Corriere della Sera, 10 luglio 1956
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Lo Scià non firma un documento comune con i sovietici
MOSCA – I sontuosi saloni del Grande Palazzo del Cremlino sono stati aperti questa sera per il ricevimento che il Governo sovietico ha offerto in onore dello Scià dell’ Iran e dell’imperatrice Soraya. Bellissima c quasi superba, la consorte dello Scià è stata accompagnata dal Maresciallo Voroscilov e presentata ai dirigenti sovietici e ai capi delle Missioni diplomatiche. Bulganin e Scepilov seguivano lo Scià. L’imperatrice indossava un abito lungo di raso color avorio con ricami a stella incrostati di lapislazzuli; alla vita aveva una vaporosa sciarpa di organdis rosso e azzurro. Sul capo portava una preziosa tiara di diamanti; arricchiva la scollatura un «collier» di brillanti; sul petto recava il nastro e l’insegna del massimo Ordine cavalleresco iraniano. Soraya è stata la prima sovrana regnante che ha visto aprirsi i saloni della reggia del Cremlino e inchinarsi, seppure leggermente, davanti a sè le massime gerarchie dell’Unione Sovietica.
«Chissà quali furono i suoi pensieri quando entrò nell’immenso salone di San Giorgio?», mi chiese un giovane diplomatico iraniano, giunto a Mosca, al seguito dello Scià. La domanda era ovvia e maliziosa a un tempo; ma la risposta la leggemmo sull’ atteggiamento dell’imperatrice, mentre il Maresciallo Voroscilov pronunciava il suo discorso di saluto agli ospiti. Soraya accese una sigaretta e ascoltò le parole del Capo dello Stato sovietico. Al brindisi fu la consorte del Maresciallo Voroscilov che offrì il suo bicchiere alla sovrana. Le due signore si sorrisero e conversarono per pochi minuti. Tutti gli sguardi delle mogli dei dirigenti sovietici erano fissi sulla bellissima e austera figura dell’imperatrice. Quali furono i loro pensieri? La consorte di Kruscev sembrava ammirata. Lo Scià rispose in persiano, ringraziò il Governo dell’Unione Sovietica, si disse soddisfatto della cortese ospitalità, esaltò l’amicizia fra l’ Iran e la Urss; il tono delle sue parole fu pacato, corretto, protocollare. Del suo soggiorno nell’Unione Sovietica disse di ricordare soprattutto i grandi e lusinghieri progressi compiuti dal popolo lavoratore in ogni campo delle umane attività. Oggi nel pomeriggio l’ufficio stampa del Ministero degli Esteri aveva invitato i giornalisti occidentali ad assistere alla firma di un documento congiunto sovietico – iraniano. La cerimonia doveva aver luogo al Cremlino alle 19.30, ma all’ultimo momento fu rinviata. I sovrani dell’ Iran partiranno dopodomani per far ritorno in patria. Negli ambienti dell’Ambasciata persiana si dice che stasera lo Scià, nell’ accettare l’invito del Governo sovietico, aveva inteso riaffermare una rinnovata amicizia e la solidità del rapporto di buon vicinato fra il suo Paese e l’Unione Sovietica, senza però assumere degli impegni che avrebbero potuto cadere in contrasto con le alleanze firmate dal suo Governo con le Potenze occidentali. Lo Scià ha aderito alla formula sovietica della coesistenza pacifica, ma non ha voluto firmare questa sera nessuna dichiarazione comune. Una delle ormai tradizionali cerimonie che il Governo sovietico organizza per gli ospiti di riguardo è stata così interrotta. Il patto difensivo di Bagdad ha resistito in uno dei suoi anelli più vitali. Dopo i discorsi di Voroscilov e dello Scià ebbe inizio lo spettacolo di gala sul palcoscenico del salone di San Giorgio. Il corpo di ballo della Berezka eseguì una graziosissima danza primaverile. Le ballerine indossavano una lunga gonna rossa e una camicetta bianca: sul capo avevano un fazzoletto giallo e in mano un ramoscello di betulla. Dall’intreccio di questa prima danza si passò poi a una musica di Ciaikovski, a un canto popolare del Volga, allegro e vivace, a una coppia di acrobati, a una danza orientale di Taskent, a un coro del Pamir e infine a una musica di Liszt. Verso le 23 gli ospiti lasciarono il salone di San Giorgio per far ritorno in uno degli appartamenti del Cremlino.