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 2016  dicembre 16 Venerdì calendario

Quando, come e perché l’America litigò con Cuba

Quando, come e perché l’America litigò con Cuba
 
Qualcuno spiegherà ai lettori l’attacco militare e l’invasione contro Cuba a Playa Girón nell’aprile 1961 da parte di 1.600 armati organizzati dalla Cia? Sì, perché senza quell’attacco non sarebbe poi esistita la crisi dei missili dell’ottobre 1962. I mercenari anti cubani usarono 5 navi e mezzi da sbarco tipo Normandia, avevano cannoni, piccoli blindati e 25 caccia bombardieri. Al largo navi Usa con 20 mila marines attendevano di intervenire. Ma in 3 giorni vinsero i cubani e fu quella invasione a spingere Cuba verso l’Urss.
Marzio Castagnedi
marziomarcas@libero.it
 
Caro Castagnedi,
Le ragioni di quello sbarco, in una zona della costa cubana meglio nota negli Stati Uniti e in Occidente come «Baia dei porci», sono paradossalmente più psicologiche che strettamente politiche. Sino al successo della rivoluzione castrista nel gennaio 1959, Cuba non era mai stata per Washington uno Stato veramente sovrano. Convinti di averla liberata dal giogo spagnolo con la guerra del 1899, gli americani consideravano l’isola caraibica una sorta di territorio autonomo, soggetto alla paterna custodia del grande vicino nord-americano. La sua prima Costituzione, promulgata nel 1901, conteneva un emendamento che permetteva agli Stati Uniti di intervenire militarmente ogniqualvolta le condizioni politiche dell’isola giustificassero le loro preoccupazioni. Gli interventi dei marines furono quattro: nel 1906, fra il 1912 e il 1913, nel 1917 e nel 1933. L’emendamento fu soppresso nel 1934, ma gli americani trasformarono gli sbarchi occasionali nella presenza militare permanente della base navale di Guantanamo. I legami economici fra i due Paesi furono sempre molto stretti. Erano americani i capitali investiti nelle maggiori risorse agricole del Paese. Erano americani i turisti che scendevano nell’isola per frequentare le sue spiagge e i suoi casinò. Era americana la malavita che gestiva i giochi d’azzardo e investiva i propri guadagni nella migliore edilizia dell’isola.
La fuga di Fulgencio Batista, nei giorni cruciali che precedettero il trionfo della rivoluzione, non sorprese Washington, ormai abituata alle traversie politiche dell’isola. La sorpresa e l’indignazione vennero quando Castro nazionalizzò le proprietà straniere. Quella che a Cuba sembrava la legittima riconquista di beni sottratti al patrimonio nazionale, era per Washington una illecita e intollerabile confisca. Il rapporto speciale che si instaurò di lì a poco tra Cuba e l’Unione Sovietica era inevitabile. La battaglia contro il colonialismo occidentale era l’arma di cui l’Urss intendeva servirsi per propagare il comunismo in tutte le parti del mondo che erano state soggette all’imperialismo coloniale delle grandi potenze occidentali.
In questa prospettiva, caro Castagnedi, lei non ha torto quando sostiene che tra la sbarco di Playa Girón e la crisi dei missili del 1962 vi è una relazione. Non vi sarebbero stati missili sovietici a Cuba se Washington avesse pazientemente accettato la piena indipendenza dell’isola.