzare?
«Se mi guardo indietro, sono molto soddisfatto. A 82 anni quello che resta è la speranza di prolungare l’orgoglio che deriva dal successo. Ormai sono entrato nella vecchiaia, primo segnale che la vita stia per terminare. Considerato che non ho fede nell’aldilà e che credo ciecamente nella vita, vorrei morire all’età di Rita Levi-Montalcini».