Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 1 gennaio 2002
Il Vesuvio è tra i quindici vulcani del mondo considerati più a rischio dall’associazione internazionale di vulcanologi
• Il Vesuvio è tra i quindici vulcani del mondo considerati più a rischio dall’associazione internazionale di vulcanologi. Insieme con l’Etna e gli altri crateri sparsi per il globo, è tenuto particolarmente d’occhio dagli esperti. L’Etna è il vulcano più attivo d’Italia, ma in realtà il Vesuvio è il più pericoloso. Le eruzioni dell’Etna, infatti, possono provocare danni rilevanti, ma le sue colate laviche hanno bassa velocità e quindi consentono di attuare i piani di evacuazione, che interessano anche un milione di persone che abitano nei dintorni. Nel luglio scorso il vulcano siciliano ha dato prova di ciò che sa fare con eruzioni spettacolari, le cui immagini hanno fatto il giro del mondo, ma ha prodotto danni tutto sommato limitati.
• Diverso è il discorso da fare per il Vesuvio. in riposo quasi completo dal 1944, anno dell’ultima eruzione, avvenuta poco dopo l’arrivo delle truppe alleate a Napoli. Ma è un sonno apparente. Il cono vulcanico ha il cratere occluso da lava consolidata e sotto di esso, a ottomila metri di profondità, sonnecchia un grande serbatoio di lava, esteso 400 chilometri quadrati, come gli ultimi studi condotti dalle Università di Napoli e di Nizza hanno messo in evidenza. Potrebbe, insomma, risvegliarsi all’improvviso con un’immane esplosione. Proprio come accadde nel 79 d.C., quando causò la distruzione di Ercolano e Pompei, provocando circa tremila morti. Oppure, nelle prossime decine d’anni, potrebbe verificarsi un’eruzione simile a quella del 1631 (in cui morirono 4.000 persone e 6.000 animali domestici), avvenuta dopo una quiescenza di 500 anni. Allora, come risulta da una dettagliata ricostruzione, si ebbe una eruzione fortemente esplosiva, con l’emissione di dense colonne di gas che, collassando, formarono flussi piroclastici (gas con frammenti di magma, ceneri e lapilli in sospensione), che scesero lungo i pendii del vulcano alla velocità di 80-100 chilometri all’ora. L’unica difesa possibile da un’eruzione di questo tipo è l’allontanamento preventivo della popolazione nell’area di maggior rischio (circa 700mila abitanti dei 18 paesi circumvesuviani).
• C’è già un piano d’emergenza, che si basa su inequivocabili segni premonitori. Si ritiene che l’eruzione sia preceduta, e accompagnata, da una crescente attività sismica, caratterizzata da frequenti scosse del 4°-5° grado della scala Richter, da vistose deformazioni del suolo e dall’abbassamento delle falde acquifere. Le fonti storiche relative all’evento del 1631 riportano che i terremoti, nella fascia pedemontana, iniziarono già due settimane prima, e alcuni giorni prima dell’eruzione si abbassò il livello della falda superficiale in una vasta zona, si intorbidò l’acqua dei pozzi e si deformò il suolo nell’area attorno al cratere.
stata costruita una scala di sette gradi a rischio progressivamente crescente da 0 (nessuna attività) a 6 (eruzione in atto) tenendo conto dei segni precursori in eruzioni simili. La fase di allarme in cui è previsto lo sgombero della zona ad alto rischio corrisponde al livello 4, mentre il livello 3 è di preallarme. La popolazione evacuata verrà ospitata in comuni italiani di altre regioni, gemellati con quelli circumvesuviani.
Il Vesuvio è continuamente controllato con sofisticate strumentazioni, perciò è davvero difficile che l’eruzione non venga prevista con un adeguato anticipo. Ma è bene saperlo: non si tratta però di un mostro addomesticato.