4 gennaio 1980
L’invasione sovietica dell’Afghanistan e il punto di vista cinese
PECHINO – I cinesi sono convinti che, di questo passo, i sovietici finiranno con lo «scottarsi le dita». Per ora, però, stanno bene attenti a non scottarsele loro. Paradossalmente, l’atteggiamento di Pechino di fronte all’invasione sovietica dell’Afghanistan assomiglia all’atteggiamento di Mosca di fronte all’attacco cinese contro il Vietnam nel febbraio dell’anno scorso: durissimo nella forma, ma altrettanto cauto nella sostanza. Le preoccupazioni cinesi hanno origine da un obiettivo dato di fatto e da una «voce» che in questi giorni ha preso a circolare insistentemente nei circoli diplomatici di Pechino. Il dato di fatto è la fragilità interna e esterna del Pakistan, invaso da quattrocentomila profughi dall’Afghanistan, afflitto anch’esso da conflitti tribali, esposto al «contagio» marxista e rivoluzionario afghano e alle pressioni sovietiche. La «voce» è il minaccioso messaggio che Mosca avrebbe fatto pervenire a Pechino tramite Washington: se l’URSS non riuscirà ad aprirsi una strada verso le «rotte del petrolio» sarà costretta a cercare sfoghi e approvvigionamenti nella provincia cinese del Sinkiang, ricca di petrolio (leggi qui tutto l’articolo di Piero Ostellino)