Corriere d’informazione, 26 marzo 1979
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Biografia di Ugo La Malfa
Ugo La Malfa, Palermo, 16 maggio 1903 – Roma, 26 marzo 1979
Ugo La Malfa nasce a Palermo il 16 maggio 1903 e studia a Venezia dove nel 1926 si laurea in scienze diplomatiche e consolari. Vivamente interessato alla politica e dichiaratamente contrario al fascismo, comincia la sua attività accanto a Silvio Trentin e Gino Luzzatto prima, negli anni bui che sfociano con l’assassinio di Giacomo Matteotti. Si trasferisce a Roma e si unisce a Giovanni Amendola. Tra il 1926 e il 1928 fa parte dei gruppi di opposizione e lavora a fianco di Riccardo Bauer, collaborando anche alla rivista Pietre. Ma la polizia fascista che lo ha in lista da tempo finisce con l’arrestarlo assieme a Fenoaltea, Vinciguerra e Albertarelli. La Malfa viene rinchiuso a Regina Coeli. Dopo il rilascio si sposta a Milano dove nel 1934 entra a far parte del gruppo clandestino di Giustizia e Libertà. Tra il 1941 e il 1942 è tra i fondatori del Partito d’Azione, ma un’ondata di arresti lo costringe ad abbandonare di nascosto l’Italia e a rifugiarsi in Svizzera. Rientra dopo il 25 luglio 1943 per far parte del Comitato di Liberazione. A Roma, durante l’occupazione tedesca, è uno degli organizzatori della Resistenza e avversa il governo Badoglio sostenendo invece quello diretto da Ivanoe Bonomi. Sotto il profilo professionale, La Malfa s’è già fatto una vasta esperienza in campo economico, lavorando all’ufficio studi del Banco di Sicilia e alla Banca Commerciale Italiana.
È nominato ministro dei Trasporti nel 1945, quindi, fino al febbraio 1946, ministro del Commercio con l’estero. Ma intanto il partito d’Azione si sta disgregando: La Malfa ne esce rinunciando anche alla carica di governo. Passa nelle file del partito Repubblicano e viene eletto a far parte della Costituente. Nell’aprile 1948, eletto nelle liste del Pri, entra alla Camera come deputato e viene confermato in tutte le successive legislature. Con la costituzione del sesto gabinetto De Gasperi, Ugo La Malfa è ministro senza portafoglio, e a causa di questo incarico lascia la direzione del Pri al prof. Bruno Visentini. Dimessosi Ivan Matteo Lombardo da ministro del commercio estero, La Malfa lo sostituisce e alla direzione di questo dicastero rimane nel nuovo governo De Gasperi nel 1951. Nel settembre dello stesso anno partecipa alla conferenza del Fondo monetario internazionale a Nuova York. Nell’ottobre 1955 La Malfa aderisce al costituendo comitato d’azione per gli Stati Uniti d’Europa, fondato da Joan Monnet.
Nel novembre 1958 viene confermato membro della direzione del Partito Repubblicano Italiano: nel gennaio seguente succede all’on. Macrelli alla direzione della Voce Repubblicana. Con la costituzione del governo Fanfani dell’aprile 1962, La Malfa viene chiamato a far parte della compagine come ministro del Bilancio. Notevole successo, alla fine dello stesso anno, ha un suo volume edito da Comunità, La politica economica in Italia dal 1946 al 1962, nel quale l’autore analizza le iniziative, gli errori, 1 successi e traccia le prospettive col realismo dell’esperto che nulla concede alla fantasia e guarda, oltre che alla situzione presente, al futuro. Durante la crisi suscitata nel MEC nell’inverno 1963, è di La Malfa l’iniziativa di conversazioni dirette tra Italia e Gran Bretagna per un accordo che faccia da alternativa e contrappeso al cosiddetto «asse Parigi-Bonn».
Nell’aprile 1965 La Malfa succede all’on. Reale (divenuto ministro) quale segretario del Partito Repubblicano, in sede parlamentare si batte per l’avvio di una politica concreta di riforme, e nel novembre 1965, essendo in disaccordo con la moda imperante delle «leggine», che con ritmo crescente vengono presentate ed approvate dal Parlamento, si dimette da presidente della Commissione della Camera per il Bilancio. Nell’inverno 1967-’68, scoppiato il caso «Sifar», che mette a dura prova la stabilità e l’esistenza stessa del centrosinistra, egli – pur avendo nel corso del dibattito parlamentare assunto toni critici nei confronti del governo – firma alla fine, con Piccoli e Mauro Ferri, un ordine del giorno favorevole alla tesi contraria all’apertura di un’inchiesta parlamentare, ordine del giorno poi approvato dalla maggioranza.
Nel novembre 1968, al termine del XXX congresso nazionale del suo partito a Milano, è rieletto segretario per acclamazione. Vasta eco suscita il suo discorso diretto soprattutto a socialisti e democristiani per una sollecita ricostruzione del governo di centro-sinistra. Non si tratta per La Malfa di ricostruire un centro-sinistra formale, ma di far si che il governo di coalizione esca da quella sorta di immobilismo che lo invischia.
Tra crisi e crisette si arriva alla faticata costituzione del gabinetto Colombo e i repubblicani vi entrano dopo aver ribadito i loro concetti. Ma neppure con la nuova formazione governativa si verifica quella svolta che i repubblicani auspicano: la situazione economica del Paese va progressivamente appesantendosi, i provvedimenti di emergenza (il cosiddetto «decretone») perdono di efficacia, inceppati da polemiche, ricatti e concessioni. Perdurando la situazione di incertezza e aumentando i dissensi a febbraio 1971 La Malfa rompe gli indugi e decide che il Pri ritirerà i propri rappresentanti dalla coalizione di centro-sinistra, per scindere le proprie responsabilità da quella degli altri gruppi. Seguono gli anni più gravi della crisi. La Malfa è uno dei fautori della politica d’unità nazionale che sottintende l’apertura ai comunisti. Ma anche l’allargamento della maggioranza fallisce. Estremo tentativo per evitare le elezioni. A Ugo La Malfa, uno dei «padri della patria», viene offerta (primo laico nella storia della Repubblica) la presidenza del consiglio, n leader del PRI tenta ma non riesce. È il suo ultimo coraggioso acuto.