Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  gennaio 20 Venerdì calendario

Sollecito nei gruppi in Rete dove si insultano le donne

Uomini che odiano le donne. Uomini che sembrano deriderne la tragica fine, come Raffaele Sollecito, l’ex imputato per l’omicidio di Meredith Kercher a Perugia (assolto assieme ad Amanda Knox), iscritto a due «gruppi chiusi» su Facebook che incitano alla violenza, verbale e fisica, verso il genere femminile. Piattaforme nelle quali ci si scambia pareri su come ammazzare la ex, facendone sparire il corpo, e si chiedono idee per «far fuori la fidanzata che mi ha lasciato per un ragazzo di colore». Uomini che usano la Rete per umiliare, ma non sono censurati. Anzi, a essere biasimato è chi denuncia.
Un paradosso che la presidente della Camera Laura Boldrini ha segnalato ieri con un post sulla sua pagina Facebook. Criticando il social e i vertici dell’azienda per non aver provveduto ad arginare il cosiddetto «stupro virtuale», ma anche per aver sanzionato chi rivela l’esistenza del fenomeno. L’esempio portato è quello di Arianna Drago, «una ragazza che ha trovato il coraggio di denunciare l’esistenza intollerabile di alcuni “gruppi chiusi” sui quali circolano foto rubate da profili». Immagini che vengono poi condivise e «ricoperte da commenti ripugnanti, a sfondo sessuale», racconta Boldrini. Una parte del post di denuncia della giovane era stato oscurato da Facebook perché «non rispettava gli standard della comunità», recitava la dicitura. E ora alla ragazza è anche stato inibito l’uso del profilo. «Su quali standard si regge questa comunità? E quali di essi Arianna avrebbe violato?», si è chiesta la presidente. Al Corriere spiega: «Credo che sia giunto, per i social, il momento di assumersi le proprie responsabilità». Ai vertici di Facebook incontrati il mese scorso, ha fatto tre proposte concrete: mettere un’icona «attenzione odio», che possa essere usata dagli utenti quando riscontrano messaggi di hate speech; una linea telefonica dedicata; un personale ad hoc con sedi nei vari Paesi. «Mi hanno assicurato – racconta – risposte entro fine gennaio». La presidente è anche impegnata nel progetto «Parole O_Stili», una community contro la violenza 2.0 che intende far riflettere sull’influenza delle parole. Un progetto che vedrà il primo appuntamento a Trieste il 17 e il 18 febbraio, con la presentazione di un «Manifesto della comunicazione non ostile»: regole per ribadire che «l’ostilità ha i post contati».
Sul fronte donne e social si è aperta ieri anche la polemica tra la giornalista Selvaggia Lucarelli e Raffaele Sollecito. Su Il Fatto quotidiano la giornalista e blogger ha criticato l’abitudine di quest’ultimo di frequentare due gruppi pieni di commenti sessisti. Anzi, uno dei membri più attivi sarebbe proprio lui. Secondo Lucarelli, il giovane si farebbe beffa del cadavere di Meredith con consigli per confondere le tracce di un omicidio. Interpellato dal Corriere, Sollecito spiega che si tratta di «gruppi goliardici, al limite della demenza, ma non violenti. Un bar virtuale nel quale mi hanno invitato a entrare». E la domanda su come si cancellano le tracce di un delitto, fatta da un utente? «Ho risposto che ci si ca... sopra» (nella casa del delitto furono trovate feci umane ndr ). Ma – minimizza – «era un modo di dire, perché si lascerebbero più tracce. Una risposta stupida a una domanda stupida». E conclude: «Scherzo su di me, non sulla morte, e non ho mai citato Meredith: sarebbe stucchevole. Questi gruppi e il femminicidio non hanno legami».