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 2017  marzo 07 Martedì calendario

Sempre meno nascite, l’Italia continua a invecchiare

L’Istat ha diffuso ieri il suo bollettino demografico, un testo che dovrebbe mettere in allarme tutti quanti e che viene invece accolto con una punta di divertimento quando non di indifferenza.  

Siamo sempre di meno, immagino.
Già. I residenti in Italia al 1° gennaio 2017 erano 60 milioni e 579 mila. 86 mila in meno rispetto al 1° gennaio 2016. In percentuale: -0,14%. I nati nel 2016 sono stati 474 mila. Nel 2015 erano stati 486 mila (-2,4%). Per fortuna sono calati anche i morti, 608mila contro i 648mila del 2015. Il saldo naturale, dunque, costituito sottraendo i decessi dal bilancio delle nascite, registra nel 2016 un valore negativo per 134mila persone: è il secondo maggior calo di sempre, superiore soltanto a quello del 2015 (-162mila).  

E gli immigrati?
Ci salvano un minimo gli immigrati, cresciuti di 135 mila unità. E però il dato davvero significativo è un altro: il numero medio di figli per ciascuna donna italiana è sceso ancora (è il sesto anno consecutivo), ed è adesso dell’1,34. Vale a dire: ogni donna italiana ha in media un figlio virgola 34. Per mantenere la popolazione al livello precedente ogni donna dovrebbe avere 2,1 figli. Quindi siamo in calo, e da tutto quello che sappiamo saremo sempre più in calo, fino a perdere a un certo punto un quarto o un quinto della popolazione. Che sarà comunque sempre più vecchia.  

Che possiamo fare se le italiane non vogliono più fare figli?
Ci sono certi dati che vanno interpretati. Uno dei più interessanti è il tasso di fecondità per classi di età. Sotto i trent’anni il numero dei figli è in calo per tutte le classi di età, col record di un -6 per mille per la classe 25-29. Sopra i 30 anni, invece, il numero dei figli è in aumento per tutte le classi d’eta, col record della classe 35-39 (+2 per mille). L’età media in cui una donna italiana fa un figlio è 31,7 anni. È come se le donne, superata la soglia della prima giovinezza, si pentissero di non aver ancora partorito. Non creda che questo pentimento porti a chissà quale ritrmo di nati. Si tratta per le ultratrentaduenni di 0,68 figli a testa (0,67 nel 2015). Questa sterilità diffusa, unita al prolungamento della vita di ciascuno di noi, ha come esito, tra l’altro, una società sempre più vecchia. La speranza di vita degli italiani è adesso 80,6 anni (+0,5 sul 2015), delle italiane di 85,1 (+0,5). L’età media degli italiani al 1° gennaio 2017 era di 44,9 anni, due decimi in più rispetto a un anno fa.  

È un problema culturale?
Cerchiamo di ricordare le reazioni al Fertility Day promosso dalla Lorenzin l’anno scorso. Insulti e beffe. La campagna era probabilmente sbagliata, ma il problema c’era. Però denunciare la questione dei pochi figli viene tacciato, da un’opinione che crede di essere progressista, come fascismo puro e semplice. In verità, se gli italiani saranno, nel 2014, 47 milioni invece di 60, con una maggioranza di vecchi rispetto ai bambini, a questi vecchi sarà difficile pagare una pensione, perché la popolazione in età di lavoro sarà troppo poca per farsi carico di nonni e bisnonni. In Giappone, dove c’è lo stesso problema (forse addirittura più grave) hanno definito una società così strutturata come «società del 4-2-1». Un solo giovane mantiene due genitori e quattro nonni, tutti ancora vivi (i giapponesi sono ancora più longevi di noi). Mettiamoci poi il calo della domanda dovuto sia al calo della popolazione che al suo invecchiamento (sono i giovani a comprare e non i vecchi). Sembra difficile da evitare una crisi economica grave. E infine un paese di vecchi ha meno slancio, meno idee, meno voglia di vivere. Un paese di vecchi è un paese triste.  

Se questo è lo scotto da pagare alla libertà della donna, il fenomeno dovrebbe essere identico in tutto l’Occidente.
Infatti, è proprio così. Ventidue dei venticinque paesi più anziani del mondo sono oggi in Europa (rapporto An Aging World: 2015
). 617 milioni di persone, l’otto per cento della popolazione mondiale, hanno sessantacinque anni e oltre, un trend in crescita che nel 2050 farà arrivare la popolazione anziana mondiale a 1,6 miliardi, quasi il diciassette per cento di tutti gli esseri umani che vivranno allora sul pianeta. Non era mai successo nella storia della civiltà. «Per la prima volta nella storia umana le persone sopra i sessantacinque anni sono più numerose dei bambini sotto i cinque». E il trend riguarda soprattutto i paesi industrializzati. Noi siamo il terzo paese più vecchio del mondo dopo Giappone e Germania. Secondo le proiezioni demografiche l’Unione europea perderà 50 milioni di abitanti entro il 2050. Nello stesso anno, negli Stati Uniti, la popolazione degli ultrasessantacinquenni è destinata a raddoppiare: 88 milioni, più numerosa dell’Italia attuale.