20 gennaio 1980
Amputata la gamba di Tito
«Se dovete farlo, fatelo subito» ha detto Tito. E i medici, con appena un’ora di camera operatoria, gli hanno tagliato la gamba sinistra. Da una settimana, dopo l’intervento di domenica scorsa, quando gli specialisti avevano tentato di stimolare la circolazione sanguigna della gamba inserendovi un’arteria artificiale, l’arto era diventato di ora in ora più brutto e adesso il male minacciava di aggredire l’intero organismo. Si era parlato nei giorni scorsi dell’opposizione di Tito ad un intervento radicale e questa opposizione equivaleva in sostanza ad una rassegnazione al peggio, ma contro questa rassegnazione hanno protestato i dirigenti politici al quali preme salvare insieme alla vita di Tito anche la suprema istituzione politica del Paese che egli rappresenta.
L’attesa della decisione dei medici, i discorsi a favore e contro l’amputazione, i viaggi dei dirigenti politici tra Lubiana e Belgrado hanno distolto ieri l’attenzione dalla situazione politica che permane seria. La rivista del partito comunista bulgaro Ekonomiceski Jlvet ha improvvisamente rispolverato la tesi che sostiene l’illegalità della creazione di una repubblica autonoma macedone accusando la Jugoslavia di «violazione delle posizioni internazionalistiche» ed è stato questo minaccioso riferimento al dogma staliniano (e brezneviano dell’intemazionallsmo proletario») che ha fatto scattare la pronta replica di Belgrado dove si è ribattuto parlando a proposito della tesi bulgara di «brutale violazione dei principi più elementari della carta delle Nazioni Unite». Nella polemica si è inserita l’Albania. Il giornale ufficiale Zeri i Populit ha alluso alla Bulgaria come ad una testa di ponte sovietica nei Balcani, oggi più di ieri esposti ai pericoli della politica espansionistica di Mosca. Il giornale di Tirana ha assicurato la Jugoslavia che gli albanesi sono pronti a combattere per difendere l’indipendenza e la sovranità degli Stati della penisola Balcanica.