Dieci anni di Repubblica, 24 settembre 1977
«Scemo, scemo» e l’internazionale
Mancano cinque minuti alle 3 del pomeriggio. Secondo il programma dovrebbe iniziare l’assemblea generale dei partecipanti al convegno sulla repressione. Sulle scalinate del palazzo dello Sport ci sono circa tremila persone. Buona parte, almeno un migliaio, sono dell’area dell’autonomia. Sono lì seduti sulle sedie dalle 10 della mattina. Prima hanno tenuto una loro assemblea, poi, in pratica hanno occupato il palazzo dello Sport. Sono seduti dietro il tavolo della presidenza, e un folto gruppo staziona alla fine del breve tunnel che dall’ingresso porta al parterre. C’è molta confusione, slogan urlati, battimani scanditi, ma la gente che sta arrivando entra tranquillamente. Poi all’improvviso c’è un confuso agitarsi. Dal banco della presidenza si sente nel microfono una voce roca che urla: «C’è uno che vuole entrare con una spranga...».
Ragazzi con bandiere arrotolate si precipitano giù dalle scalinate e raggiungono l’ingresso. Da una parte dei presenti si incomincia a gridare «scemo scemo»: dall’altra, gli autonomi iniziano a scandire lo slogan «Autonomia Operaia organizzazione, lotta armata per la rivoluzione». Fuori sulla porta un gruppo di «via dei Volsci», i duri dell’Autonomia romana, vuole perquisire i primi militanti dell’Mls arrivati in corteo dalla facoltà di Fisica dove si sono raggruppati. Urlano che uno dell’Mls ha una chiave inglese sotto la giacca.
Sta per accadere quello che per tutta la mattinata i più avvertiti e informati tra i partecipanti al convegno temevano: lo scontro fisico tra un gruppo dell’Autonomia Operaia organizzata e l’Mls. Tra i due schieramenti da tempo non corre buon sangue.
Ore 15. Il gruppo di Autonomia Operaia che è sulla porta fa una breve carica e conquista i cancelli del Palazzo dello Sport. Fuori, fuggi fuggi di chi ignaro sta arrivando. I militanti dell’Mls si schierano nella piazzetta antistante la costruzione, braccio sotto braccio. Per un paio di minuti i due gruppi si fronteggiano, sono distanti una decina di metri. Poi dal Palazzetto tra il gruppo degli autonomi sguscia fuori Oreste Scalzone a metà strada dall’altra parte arriva Mario Martucci, uno dei leader dell’Mls. Scalzone è piccolino, quasi macilento; Martucci è un colosso. I due parlano, si vede che, concitatamente, tentano di trattare.
Ore 15.05. Le file dell’Mls intonano l’Internazionale. Dall’altra parte risponde il coro «scemi scemi». Poi gli autonomi si tirano sul viso i fazzoletti rossi. Tra di loro vengono agitate per aria un paio di spranghe. Parte una bottiglia di birra che uno dell’Mls raccoglie al volo. Si vede anche un sasso. Per un paio di minuti la tensione è al massimo. Mimmo Pinto, deputato e militante di Lotta Continua, cerca di mediare. Dalla scalinata urla: «Vogliamo un dibattito anche caldo ma bisogna evitare questo tipo di contraddizione».
Gli autonomi più eccitati lo zittiscono. Alla fine si arriva ad una sorta di accordo: si entra, con perquisizione. Sono le 15.20.
Ore 15.30. Arrivano di corsa i capi del Movimento degli studenti di Bologna. Non ne sapevano niente. Riunione concitata tra Lotta Continua, Movimento di Bologna e Mls. Mirko urla: «nessuno ha delegato la difesa del convegno e il servizio d’ordine al Movimento Lavoratori per il Socialismo». Intanto la gente che arriva a frotte entra dopo essere stata perquisita da una «commissione» formata un po’ da tutti. Dentro il Palazzetto sono ormai sette-ottomila. Gridano «Assemblea, assemblea». Lotta Continua e bolognesi mediano e trattano. Il convegno forse può iniziare. Ma ci vorrà ancora un’altra ora.
Ore 16.45. Salutato da un lungo applauso dal tavolo della presidenza dove sono seduti i rappresentanti del Movimento di Bologna finalmente viene letta la lista dei primi iscritti a parlare. È una sfilza di autonomi, come si capirà poi dagli interventi. Una lettera dalla latitanza di Bifo viene accolta con fischi e radi applausi finali. L’assemblea non rispetta nessuno. È stanca, vuole arrivare al sodo. E al sodo ci arrivano, senza mediazioni, i primi interventi degli autonomi.
Un fuorisede di Roma dice pari pari che «i compagni di Bologna non hanno gestito niente, hanno accettato le imposizioni del Pci». «Che bisogna requisire le case sfitte di Bologna per dare da dormire alla gente arrivata, che il cibo fa schifo. Ci si ritrova qui a discutere sulla tattica dei bisogni ma non si fa niente per soddisfarli». L’intervento è salutato con slogan accesi e saluti con le tre dita che fanno la pistola. Nel palazzo stracolmo ci saranno almeno diecimila persone, gli autonomi sono circa tremila, in minoranza, per ora la gestione degli interventi in assemblea è loro. Gli altri ascoltano zitti.
Un operaio dell’Autonomia Organizzata attacca i gruppi «parolai» e inneggia a Curcio. Altro applauso. Parla Franca Rame che legge una lettera dal carcere di Paola Besuschio, ma si aspetta l’intervento di Scalzone. Come al solito è dialettico e sottile, forse troppo. Cerca di ricucire le spaccature più evidenti.
Dopo di lui (durante il suo intervento ci sono state alcune scazzottature) inizia l’offensiva dei bolognesi. É il recupero del convegno. Gli applausi sono unanimi. «Forse se Autonomia e Mls la smettono di giocare agli Orazi e Curiazi e se si discute, qualche cosa ne viene fuori», commenta un ex dirigente del ’68.