Corriere della Sera, 16 maggio 2017
«Ma per noi non è un’arma. Sono in corso cento cause»
A lui il kirpan l’hanno fatto depositare al-l’ingresso di Palazzo Madama. Ma quando è uscito dalla visita al Senato sono cominciati i guai. Bal-raj Singh, 37 anni, in Italia dal ‘95, racconta l’episodio con un italiano quasi per-fetto e la cadenza veneta: abita a Nogara (Verona) con la moglie e tre figli e manda avanti un’azienda edile. «È stato il 16 febbraio. Prima di entrare ho dichiarato il pu-gnale – spiega – e me l’hanno fatto depositare, all’uscita mi hanno arres-tato». Come Jatinder Singh, 32enne di Rodigo, in pro-vincia di Mantova, operaio in azienda agricola, con-dannato a pagare 2.000 euro, Balraj si è affidato a un legale e aspetta di capire cosa accadrà. «Certo questa sentenza non promette nul-la di buono nemmeno per me e i miei connazionali di religione Sikh che portano il kirpan. Ma per noi non è un’arma. È sacro, come per i cristiani il crocifisso: sim-boleggia la virtù della resistenza al male». Domenica scorsa, a Mantova, Balraj e Ja-tinder han-no sfilato in abiti tra-dizionali per la festa del Vaisakh: più di 3 mila Sikh con turbanti e pugnali. Bal-raj ha letto un testo in cui chiede «azioni per ottenere il permesso di portare il kir-pan». Nel nord Italia, sono più di 100 le cause in corso. «Sono cittadino italiano da 7 anni e sono il primo a dire che va rispettata la legge, ma la nostra religione ci impone regole». E Jatinder? «Aspettava la moglie dal-l’India. Ora forse rinuncia».