17 gennaio 1980
Invasione di cinghiali, la burocrazia rende impossibile l’abbattimento
I contadini segnalano allarmati l’invasione dei cinghiali, «sbucano fuori da tutte le parti, mangiano quintali di pianticelle di mais, le più tenere, e scompaiono...». Pochi mesi fa branchi di cinghiali hanno invaso la Val di Vara. A Pian di Barca, quindici chilometri da La Spezia, s’avvicinano all’abitato anche di giorno. «Il presidente della provincia di Pistoia, sei mesi fa, emise una ordinanza con licenza di abbattere i cinghiali a Cutigliano, Maritano, Montale, Peseta, Pittoglio, San Marcello. Ma gli interventi, spesso, restano intenzioni perché le leggi non sono chiare, perché in molti casi ci sono conflitti tra Stato e enti locali, tra associazioni protezionistiche e associazioni venatorie, tra chi è incline alle soluzioni estreme e chi, invece, non va oltre ì piccoli passi. Poi c’è la burocrazia, ci sono gelosie e incomprensioni, campanilismi e interessi di bottega. Che cosa è cambiato rispetto a un recente passato? I cinghiali sono molto più prolifici perché la razza è bastarda. Al «brinato maremmano», per esempio, si è sostituito il cinghiale importato dall’Ungheria, che è molto più grosso (può pesare fino a un quintale e mezzo) e più aggressivo. Le femmine fanno due parti all’anno, sette-otto cinghialini per volta. Nel Parco del Ticino, il più giovane e il più grande d’Italia, volano di nuovo gli aironi e ricompaiono specie dimenticate. Ma aumenta anche il numero dei cinghiali. Nel 1978 sono stati liquidati danni per ottanta milioni. Dice il presidente del Parco, Achille Cutrera: «Il Parco è un insediamento di cinquecentomila persone e i cinghiali sono in mezzo alla gente... È come temere in leoni in piazza del duomo a Milano”. Ma i tentativi di catturarli e di abbatterli per limitarne la presenza finora sono falliti di fronte alle procedure» (Fabio Felicetti sul Corriere della Sera)