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 2016  dicembre 14 Mercoledì calendario

Fiuto e fortuna: il contadino-soldato che unì tre David in un grande Golia

Mezzo bicchiere di succo di limone al mattino, molto tè, verdura e formaggi freschi. È questa la dieta che Shimon Peres ha seguito per tutta la vita, una dieta che l’ex presidente israeliano scomparso pochi mesi fa aveva imparato tra le fatiche del kibbutz (aveva vissuto in uno, ne aveva fondato un altro).
Pioniere nel Paese che aveva contribuito a costruire e pioniere nell’uso delle nuove tecnologie, una curiosità verso l’innovazione conservata fino alla fine. Lasciata dopo sette anni la carica e la residenza a Gerusalemme aveva accettato nel 2015 l’incarico di «ambasciatore» per il colosso farmaceutico Teva, creato da un altro kibbutznik, un agricoltore diventato tra i più potenti industriali d’Israele.
«Quando sono arrivato all’impianto di produzione, mi chiesero che specializzazione avessi. Praticamente nessuna, tranne guidare il trattore che mi ero portato dietro dal villaggio. Mi domandarono se sapessi lavare i piatti e al mio sì mi misero a pulire le provette di laboratorio».
Erano gli anni Cinquanta e dal laboratorio Eli Hurvitz – un contadino-soldato laureato in Economia, morto nel 2011 – sarebbe arrivato all’ufficio di amministratore delegato e poi presidente, dopo aver fuso insieme tre aziende e averle trasformate nel più grande produttore di farmaci generici al mondo – 450 nuovi prodotti lanciati solo nel 2012. Le tre fabbriche portavano nomi legati alle lingue del Medio Oriente, nomi che promettono guarigione: Assia (dottore in aramaico), Zori (salute in ebraico) e Teva (natura). Nate prima che Israele nascesse (nel 1948) in quella che era la Palestina del mandato britannico, il predecessore è un magazzino per la distribuzione di medicine aperto a Gerusalemme nel 1901 da Chaim Salomon, Moshe Levin e Yitzhak Elstein, pastiglie importate dal resto del mondo per essere vendute nei territori sotto il dominio ottomano.
Adesso è Teva (il marchio mantenuto) a produrre medicinali da esportare in tutto il mondo: 73 miliardi di pillole l’anno, 2,7 milioni di prescrizioni con i suoi preparati stilate ogni giorno dai medici europei e 1,5 milioni da quelli americani, 73 impianti internazionali, anche in Italia dove detiene il primo posto nel mercato dei farmaci equivalenti e dove vengono distribuite 110 milioni di confezioni l’anno. Teva collabora con gli istituti di ricerca israeliani (assieme agli scienziati del Weizmann ha sviluppato negli anni Novanta un nuovo trattamento per la sclerosi multipla, studiato dopo essere entrata anche nel mercato dei farmaci di marca) e con i centri globali dell’innovazione: con Intel sta preparando un sistema che possa monitorare attraverso la tecnologia da indossare (app e smart-watch) la progressione della malattia di Huntington. I sensori trasmettono i dati in tempo reale a una piattaforma nella «nuvola» e un algoritmo è in grado di calcolare i danni causati al sistema motorio.
È per queste ragioni che Hurvitz è ricordato come «il David Ben-Gurion dell’industria israeliana»: il padre fondatore ha creato una nazione, Eli ha tramutato tre piccoli Davide in un Golia internazionale. Che acquisisce altre società a ciclo continuo, tra le ultime la divisione generici di Allergan (per 40 miliardi di dollari). Non tutti gli accordi hanno richiesto dodici anni come quello della Ivax: Hurvitz aveva conosciuto il fondatore Philip Frost nel 1993, erano diventati amici, entrambi sapevano che l’intesa tra le industrie aveva un grande potenziale, hanno firmato i documenti sono nel 2005: «Non ho dovuto corteggiare mia moglie così a lungo», aveva commentato Hurvitz.