24 gennaio 1980
Dopo Fioroni, ha parlato anche Casirati. Altri presunti terroristi arrestati
MILANO — La seconda importante fase dell’inchiesta giudiziaria legata all’operazione antiterrorismo del 21 dicembre ha portato, per quanto riguarda i giudici milanesi, all’arresto di sette persone, tra le quali tre insegnanti e due operai dell’Alfa Romeo. Altri tre ordini di cattura sono stati eseguiti nel Veneto per ordine del magistrato di Padova. Se un mese fa il blitz della Digos era scattato in seguito alle clamorose rivelazioni del «professorino» Carlo Fioroni, la nuova ondata di arresti (che negli interventi dell’altra notte ha visto impegnati in Lombardia, Piemonte e Liguria oltre cento uomini tra poliziotti e carabinieri) è da mettere in relazione alle dichiarazioni che avrebbe reso in carcere un altro detenuto pentito, Carlo Casirati [...]
Per ordine dei magistrati milanesi sono state compiute una trentina di perquisizioni domiciliari in varie zone dell’Alta Italia e anche a Roma. Carlo Casirati: dopo Fioroni, si diceva, sarebbe toccato a lui rivestire il ruolo di uomo-chiave dell’inchiesta su Toni Negri e l’«Autonomia armata» per dare una mano preziosa agli inquirenti. Casirati al tempo del processo per il caso Sa- ronio (al termine del quale è stato condannato a 25 anni di reclusione) disse in aula che «se avesse parlato «avrebbe fatto : crollare il palazzo di giustizia». Ebbene, Casirati si sarebbe deciso a parlare. Lo avrebbe fatto perché in preda, come Fioroni, ad una crisi spirituale o per convenienza — in quanto gli sarebbe stata garantita, in base alle nuove norme, una diminuzione di pena in appello, per lui e la sua donna, Alice Carrobio, condannata a dodici anni e tuttora in libertà provvisoria, — ma avrebbe parlato. Le sue dichiarazioni sarebbero molto importanti perché, suonando conferma a quanto ha riferito a suo tempo il «professorino» amico dell’editore Glangiacomo Feltrinelli, costituirebbero per gli investigatori la prova definitiva dell’alleanza fra terrorismo e criminalità comune. Casirati sarebbe stato interrogato sei volte dai giudici milanesi, presente il PM Calogero di Padova, e sempre in carceri diverse per misure di sicurezza (Adriano Solazzo sul Corriere della Sera)