Corriere della Sera, 6 agosto 1954
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La storia della guerra per il petrolio tra Regno Unito e Iran
A tre anni e tre giorni dalla chiusura delle raffinerie di Abadan, e a un anno, un mese e quindici giorni dall’inattesa caduta del Governo di Mossadeq, la vertenza dei petroli persiani ha trovato finalmente la sua soluzione che permetterà agli Inglesi di tornare ad Abadan, anche se non da soli. La notizia è stata data ieri con un comunicato pubblicato simultaneamente a Teheran e a Londra. Nonostante le sue molteplici vicissitudini politiche, fra rivoluzioni di palazzo e colpi di Stato, negli ultimi cinquant’anni la Persia non ha mai cessato di lottare per ottenere dalla compagnia concessionaria utili più elevati, e ciò da quando il petrolio cominciò ad assumere una sempre crescente importanza nell’economia mondiale. Nel 1932 la concessione dell’Anglo-Iranian fu annullata. L’anno successivo, dopo un ricorso alla Società delle Nazioni, si giungeva a un nuovo accordo: la concessione era rinnovata per 60 anni, cioè fino al 1993. A questa data tutta la proprietà delle compagnie petrolifere installate sul territorio iraniano avrebbe dovuto ritornare allo Stato persiano. Di più, con questo accordo, l’Iran otteneva dalla compagnia britannica utili superiori, con un minimo annuale di 750 mila sterline. Durante l’ultima guerra con lo sviluppo dei movimenti nazionalisti i rapporti fra l’ Iran e l’Anglo-Iranian diventarono via via sempre meno buoni. Dopo lunghe trattative un nuovo accordo veniva firmato nel luglio del 1949. Esso soddisfaceva il Primo ministro, gen. Ali Razmara, ma non il Parlamento. Seguì un anno e mezzo di manovre dilatorie da parte del Parlamento, e alla fine il gen. Razmara veniva costretto a ritirare il progetto-legge che stabiliva l’entrata in vigore dell’accordo. Allora il Governo inglese cominciò a inquietarsi seriamente per i dibattiti che si iniziavano al Majlis sulla nazionalizzazione dell’industria petrolifera. Gli avvenimenti dovevano precipitare: il 2 marzo 1951 Razmara si sforzava di dimostrare davanti alla commissione parlamentare dei petroli che la decisione della nazionalizzazione era nello stesso tempo illegale e tecnicamente irrealizzabile.
Cinque giorni dopo egli era assassinato e il giorno successivo la commissione parlamentare raccomandava la nazionalizzazione dei petroli. Il 28 aprile dello stesso anno, con 79 voti contro 10, e 11 astensioni, Mossadeq veniva eletto Primo ministro. Nel mese di maggio, il Majlis votava poi la nazionalizzazione e il 31 luglio la raffineria di Abadan chiudeva le sue porte. Fra l’Aioc e il Governo di Teheran era cominciata la lotta aperta. Durante 1 due anni in cui Mossadeq conservò il potere furono fatti cinque tentativi per arrivare a una soluzione del conflitto. Nel giugno del 1951 dai rappresentanti della compagnia inglese, nell’agosto del 1951 da Richard Stokes, rappresentante del Governo di Londra, al principio del 1952 dalla Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo, con l’intervento di Averell Harriman, rappresentante personale del Presidente Truman, nell’agosto del 1952 sotto la forma di una serie di proposte congiunte anglo-americane, il 7 marzo 1953 con una seconda serie di proposte congiunte. Nel mese di ottobre del 1951 il personale inglese di Abadan era stato espulso e nel mese di gennaio dell’anno successivo a richiesta del Governo persiano l’Inghilterra doveva chiudere i suoi nove consolati nel Paese. A Londra si rispose cercando di impedire all’Iran di vendere il petrolio all’estero. Nel luglio del 1952 il Governo persiano ricorreva alla Corte internazionale di giustizia dell’Aja, ma questa si dichiarava incompetente. L’ Iran si veniva però a trovare in una situazione economica sempre più difficile che doveva portare il Paese a una crisi costituzionale Nel mese di agosto del 1953 lo Scià parte improvvisamente per Roma. Qualche giorno dopo lealisti monarchici provocano con sorprendente facilità la caduta di Mossadeq. A Teheran la situazione si evolve lentamente. Ai primi di dicembre dell’anno scorso il presidente dell’Aioc, Sir William Fraser, invita i rappresentanti di sette grandi compagnie petroliere internazionali a unirsi a lui per studiare le modalità per la soluzione del problema del petrolio persiano. In sei mesi si è giunti all’accordo.