Dieci anni di Repubblica, 30 novembre 1977
Frutti avvelenati dai fiori del ’68
La morte di Carlo Casalegno conclude nel modo più tragico l’attentato di tredici giorni fa ed aggrava la già cupa atmosfera di tensione esistente a Torino e nel resto del paese. Poche ore prima, a Bari, un altro innocente era caduto sotto i colpi di coltello dei fascisti: il colore degli assassini è diverso, ma sono identici il cieco fanatismo e la sanguinaria violenza che hanno armato le loro mani (1).
Il pianto del famigliari, raccolti intorno a quel lettino d’ospedale, il dolore del figlio Andrea, uno dei primi militanti di Lotta Continua del ’68, danno la misura disumana del fatto e sono la prova di quanto rapidamente siano appassite le speranze di rinnovamento nate dieci anni fa. Dai fiori d’allora sono nati frutti avvelenati: colpa di noi tutti, anziani e giovani, incapaci nella stessa misura di combattere gli assassini e di ricreare i valori d’una civile convivenza.
Perché il sangue innocente di Casalegno non sia stato sparso invano, occorre ora che sulla sua bara si rinnovi il patto di solidarietà democratica che vide uniti insieme nella Resistenza operai e intellettuali, borghesi e contadini e popolo, al di là d’ogni egoismo di classe. Casalegno sfidò allora il piombo fascista per preparare una società nuova e migliore. Lo stesso ideale ci sorregga e ci spinga a continuare, mentre rendiamo l’ultimo saluto alle sue spoglie mortali.
Note: (1) Benedetto Petrone, 18 anni, comunista, era stato ucciso a coltellate il 28 novembre in piazza Massari a Bari.